Sergio Endrigo è stato uno splendido esempio di cantautore letterato. Con la sua voce melodica, calda e dolcemente malinconica ha messo in musica alcuni grandi testi di autori e poeti. Lo ricordiamo per l’intramontabile Io che amo solo te, tra le più belle canzoni italiane di sempre, celeberrima anche Ci vuole un fiore, in cui musicava le parole di Gianni Rodari e l’album La vita, amico, è l’arte dell’incontro (1969) realizzato in collaborazione con Giuseppe Ungaretti. Ma sapete che una delle sue canzoni capolavoro, La rosa bianca (1962), è tratta da una poesia?
Il testo del brano è una traduzione, fatta dallo stesso Endrigo, della poesia Cultivo una rosa blanca della silloge Versos sencillos (Versi semplici, Ndr) del poeta cubano José Martí.
Nel 1967 l’esibizione di Sergio Endrigo a Cuba fu un successo, perché i cubani consideravano José Martí una sorta di “padre della patria” e per loro ascoltare i versi di Martì equivaleva a cantare l’inno nazionale. All’epoca Endrigo era appassionato di poesia latino-americana, ma non sapeva chi fosse José Martì; la sua poesia gli era stata consigliata dal grande pianista e compositore argentino con cui collaborava da tempo, Luis Bacalov.
La rosa bianca: una canzone d’amore e rivoluzione
Una volta giunto a Cuba, il cantautore ricevette un’accoglienza regale, fu accolto con gli onori di un ambasciatore e scoprì che all’Avana c’era persino un monumento dedicato a José Martì, alto un centinaio di metri. Decise quindi di invertire i versi della canzone e di cantare prima l’originale spagnolo e poi la parte italiana, mandando in visibilio la folla. Tra il pubblico plaudente quel giorno si narra che ci fosse anche un certo Ernesto Che Guevara. Quasi senza saperlo, Endrigo aveva portato il proprio contributo alla revolucion cubana; all’estero elogiavano il poeta rivoluzionario e l’eroe nazionale, ma per noi italiani La rosa bianca ha il suono inconfondibile della voce di Sergio Endrigo ed è inscindibile da quel timbro malinconico che mescola in maniera soave tristezza e allegria.
Il talento di Endrigo risiede nell’aver trasformato una poesia rivoluzionaria in una serenata poetica; il canto profondo di Endrigo è dolce e suadente come una canzone d’amore, la sua “rosa bianca” diventa l’emblema della vita di un uomo onesto che è stato ingiustamente tradito nei suoi ideali, ma non sconfitto nella sua umanità.
La canzone divenne anche la colonna sonora del film di Damiano Damiani La rimpatriata (1963) presentato al Festival di Berlino.
La rosa bianca è dunque un brano musicale duplice, una canzone che è anche un omaggio alla letteratura e alla rivoluzione. Nella seconda parte del brano Endrigo canta la poesia originale in spagnolo, tratta proprio dai Versos Sencillos (1891) di José Martí.
“La rosa bianca” di Sergio Endrigo: il testo della canzone
Coltivo una rosa bianca
In luglio come in gennaio
Per l’amico sincero
Che mi dà la sua mano franca
Per chi mi vuol male e mi stanca
Questo cuore con cui vivo
Cardi né ortiche coltivo
Coltivo una rosa biancaCultivo la rosa blanca
En julio como en enero
Para el amigo sincero
Que me da su mano franca
Y para el cruel que me arranca
El corazòn con que vivo
Cardos ni ortigas cultivo
Cultivo la rosa blanca.
La rosa bianca di Sergio Endrigo: la canzone
I Versos Sencillos di José Martí
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Quelle cantate da Sergio Endrigo nella splendida La rosa bianca sono le parole del poeta e rivoluzionario cubano José Martí, conosciuto in patria con il soprannome de L’Apostolo.
Martì era nato a L’Avana nel 1853 e a soli sedici anni aveva fondato il giornale La patria libre, sul quale pubblicò il poema patriottico Abdala. Per le sue posizioni politiche sovversive e la sua attività di propaganda a favore dell’indipendenza fu condannato e incarcerato, in seguito esiliato in Spagna.
In terra spagnola Martí proseguì gli studi di diritto e ottenne la cattedra in diritto politico; ma non abbandonò le sue idee rivoluzionarie. Tornato a Cuba riprese la sua attività sovversiva e fu nuovamente cacciato dal regime. Durante la sua vita José Martí fu un importante diplomatico, ma soprattutto un poeta, tra le sue raccolte più celebri ricordiamo Ismaelillo (1882) e Versos sencillos (1891)
Morì a Cuba nella rivoluzione; nel 1895, durante l’insurrezione antispagnola. I Versos sencillos, i “versi semplici”, furono le ultime poesie che José Martì pubblicò prima di morire e vengono letti come il suo testamento spirituale.
Tra questi versi vi era la celebre Cultivo una rosa bianca , una canzone di pace e di perdono che fu musicata da Sergio Endrigo. A Cuba la “rosa bianca” di Martì è considerata un emblema della rivoluzione; ma secondo Endrigo parlava soprattutto della capacità di “porgere l’altra guancia” e quindi di perdonare, che è una delle cose più difficili per un uomo.
Dalla poesia di José Martì è tratta anche un’altra famosa canzone spagnola, Guantamanera, la celeberrima ballata popolare dedicata a Guajira, una contadina della città di Guantánamo, che inneggia alla rivoluzione. Se ci fate caso, si conclude proprio con gli stessi versi di Cultivo una rosa bianca:
Y para el cruel que me arranca
El corazón con que vivo
Cardo ni ortiga cultivo:
Cultivo la rosa blanca.
Sergio Endrigo per primo aveva dato alla rivoluzione un carattere romantico. Ascoltando le note malinconiche della sua Rosa bianca ci sentiamo pervadere da una forte commozione e non da un desiderio di rivalsa. Se in Guantamanera “la rosa bianca” è cantata al ritmo vivace del Bolero, nella canzone di Endrigo diventa invece una sonata triste, crepuscolare ed epifanica, che ricorda una poesia di Guido Gozzano.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La rosa bianca” di Sergio Endrigo: una canzone tratta dalla poesia di José Martí
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