La vita immortale di Henrietta Lacks
- Autore: Rebecca Skloot
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2011
Chi opera in campo biomedico conosce bene la sigla HeLa, che denota una linea cellulare di vitale importanza nelle ricerche sul cancro e su molte altre malattie: cellule speciali, tanto resistenti da essere praticamente immortali, vendute e comprate da decenni nei laboratori di tutto il mondo. Ma quelle quattro lettere racchiudono anche una storia perturbante... (Note di copertina)
“La vita immortale di Henrietta Lacks” di Rebecca Skloot, uscito in Italia in agosto 2011 edito da Adelphi, è un’indagine giornalistica e un viaggio interculturale a partire dagli anni della segregazione razziale negli Stati Uniti d’America fino ai giorni nostri.
Il 4 ottobre 1951 una donna afroamericana di nome Henrietta Lacks moriva sopraffatta dalle metastasi. Il decesso avveniva al John Hopkins, l’ospedale di Baltimora dove era ricoverata e dove in febbraio dello stesso anno era stata sottoposta a radioterapia e a un prelievo di campioni di tessuto dal suo corpo. Il medico che effettuò il prelievo senza chiedere il consenso era il dott. Gey.
Proprio in quei mesi, Gey stava sperimentando il modo di far crescere in laboratorio dei campioni di cellule viventi (da trent’anni ci provava senza riuscirci). Questa coltura di tessuti serviva a una ricerca portata avanti dal Dott. TeLinde volta a identificare precisamente la natura e lo sviluppo del cancro alla cervice uterina.
L’ideale sarebbe stato un insieme di cellule umane immortali, cioè in grado di dividersi senza sosta a partire da un campione progenitore, di rinnovarsi indefinitamente e dunque non morire mai.
Esperimento già riuscito nel 1943 con cellule di topo. Il salto da fare era di riuscirci con il più prezioso materiale biologico esistente che è quello umano. Questa la sfida della scienza.
Il 10 aprile 1951 alla televisione americana Gey esibiva alcune provette etichettate con la sigla HeLa: si trattava del prodotto della prima linea cellulare prodotta nel laboratorio del John Hopkins di cui Gey era il responsabile. Iniziava così una nuova era per la medicina e per la scienza. Né il dott. Gey né il John Hopkins brevettarono mai questa primissima linea cellulare umana, al contrario ben presto iniziarono a spedire provette di HeLa in tutto il mondo con le raccomandazioni per la coltura. Questa piena condivisione della scoperta permise la conseguente copiosa fioritura di scoperte, fra le più importanti ci fu il vaccino contro la Polio. Non solo: le HeLa furono impiegate durante la guerra fredda nei test nucleari, furono lanciate nello spazio prima di qualsiasi altro essere umano, sono a tutt’oggi il materiale principe di qualsiasi esperimento scientifico.
Dopo sessant’anni sono ancora vive e talmente reattive, da essere trattate con ogni precauzione perché tendono facilmente a contaminare le altre colture fagocitandole e sono ancora così importanti che se oggi tutti i campioni venissero ritirati dal mercato
l’effetto globale sulla scienza sarebbe di proporzioni inconcepibili.
I Lacks seppero delle miracolose cellule di Henrietta per caso nel 1975, e solo nel 1976 si venne a sapere che era una donna afroamericana.
Henrietta Lacks nacque il 1° agosto 1920 a Roanoke in Virginia che lasciò a ventuno anni per trasferirsi a Turner Station piccolo sobborgo a Sud di Baltimora, dove in quegli anni erano in pieno vigore le leggi sulla segregazione razziale. I bianchi si presero il privilegio di improntare la società su una bieca visione della benevolenza che elargiva lavoro, servizi e una vita affrancata dalla schiavitù purché i colored (questo l’appellativo per la popolazione di colore) restassero nascosti. Per questa ragione l’ospedale John Hopkins, dove era stata ricoverata la donna, aveva un ingresso per i colored, corsie loro riservate, bagni e tutto il resto. Negli anni Cinquanta la vita di un afroamericano dipendeva in larga misura dai bianchi e per la comunità afroamericana essere curati era già un successo.
Serpeggiava fra i discendenti degli schiavi una primitiva paura dei dottori. La leggenda nacque allorché i proprietari bianchi, numericamente inferiori, per evitare complotti o fughe dalle piantagioni, facendo leva sull’ignoranza e sulla paura - il voodoo è la pratica per sconfiggere gli spiriti maligni (paura e ignoranza) - di notte si coprivano con lenzuola bianche e vagavano fra i capanni dei neri. In seguito il Ku Klux Klahn scelse questa mascherata come divisa. Aggirarsi di notte fra i capanni così confezionati faceva nascere la leggenda dei dottori della notte che rapivano i neri per usarli come cavie da laboratorio e la Skloot riporta alla memoria il caso Tuskegee (http://www.moebiusonline.eu/fuorionda/Tuskegee.shtml )
Furono eseguiti esperimenti feroci e disumani allineati sia sul piano ideologico che pratico alla mentalità nazista. Per disallineare il progresso scientifico dalla mentalità deviata di cui il nazismo fu la manifestazione più abominevole, durante il Processo di Norimberga fu stilato il Codice di Norimberga. Concepito per regolamentare gli studi medici sull’uomo il cui consenso volontario, secondo il primo punto del Codice, è essenziale.
