Lao Folktales. Xieng Mieng: The Cleverest Man in the Kingdom
- Autore: Non disponibile
- riscritto da Steve Epstein
“Who knows? Maybe Xieng Mieng is now playing tricks on the king in heaven.” (Pag. 48)
In qualunque cultura e tradizione esiste un personaggio inventato, capace di rappresentare i costumi popolari e di essere il difensore dei soprusi e delle ingiustizie.
È per antonomasia scaltro, abile e in grado di ingannare l’autorità tronfia di onori e denari ma di poco cervello.
La loro esistenza ricopre un vuoto: bombardano di immaginazione i dominatori. Sono personaggi liberi e anarchici, parlano per allegorie, dicono e non dicono. Riescono sempre a spuntarla.
Gli esempi sono tanti. Forse il più famoso è il saggio sufi Mullah Nasruddin, il cui nome, modificato, appare in tante civiltà. Le sue giudiziose storie costituiscono ancora una ricchezza culturale.
Il patrimonio di conoscenze del Laos è di consuetudine orale ed è difficile ancor oggi trovare degli scrittori laotiani narrare della loro vita e del loro paese. La tradizione scritta è ancora oggi quasi inesistente. Basta girare per la capitale Vientiene, nelle pochissime librerie sono venduti principalmente guide turistiche, libri usati di lingua inglese o francese e testi scolastici.
Qualche tentativo è arrivato ma da scrittori stranieri residenti in Laos, come i gialli di Colin Cotterill, autore di doppia cittadinanza inglese e australiana.
Un valido tentativo è stato quello di trascrivere in inglese le tante narrazioni popolari raccontate dai laotiani: storie simili, storie di tradizione locale, eppure di illimitato valore morale, e di comprensione globale.
Uno di questi libri è Lao Folktales. Xieng Mieng: The Cleverest Man in the Kingdom (Vientiane Times Publications, 1995) curato da Steve Epstein, il quale ha ascoltato le storie e le ha riscritte in inglese.
Ha utilizzato un linguaggio inglese semplice, come semplici sono le storie. È uno stile adatto ai bambini, proprio perché i brevi racconti possono essere letti come delle piccole favole, per scoprire per ogni episodio la sua allegoria e la sua morale.
Inoltre c’è un tono lieve, divertente, e una lettura scorrevole.
Le storie sono ambientate nel passato, quando il Laos era governato da un re, e in quell’epoca: “But in those days, a king was a king. And no one disobeyed the king.” (Pag. 45)
Il protagonista è un ragazzo Xieng Mieng, il più intelligente del regno, ma anche il più scaltro, furbo e pigro: “Xieng Mieng was a slow walker.” (Pag. 9)
Mieng è un’erba, masticata come se fosse una gomma.
Xieng è il nome degli ex novizi buddisti.
Arriva con la prima storiella il battesimo con il nuovo nome. Il ragazzo era un giovane novizio e si prende gioco di un mercante di Mieng.
Xieng Mieng è più furbo che intelligente: evita ogni sforzo, schiva il lavoro, aggira le sfide misurandosi soprattutto sulle parole, sui doppi sensi, sull’inganno sottile.
Se il mercante attraversa il fiume camminando – “walk through” - perché l’acqua è bassa, è sconfitto perché Xieng Mieng lo aveva sfidato a “cross the river” a saltare il fiume.
In altre storie ci sono ripetizioni infinite per sfinire la controparte oppure esecuzioni esasperatamente letterarie: se deve raccogliere tutto quello che cade in terra, raccatta persino il letame del cavallo.
Il gioco di parole è fondamentale per il furbo laotiano.
La storia è universale: al centro dell’autorità c’è il re, lui è il potere arrogante ma nello stesso tempo è pericoloso. Perciò si può attaccare il sovrano con molta attenzione e le armi adatte sono l’ironia e la derisione. Accuse dirette sono impossibili, non siamo in Francia al tempo di Luigi XVI, si può beffarlo solo con tanti astuti giochi.
Se il potere, cioè il re, emana un decreto o dà un ordine, i quali sono per la gente quasi sempre inutili o dannosi, si deve rispondere sminuzzando i vari significati dei vocaboli usati nella legge, sicuramente si trova l’inghippo per svignarsela.
È il classico: fatta la legge, trovato l’inganno.
Oltre alla monarchia, Xieng Mieng ha come avversari i ricchi borghesi, i facoltosi commercianti. In molti racconti si prende gioco della loro immodestia economica. Un mercante compera l’uccello più costoso per sfidare il ragazzo. Lui si limita a farlo uccidere da un avvoltoio catturato in precedenza. È la rivincita dell’uomo comune contro il potere sia politico sia economico: “Xieng Mieng is the character that represents the common man’s ability to lay low the mighty.”
Un episodio è emblematico per individuare le due linee di pensiero e di vita.
Nel racconto intitolato The King Loses His Appetite, il re non mangia, è diventato incapace di cibarsi delle gustose pietanze preparate dai suoi cuochi. Chiama Xieng Mieng e lo prega di aiutarlo a risolvere questo suo problema. Lui accetta la sfida e gli suggerisce di farsi preparare i piatti più deliziosi e di aspettarlo il giorno successivo, senza assaggiare alcunché.
Dopo due giorni il ragazzo non si era ancora presentato, il re stanco inizia a mangiare senza di lui. La morale è emblematica, Xieng Mieng è la voce del popolo :
“If you don’t feel hungry, then you will have no appetite. That is the cure.” (Pag. 36)
Il regnante ha disgusto del cibo per snobismo, per altezzosità, lui non patisce la carenza di cibo come i contadini, perciò non ha fame.
Emerge l’altro aspetto del personaggio ossia la sua concezione anarchica: si è ribellato al buddismo uscendo dal monastero, si ribella al re e ai ricchi mercanti.
Alla morte di Xieng Mieng seguirà, grazie al suo ultimo trucco, quella del sovrano.
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