Le bugie del marketing. Come le aziende orientano i nostri consumi
- Autore: Martin Lindstrom
- Genere: Marketing e Business Management
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Hoepli Editore
- Anno di pubblicazione: 2012
Si dice che certe canzoni non vedano lontano: produci consuma crepa, urlavano i filosovietici CCCP nel bel mezzo livido degli Ottanta e mai sintesi ontologica sull’uomo (?) post-post-moderno fu più efficace. Non per fare l’apocalittico (però, vivaddio, nemmeno l’integrato): siamo ostaggio delle merci, dalla culla alla bara, siamo in balia dei brand, dei prodotti, al punto di rischiare la transustanziazione in prodotto (usa e getta) noi stessi.
Gli addetti al marketing - alla lobotomia su scala globale - imbastiscono strategie di controllo, incombono sulla libertà di discernimento individuale, con la subdola perizia del serpente dell’Eden: sedurre, blandire, indurre all’acquisto (omologato) è la loro mission. In questa caccia indiscriminata al cliente, nulla è lasciato al caso e niente potrà più fermare questi neo-Mengele dei bisogni indotti. Parole grosse, ma nell’affaire a infiniti zeri dell’espansione merceologica, ogni mezzo è lecito (à la guerre comme à la guerre), chiave di volta per l’accesso ai desideri reconditi e al portafogli dei consumatori: il sesso, la paura, la celebrità, l’insicurezza, la nostalgia, persino le baggianate new age e le carte fedeltà, all’apparenza così innocue (altro che Orwell).
A tal riguardo, c’è un libro nerissimo sul “sistema pubblicitario” che dovrebbe passare di mano in mano tra i lettori superstiti alla pandemia del consumo coatto: si intitola “Le bugie del marketing. Come le aziende orientano i nostri consumi” (Hoepli, 2012), toglie il sonno e reca la firma di Martin Lindstrom, disincantato guru delle tecniche di mercato, prima, e difensore indomito dei consumatori sedotti & bidonati, poi (sul tema ha anche scritto il bestseller “Neuromarketing”). Il viaggio tra le pagine del suo saggio-inchiesta è allucinante come nemmeno il romanzo omonimo di Isac Asimov: un impietoso dietro le quinte dell’industria delle merci, che odora di zolfo e manipolazione reiterata. Per gli impavidi che non temono di guardare alla realtà dal lato brutto o per chi avesse dato (finalmente) di matto e intendesse disfarsi dello smartphone che si è appena comprato, seguono tre-cenni-tre sui contro-spot confezionati da Lindstrom in questo libro.
Sentite questa: ci sono aziende che alterano la formula dei loro prodotti in modo da generare “dipendenza fisica” nei consumatori. O questa: sulle psicosi di massa (sars, aviaria, et similia) gli spacciatori di marketing ci fanno soldi a palate. O quest’altra: le neuroscienze dimostrano quanto l’abuso di i-phone & blackberry possa risultare pernicioso più ancora che quello di alcol e di sostanze stupefacenti. Stop e pensateci su, se ci tenete ancora al vostro bene (mentale, soprattutto). La lista dei giochi sporchi della pubblicità contenuta ne “Le bugie del marketing” è copiosa, provata, convincente e non fa sconti a nessuno, nemmeno ai brand più famosi del nostro (s)contento. E del resto, mica ci si può involvere da sapiens-sapiens a homo consumens (Zygmunt Bauman) senza l’ausilio di persuasori occulti di comprovata perizia. Poichè frequento di striscio anche la cultura pop, beccatevi - in coda - questo finalino aperto: vi siete mai chiesti come mai il truculento “Zombi” di George Romero, trovi, per buona parte, la sua location naturale all’interno di un ipermercato?
Le bugie del marketing. Come le aziende orientano i nostri consumi
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