La pianista di Auschwitz
- Autore: Suzy Zail
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2016
“La pianista di Auschwitz” (Newton Compton, 2016 - titolo originale The Wrong Boy, traduzione di Alessandra Maestrini) è il romanzo dell’autrice australiana Suzy Zail che vive a Melbourne e ha svolto l’attività di avvocato prima di dedicarsi alla scrittura.
Dopo il bestseller “Il bambino di Auschwitz”, Suzy Zail racconta un’altra storia di sopravvivenza, ponendo al centro della trama un’adolescente innamorata della musica che vive sulla propria pelle uno dei più grandi crimini generati dalla mente umana: l’Olocausto.
“Per ordine del Reale governo ungherese, emanato oggi, lunedì 20 giugno 1944, tutte le persone di discendenza ebraica...”
Alla mezzanotte in punto di quel giorno di quasi estate anche la famiglia di Samuel Mendel composta da moglie e due figlie, Erika e Hanna, era stata svegliata da due poliziotti dalle uniformi perfettamente stirate, uno alto e l’altro basso, “entrambi brutti”. Un foglio letto dal poliziotto più alto ordinava ai Mendel di trovarsi fuori dalla Sinagoga alle otto del mattino seguente.
“Ci era permesso portare una borsa ciascuno e abbastanza cibo per tre giorni”
Trasferiti perché a breve il ghetto sarebbe stato chiuso, ma tutto ciò non aveva alcun senso. Trasferiti in che modo e dove? Non potevano cacciare la popolazione ebraica dal ghetto di Budapest (i Mendel vivevano lì da solo sei settimane), rifletteva la mente di Hanna.
“Crearlo era stata una loro idea, una loro idea ammassarci all’interno delle sue claustrofobiche mura”
Eppure gli ebrei finora avevano fatto tutto quello che “avevano chiesto”. Avevano dipinto stelle gialle sui loro palazzi, rispettato il coprifuoco, gli ebrei non prendevano gli autobus né usavano il telefono. La stessa Hanna non era una piantagrane ma una brillante studentessa da tutti dieci, la ragazza era intelligente e aveva talento, infatti aveva vinto una borsa di studio per il Conservatorio di Budapest. Tutto questo, però non aveva nessuna importanza, “loro” quando guardavano in viso Hanna, non vedevano la giovane pianista in erba, non notavano la musicista, vedevano solo un’ebrea da emarginare, ghettizzare, eliminare, secondo il delirante disegno di Hitler. Se Erika odiava Hitler, Hanna era convinta che il dittatore nazista fosse pazzo. Prima della confisca della radio, la ragazza aveva ascoltato il Führer inveire contro gli ebrei alla BBC, il quale affermava che gli ebrei erano una minaccia per la nazione, rubavano il lavoro alla gente, mangiavano troppo e diffondevano malattie. Non era possibile che qualcuno in Ungheria prendesse sul serio Hitler... invece nel marzo del 1944 i carri armati tedeschi entrarono a Budapest e il governo iniziò a legiferare e dar corso a quelle leggi folli. Era stato l’inizio della fine: l’attività di Samuel Mendel, un negozio di orologeria, era stata chiusa e il suo conto in banca congelato.
“Non potevamo salire sui treni né andare all’università”
Mura dapprima invisibili di odio e di ostilità si stavano chiudendo intorno agli ebrei ungheresi prima che le mura del ghetto limitassero del tutto la loro libertà. A ciascun individuo, uomo, donna o bambino di origine ebraica, era stato ordinato di cucire sui vestiti una Stella di David gialla a sei punte con scritta all’interno la parola tedesca Jude, Ebreo. Gli ebrei ungheresi, ora ammassati al mattonificio Serly, alla periferia della città, erano ignari che la loro destinazione finale sarebbe stata il campo di concentramento di Auschwitz, il più grande campo di sterminio nazista, situato nella Polonia meridionale, nel cui cancello appariva l’ingannevole scritta: “Arbeit macht frei”, “Il lavoro rende liberi”. Una piccola grande donna coraggiosa di 15 anni, armata della sua voglia di vivere e della sua passione per il pianoforte, da quel momento in poi avrebbe dovuto combattere contro chi desiderava solo il suo annientamento.
“Tua madre accende le candele dello Shabbat, Hanna. Tu frequenti la sinagoga. Per loro sei e sarai sempre un’ebrea. Sii orgogliosa della tua diversità”
La pianista di Auschwitz
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