La spada e il rosario. Gian Luca Squarcialupo e la congiura dei Beati Paoli
- Autore: Adriana Assini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Un romanzo moderno, ma con la stoffa, la fattura e la trama della narrativa dei secoli scorsi. Da acquarellista di talento, Adriana Assini ha dipinto una storia come un’icona antica. La spada e il rosario. Gian Luca Squarcialupo e la congiura dei Beati Paoli si direbbe arrivato dal passato, ma è nato solo nel 2019, pubblicato dalla napoletana Scrittura & Scritture (212 pagine, 14 euro), casa editrice con la vocazione di andare a scoprire tesori d’antan, classici dimenticati e qualche gioiello contemporaneo.
Epica dal sapore di una volta ma di confezione recente quella della pittrice e scrittrice che vive e lavora a Roma. Le sue dita, oltre a guidare sapientemente il pennello, corrono sui tasti per comporre storie tratte dalla storia. Dicono che “guarda al passato per capire meglio il presente”, sostiene a sua volta di aprire “il grande libro della storia per raccontare la faccia nascosta della medaglia”, sapendo che di quello che viene riferito dalle fonti ufficiali non tutto e non sempre risponde al vero.
Ogni suo romanzo storico è una finestra aperta sul mondo di ieri – sono un buon numero, su Sololibri è stato recensito Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici (Scrittura & Scritture, 2019) – è come se il passato rivivesse, coi costumi, le passioni e anche le virtù e le miserie di allora, i meriti e le viltà, le lame e il sangue. Tanto sangue.
Si leggerà nel romanzo che sul sagrato dell’Annunziata si contavano più cadaveri che sassi e, dentro la chiesa, altare e pareti sono macchiati di rosso.
Tempi brutali, anni difficili. Corre il 1516 a Palermo e il Regno di Sicilia è soggetto ancora al giogo spagnolo. Governa il viceré tiranno Hugo De Moncada, chiamato con disprezzo Ugone per la mole, un parassita che passa le giornate tra il sarto e il parrucchiere, con l’unico impegno di subissare i siciliani di tasse e gabelle. Il re di Spagna è rappresentato anche dall’inquisitore Cervera, che si chiama Melchiorre, ma non porta doni, regala sofferenze.
Gli Spagnoli sono odiati, ma da secoli la Sicilia fa gola a tutti, Fenici, Romani, Arabi, Svevi, Angioini, fino agli Aragonesi. Sempre stranieri al comando e dalle coste africane, a bordo di veloci feluche, arrivano spesso i pirati barbareschi. Fanno razzia di fanciulle e bestiame, per poi riprendere la navigazione, con la minaccia di tornare presto a depredare.
Giunge la notizia che una nefasta malattia ha piegato Ferdinando d’Aragona, re di Spagna e delle Due Sicilie. Morto un re se ne fa un altro: nelle Fiandre il giovane erede Carlo ha le idee chiare sul compito che spetta, per volere divino, alla dinastia imperiale: dominare la Cristianità nel nome del creatore.
Se sottostare ai regnanti stranieri è un vantaggio per i nobili e un obbligo per i popolani, il ceto di mezzo avverte la dominazione come un peso, che si aggiunge all’instabilità della sorte. Per chi investe nel commercio, un capriccio dei venti, una stagione piovosa o secca, possono cambiare vite e divorare patrimoni.
Lo ha imparato a sue spese Gian Luca Squarcialupo, che ha fatto fortuna con le tonnare e un ricco matrimonio, ma è ridotto alle pezze, perché le ricchezze della moglie sono servite a estinguere una montagna di debiti e le rotte dei tonni si sono spostate in acque più lontane. Tanti sono nelle stesse condizioni.
Fiero e risoluto, di media statura, volto scavato e sguardo pungente, è di origine pisana e più degli Spagnoli odia i Fiorentini, che hanno soggiogato la Repubblica marinara un tempo fiorente. Nato a Palermo, intende restarvi e cambiare le fortune dei regnicoli, rovesciandolo lo straniero, mentre a Madrid sono distratti dalla morte di Ferdinando il Cattolico e dalla successione del nipote Carlo.
Gian Luca è pronto ad affrontare il rischio di fallire nel suo progetto: dice di avere vissuto per tanto tempo in ginocchio che morire in piedi sarebbe un vanto.
Lo Squarcialupo, orgoglioso, animoso, attratto dalle grazie di Franciscuzza Campo, sposa del notaio, è sull’orlo della bancarotta, oppresso da pesanti scadenze finanziarie e in debito coi maggiori banchi di Palermo. Invece di rimettere ordine nei suoi conti, ha deciso di sfidare il futuro con una mossa ardita. In quell’avvio del 1516, coglie al volo il rincaro delle lane inglesi che penalizza i drappieri e si spende per accendere gli animi, sobillando i mercanti.
Il fuoco della rivolta cova già sotto la cenere, alimentato dall’intesa occulta tra commercianti e baroni: i nobili andrebbero a sostituire gli spagnoli sul trono, a vantaggio e ristoro del ceto mercantile. Non ci sarebbe da fidarsi degli aristocratici, che oziano nel ricco quartiere della Kalsa, ma la Loggia dei Mercanti vuole cogliere l’occasione per cambiare il proprio destino.
Sulla strada dei rivoltosi si pone però una singolare congrega, che si riunisce nelle segrete stanze del convento dei Frati Minimi, i Beati Paoli, dal nome di San Francesco da Paola al quale sono dei voti. Adriana Assini fa notare brillantemente che si direbbero più abili con lo stocco che col rosario.
L’operato, il ruolo, i capi di questa setta sono un romanzo nel romanzo e una delle ragioni del magnetismo esercitato sui lettori.
L’ambiguità dei nobili è un ostacolo per chi cerca con onore e qualche inevitabile ombra di stabilire un governo più giusto a Palermo. Le lame dei Beati Paoli sono taglienti. Scorrerà il sangue, come anticipato.
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