La matta di piazza Giudia
- Autore: Gaetano Petraglia
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Giuntina
- Anno di pubblicazione: 2022
Appena pubblicato dalla fiorentina Giuntina, la casa editrice che si occupa di narrativa e saggistica che proviene dalla cultura ebraica, il bel saggio di Gaetano Petraglia La matta di piazza Giudia. Il sottotitolo del volumetto recita Storia e memoria dell’ebrea romana Elena Di Porto.
L’autore, archivista all’Archivio Centrale dello Stato, grazie alla passione storica e alla indubbia competenza professionale, ricostruisce in base a documenti, fonti scritte e orali, memorie, testimonianze dirette, fotografie, la storia poco o per niente conosciuta di una donna, Elena Di Porto, ebrea nata a Roma nel 1912.
Il libro si apre ricordando il matrimonio tra Elena e Cesare Di Porto: lei è appena diciottenne, siamo nel 1930, incinta del primo figlio.
Matrimonio non felice, anche a causa del carattere difficilissimo della donna: lei era infatti instabile, polemica, irruente, tanto che fu successivamente molte volte denunciata per aver creato situazioni ingestibili che le valsero il ricovero nel manicomio romano di Santa Maria della Pietà. Da qui l’accusa infamante che le valse il soprannome di “matta”. In realtà Elena non lo era, o almeno non nell’accezione comune.
Ebbe una vita costellata da episodi difficili da decifrare: proteggeva i suoi correligionari, interveniva nei casi di violenza che i fascisti più violenti perpetravano a spese dei più deboli nel quartiere ebraico, Il Ghetto. Aver protetto un uomo anziano colpito perché aveva in mano una copia dell’Osservatore Romano, giornale inviso al fascismo per le sue denunce, le valse un’ennesima denuncia che le schedò come elemento antifascista e pericoloso.
In seguito alle leggi razziali del 1938 Elena fu inviata al confino: dapprima a Lagonegro, in Basilicata, e poi spostata ripetutamente in piccoli paesi perché ritenuta troppo socievole, mentre venivano deplorati i suoi atteggiamenti liberi e spregiudicati.
La condizione dei confinati nei paesi più sperduti del sud malgrado l’accoglienza dei lucani nei confronti di quanti avevano subito l’allontanamento da casa, viene ricordato in un brano di Carlo Levi, che viene riportato da Gaetano Petraglia:
Questa fraternità passiva, questo patire insieme, questa rassegnata, solidale, secolare pazienza, è il profondo sentimento comune dei contadini, legame non religioso, ma naturale.
Dopo il 25 luglio, alla caduta del regime, Elena torna e Roma, e comincia in quei pochi mesi la parte più dolorosa della sua vicenda umana e pubblica. Fu lei la donna scarmigliata, quasi demente, che la notte del 15 ottobre 1943 cercò di avvertire gli ebrei della imminente retata?
Giacomo Debenedetti nel suo celebre libretto scritto a caldo, !6 ottobre 1943, cita una donna, Celeste, che somiglia molto alla nostra Elena Di Porto. Lo stesso farà Elsa Morante ne La Storia. Lo scrittore si serve di testimonianze di prima mano nella ricostruzione della razzia drammatica di quella mattina di ottobre.
È certo che Elena Di Porto, che era riuscita a sfuggire alla cattura, salirà poi su uno dei camion per restare vicina alla sua famiglia. Non tornerà da Auschwitz. Elena è definita una figura eroica, una donna che merita di essere inserita tra i grandi protagonisti dell’antifascismo italiano e tra le pioniere del femminismo.
Nella postfazione al volume Carlo M. Fiorentino riassume le caratteristiche della personalità di Elena: ribelle, contraria a ogni violenza e sopruso, decisa a combattere il totalitarismo con naturale spontaneità, aperta a ogni rapporto umano, legata alla sua comunità, capace dell’estremo sacrificio. Ma non matta. Piuttosto anticonformista, a tratti violenta, mentre la sua “pericolosità sociale” che le costò ricoveri forzati e arresti, derivava da una incapacità di assecondare gli stereotipi che venivano attribuiti alle donne da una dittatura che le voleva rassegnate, isolate, silenziose.
Un libro importante, questo, che restituisce verità storica a una figura femminile oscurata, che rivive grazie alle tante testimonianze, in perfetto giudaico-romanesco, che Petraglia ha saputo far riemergere.
La matta di piazza Giudia. Storia e memoria dell'ebrea romana Elena Di Porto
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