Ogni testo che esplori la vastità di risorse che si trova nel nostro cervello ha la capacità di accendere nell’attenzione del lettore una scintilla sempre viva. La divulgazione delle neuroscienze restituisce il senso di stupore che questa società ipertecnologica rischiava di aver perso: il funzionamento dei processi cognitivi, come mai certe cose accadano e in che modo possiamo trarne vantaggio, conserva il brivido avventuroso di un’esplorazione spaziale.
La dittatura delle abitudini di Charles Duhigg (Corbaccio, 2012, trad. M. Sartori) è un testo di una freschezza coinvolgente, che però non corre il rischio di perdere la propria autorevolezza scientifica. Il titolo originale, The Power of Habit (lett. Il potere/la forza dell’abitudine), può illuminare immediatamente il lettore sul senso fondamentale del lavoro di Duhigg: che cioè l’abitudine non sia solo un “vizio”, come spesso siamo portati a pensare, ma uno strumento che ha contribuito a portare l’uomo al suo attuale stato di benessere.
Non è abitudinario infatti solo l’alcolismo, il cibo spazzatura o l’attardarsi alla tv dietro l’ennesima serie: è abitudine ogni routine mentale che l’uomo innesca e che gli permette di compiere una immensa quantità di operazioni nel pieno risparmio energetico, mentre il suo cervello vigile si occupa d’altro.
È oggetto degli studi di Duhigg appunto il processo per il quale l’uomo abbia saputo evolversi proprio confinando alcune attività ripetitive sotto il controllo di una serie di centri nervosi, i quali agiscono come dei sofisticati servocomandi. È questo il motivo per il quale riusciamo, ad esempio, a guidare l’automobile mentre ragioniamo sul pranzo da cucinare, oppure se siamo in grado di seguire una conversazione mentre scriviamo qualcosa al computer.
Il saggio si compone di numerose interviste a pazienti sottoposti a interventi al cervello, allenatori di squadre di football destinate al fallimento e poi miracolosamente ascese al Super Bowl, agli addetti alla sicurezza della metropolitana di Londra e agli analisti delle campagne di vendita delle più grandi aziende americane. Tutti individui la cui vita è stata segnata dalla capacità di gestire il meccanismo a orologeria che sottende alla creazione di un’abitudine, ovvero il circolo stimolo-routine-gratificazione.
Partendo dagli studi comportamentali sugli scimpanzé, Duhigg inquadra cosa cementifichi una serie di azioni e le trasformi in un’abitudine: ecco quindi come un uomo la cui memoria era stata totalmente compromessa da un’emorragia cerebrale sia riuscito a riconquistare una vita normale semplicemente costruendo delle routine che potessero portarlo da casa all’ospedale e da una stanza a un’altra.
Lavorare sui meccanismi che rendono un’azione prevedibile ed economica in termini di energie mentali significa rendere più rapidi i movimenti in campo di una squadra di giocatori, ma anche meno pericolose le attività in una catena di montaggio nella più grande fabbrica di lavorazione di alluminio del mondo. Conservare il medesimo stimolo e la medesima gratificazione, ma sostituendo gli elementi della routine, ha permesso al gruppo degli alcolisti anonimi di strappare dal baratro un numero incalcolabile di uomini e donne.
Sebbene in molte pagine web questo saggio rientri nella categoria dei testi di self empowerment (o di auto aiuto), è in realtà un avventuroso viaggio negli ingranaggi invisibili delle nostre più grandi forze e delle nostre più insidiose debolezze.
La dittatura delle abitudini: Come si formano, quanto ci condizionano, come cambiarle
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