Ieri c’è stato l’addio a Giovanna Marini, voce colta e popolare della canzone d’autore italiana. La cantautrice folk, definita la “Joan Baez italiana”, è scomparsa nella sua Roma all’età di 87 anni. La ricordiamo attraverso Lamento per la morte di Pasolini, il suo omaggio musicale al poeta che le fu amico e mentore.
Marini era stata la pioniera del “canto sociale”, dedicandosi al recupero di vecchie canzoni della tradizione popolare tramandate sino a quel momento soltanto oralmente. Il suo primo album, Vi parlo dell’America (1966), restituiva alla canzone popolare un valore politico e divenne oggetto di studi di etnomusicologia. Fu lei a rendere popolare Bella ciao, la canzone simbolo della lotta partigiana.
La vera rivoluzione musicale per Giovanna Marini venne dall’incontro con Pier Paolo Pasolini, che conobbe per la prima volta in una sera romana: era l’11 febbraio 1958 e tra i due sarebbe nato un sodalizio senza uguali.
Giovanna Marini e il primo incontro con Pier Paolo Pasolini
C’è tuttavia un riferimento costante nell’opera musicale di Giovanna Marini ed è Pier Paolo Pasolini, cui dedicò la sua canzone forse più celebre Lamento per la morte di Pasolini. Pasolini era stato, a suo modo, mentore di Giovanna. Lei l’aveva incontrato per la prima volta l’11 febbraio 1958 in un attico vicino a Piazza di Spagna, al calar della sera. A quell’evento dedicò persino una canzone Il mio primo incontro con Pier Paolo Pasolini: nel brano lo definisce come un giovane con un bellissimo sorriso e la testa un po’ inclinata.
E tutt’a un tratto lui dice: “Ma non smetterai mai?”
Dico: “No, è il mio lavoro
Posso continuare tutta la notte, se serve.”
Lui è l’unico ad ascoltarla mente suona Bach “nelle case dell’intellighenzia romana” e le propone, sfidandola, di cantare qualcosa di diverso come La casetta di Trastevere. Giovanna si rifiuta, ed è Pier Paolo che si mette a cantare. Lei osserva che è intonato, Pasolini riflette pensoso. Sarà lui a dirle che le canzoni non si trovano sui libri portandola a scoprire il valore della cultura popolare, delle ninnananne calabresi, dei canti delle mondine.
Lei era giovanissima, usciva “fresca fresca dagli studi classici”, conosceva le laudi insegnatale dalle monache e la musica di Bach, lui le fece scoprire il valore della musica come poesia civile. Da quel momento fu chiaro a Giovanna ciò che doveva fare con la sua musica: doveva riscrivere i canti orali perpetuati dalla memoria della gente, i canti della tradizione popolare e contadina. L’opera dello scrittore corsaro, nella sua rinnovata attenzione agli umili, al proletariato, tra denuncia e mitologia si intrecciava a doppio filo alla musica di Marini e le fu di ispirazione.
Grazie a Pasolini, Giovanna scoprì la forza del canto popolare, la resistenza che era insita anche nel lessico dialettale. C’era un dialogo a due voci tra Giovanna Marini e Pier Paolo Pasolini: la lingua friulana, originaria di Pasolini e delle sue prime poesie contenute nella raccolta Poesie a Casarsa (1942), era la melodia popolare e di matrice contadina di Marini da cui trarrà origine il suo progetto del Canzoniere italiano. Volevano fare un disco insieme tratto dalle poesie de La meglio gioventù, ma non ebbero il tempo di realizzarlo.
Nel 1975, la morte improvvisa e tragica del poeta, fu un duro colpo per Giovanna. In seguito al fatto lei scrisse una delle sue canzoni più famose, Persi le forze mie, contenuta nell’album I treni per Reggio Calabria. Il titolo sarebbe poi stato mutato nel più incisivo Lamento per la morte di Pasolini, inserito nell’album successivo Correvano coi carri.
Il dialogo tra Marini e Pasolini non si sarebbe mai interrotto: lei avrebbe dedicato al poeta friulano lo spettacolo Pour Pier Paolo (1984), l’opera teatrale I Turcs Tal Friul, l’oratorio a più voci Le ceneri di Gramsci (2005) e infine Sono Pasolini (2015), una delle ultime produzioni firmate dalla cantautrice e considerata uno dei suoi capolavori.
Vediamo ora testo e analisi di Lamento per la morte di Pasolini, uno dei brani più struggenti di Giovanna Marini.
“Lamento per la morte di Pasolini”: la canzone di Giovanna Marini
Persi le forze mie persi l’ingegno
la morte mi è venuta a visitare
«e leva le gambe tue da questo regno»
persi le forze mie persi l’ingegno.Le undici le volte che l’ho visto
gli vidi in faccia la mia gioventù
o Cristo me l’hai fatto un bel disgusto
le undici volte che l’ho visto.Le undici e un quarto mi sento ferito
davanti agli occhi ho le mani spezzate
la lingua mi diceva «è andata è andata»
le undici e un quarto mi sento ferito.Le undici e mezza mi sento morire
la lingua mi cercava le parole
e tutto mi diceva che non giova
le undici e mezza mi sento morire.Mezzanotte m’ho da confessare
cerco perdono dalla madre mia
e questo è un dovere che ho da fare
mezzanotte m’ho da confessare.Ma quella notte volevo parlare
la pioggia il fango e l’auto per scappare
solo a morire lì vicino al mare
ma quella notte volevo parlare
non può non può, può più parlare.
“Lamento per la morte di Pasolini” di Giovanna Marini: analisi e significato
Giovanna Marini costruisce il suo Lamento per la morte di Pasolini sul modello della Passione di Cristo, scandendo le strofe ora per ora come a simboleggiare un’ideale “via crucis”. Nello scrivere il testo della sua canzone, Marini prende ispirazione da un canto liturgico della tradizione orale abruzzese: L’orazione di San Donato che narrava il martirio del santo ora per ora. La narrazione del martire cristiano, nello sviluppo musicale della cantautrice romana, diventa un canto laico e di resistenza in omaggio a un intellettuale, un martire del nostro tempo.
La tragica notte del 2 novembre 1975 diventa metafora della crocifissione di Cristo sulla collina del Golgota.
Pasolini, diceva Giovanna, era un uomo che “quando parlava ti insegnava il mondo”, dunque inevitabile il paragone con un profeta, un Messia contemporaneo che, tuttavia, proprio come Gesù, rivolge idealmente le proprie ultime parole alla madre Maria - che nel caso di Pasolini era l’amata Susanna Colussi.
Al suo Lamento laico - nato dalla certezza che Pasolini non restava che piangerlo - Giovanna Marini unì l’apporto della musica popolare che si coglie soprattutto nell’armonia: utilizza lo “svolo”, un modulo della tradizione funebre dell’area salentina, che trova la sua massima espressione nella vertiginosa chiusa “non può non può, può più parlare”.
L’orazione liturgica diventa ode moderna nelle note di Giovanna Marini, riuscendo persino a santificare un ateo nel quale era presente, innegabilmente, un atomo di Dio. Era il suo ultimo omaggio all’uomo poeta che aveva acceso in lei la vocazione per la musica.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Lamento per la morte di Pasolini”: la canzone di Giovanna Marini dedicata allo scrittore che le fu mentore
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