Nel 1980 inizia il caso Moore, proprietario delle cellule che diedero vita alla linea cellulare Mo. Questo signore fece causa al suo medico. La Corte suprema della California sentenziò che i tessuti rimossi dal corpo del paziente erano assimilabili al rifiuto ospedaliero. Sostiene con forza questa sentenza che la linea cellulare creata dal medico che aveva in cura il Sig. Moore, è nata perché quei tessuti sono stati trasformati grazie allo sforzo creativo del ricercatore medico. Se la giustizia avesse dato la vittoria al sig. Moore, avrebbe distrutto gli incentivi economici che conducono a importanti ricerche mediche. Questa la motivazione, tuttavia non tiene la teoria secondo la quale i pazienti se informati potrebbero lucrare sulle loro cellule e oggi il vero intralcio alla sviluppo risiede nei brevetti che vengono posti sulle scoperte. E torniamo nel 1951 perché le HeLa furono e sono così straordinariamente importanti anche perché nessuno si impossessò di loro brevettandole, né il John Hopkins né il dott. Guy né ovviamente Henrietta o la sua famiglia.
La presunta guerra portata avanti dalla scienza contro la malattia a vantaggio dell’umanità nella pratica dei laboratori delle aziende farmaceutiche e di tutta quell’industria che ruota attorno al materiale biologico umano si materializza in utili e brevetti.
Rebecca Skloot porta a conoscenza del grande pubblico la possibilità quanto mai reale di poter godere, grazie alla scienza, di una vita immortale, tuttavia né noi né i nostri eredi, per come stanno adesso le cose, abbiamo il diritto di esprimerci sul come vogliamo che sia questa vita immortale. Dal punto di vista scientifico siamo cellule da laboratorio. Materiale biologico.
Ci dice inoltre l’autrice che c’è una terza categoria di uomini e donne che hanno diritto alla privacy e più in generale al rispetto, e sono precisamente i morti. Henrietta per la scienza era una donna dalla istologia atipica, mentre per le sue amiche che la ricordano era una donna speciale, bella, sempre pronta a prodigarsi per tutti e che viveva la vita.
Alla base dell’indagine condotta da Rebecca Skoot, nonché la ragione che qualifica il libro fra i più venduti in America, è la struttura narrativa che sorregge la storia: sullo sfondo vediamo tutti i progressi medici e scientifici degli ultimi sessant’anni, in primo piano c’è la vita della signora Lacks e della sua famiglia. Lo stile è pulito e l’autrice con una chiara scrittura riesce a esplicitare contenuti complessi. Senza forzature o strumentalizzazioni. Le sono occorsi dieci anni per raccogliere, selezionare, incrociare, sovrapporre le fonti e guidata dal migliore spirito giornalistico non solo è entrata in contatto con i Lacks si è fatta accettare da loro conquistandone la fiducia.
Il focus della sua attenzione si alterna, lascia fluire la scrittura sulla scia delle sensazioni che di volta in volta emergono esigendo rinnovata attenzione da parte prima dell’autrice e poi del lettore e in questo alternarsi si concretizza la struttura e il ritmo della narrazione. Passa senza difficoltà da una prospettiva all’altra con impegno costante e immutata onestà.
Conta in America che la donna in questione fosse afroamericana, ma è solo una delle tante inquadrature. Lo sfondo è quello asettico di un laboratorio molecolare, il camice immacolato di uno scienziato sul quale entra vividamente in contrasto il colore scuro della pelle di Henrietta, tuttavia non è la Skloot che evidenzia il contrasto sono i fatti di per se stessi. La bravura dell’autrice è nella capacità di collegare in modo significativo gli elementi che reciprocamente concorrono a definire i contorni della storia di Henrietta, della storia della scienza dopo la sua morte nel 1951 e delle sue immortali cellule etichettate con la sigla HeLa.
La scrittrice emerge nitida dallo sfondo solo nella postfazione. L’obiettivo è dichiarato: vuole umanizzare la scienza, la fa arretrare, non permette a nessun Nobel di essere in primo piano, resta focalizzata sulla figura di Henrietta Lacks divenuta l’emblema della metamorfosi operata dal progresso scientifico, che l’ha trasformata in mero materiale biologico.
Deve esserci un modo ulteriore di intendere il progresso scientifico, questa è la missione e la sfida a cui la Skloots con questo libro decide di dare il suo contributo.
Le cifre sono impressionanti
Nel 1999 la RAND Co. ha stimato che solo i laboratori americani detengono più di 307 milioni di campioni di tessuti da circa 178 milioni di persone. Non solo la questione del pagamento per i tessuti economicamente sfruttabili è irrisolta, ma non è più necessario ottenere il consenso per immagazzinare cellule e tessuti presi durante esami diagnostici e quindi usare i campioni per ricerche.
Questa la situazione americana ai giorni nostri.
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