La resa dei conti
- Autore: Saul Bellow
"La resa dei conti" ("Seize the Day", pubblicato in America nel 1956) è considerato il capolavoro di Saul Bellow, vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1976.
Alberto Moravia, nella famosa intervista rilasciata ad Alain Elkann, parlava a un certo punto della sua amicizia con lo scrittore Saul Bellow, citando La resa dei conti come il suo romanzo preferito tra quelli dell’autore americano. In effetti, a rileggerlo oggi, La resa dei conti appare ancora un piccolo gioiello, un libro la cui prosa, composta ed essenziale, imprigiona l’analisi drammatica di un individuo disperato, che si trova nudo davanti a se stesso.
Le dinamiche che intercorrono tra padre e figlio, d’altra parte, costituiscono di per sé una sorta di leitmotiv nella storia della letteratura. Sono, infatti, moltissimi gli scrittori che le hanno poste al centro delle loro storie e riflessioni, a partire da Kafka con la famosa Lettera al Padre. Freud, nel saggio L’interpretazione dei sogni, parlò della gelosia sessuale che ogni figlio prova per il proprio padre e degli inevitabili sentimenti di odio che fermentano sotto questa gelosia. Certo è che Tommy Wilhelm, protagonista del romanzo di Bellow, si perde nel labirinto del rapporto con suo papà. Superati i 40 anni, separato e senza lavoro, egli rappresenta il rovescio del sogno americano, un sogno che, a quanto pare, non sempre può diventare realtà.
Pagina dopo pagina, Bellow dipinge il ritratto di una persona che nella sua vita ha sempre fallito e che di fronte a un bivio, soprattutto per ingenuità, ha sempre scelto la direzione sbagliata. Tommy, ex aspirante attore senza talento, non è riuscito a tenere in piedi il suo matrimonio, né a conservarsi, da venditore, il suo posto di lavoro. È riuscito solo a cambiarsi il nome, passando a ‘Wilkie’ quando sperava ancora di sfondare a Hollywood.
Ormai sconfitto, si trova di fronte a un padre che rappresenta il suo opposto. Se Wilkie, infatti, è un sognatore che fatica ad accettare la realtà quotidiana, suo padre è immagine di un sano e concreto pragmatismo.
Tommy, dunque, è costretto a un pesante bilancio della sua esistenza e a confrontarsi soprattutto con il disprezzo del padre, a elemosinare la sua compassione. Ma di fronte a lui il medico non può far altro che rivendicare la propria identità, rifiutando di prendersi cura di un uomo adulto da un pezzo. La colpa di Tommy, pertanto, è quella di essere rimasto un figlio desideroso di affetto, un figlio che ha bisogno ancora di essere protetto e rassicurato, come un bambino.
Wilkie sembra cercare dal padre un’assoluzione impossibile. Padre e figlio parlano due linguaggi diversi e tra loro ci sarà sempre un muro di totale incomprensione.
Quest’uomo così fragile deve affrontare una società veloce, dinamica, fagocitante, dove ognuno bada a se stesso e ai suoi affari. La città di New York, in cui vive, è la spettatrice monolitica del suo dramma; le persone sono glaciali maschere di indifferenza, con cui è impossibile stabilire un qualsivoglia contatto. Il giudizio degli altri è sempre in agguato e bisogna cercare, perlomeno, di salvare la faccia. Persino l’ex moglie di Wilkie, una sanguisuga in cerca di quattrini, non sembra desiderare altro che spolparlo vivo.
Le debolezze di Tommy, i suoi sentimenti più autentici, sono verità da mascherare, da non rendere palesi. Ormai ridotto in condizioni pietose, egli riceve la batosta definitiva dal dottor Tamkin, individuo dalla sconcertante ambiguità a cui affida gli ultimi quattrini. Tamkin è il personaggio più complesso del romanzo: psicoterapeuta e speculatore di borsa dal passato pieno di ombre, è ambiguo ma anche saggio. Tommy lascia che questo singolare individuo lo trascini definitivamente sul fondo, con degli investimenti sballati in borsa. E pensare che suo padre gli aveva detto di restare lontano da lui.
La resa dei conti
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