Proseguendo il mio viaggio nelle Metamorfosi di Ovidio mi sono imbattuta nelle età del genere umano di esiodea memoria, perché Ovidio non fu il primo a considerare gli inizi dell’umanità come un’epoca felice. Prima di lui ci fu Esiodo tra i Greci e Virgilio tra i Romani.
Al principio l’umanità vive nell’Età dell’oro sotto il dominio di Saturno, il padre di Giove, in una sorta di eterna primavera in cui il lavoro non esiste e la terra dona spontaneamente i propri frutti. Non ci sono leggi perché la natura dei primi uomini è buona e delicata, la terra è in comune e tutti sono felici.
Una pura utopia a pensarci bene, ma era un’idea diffusa nel mondo antico che conosceva fin troppo bene le guerre.
Ma l’Età dell’oro si conclude con la cacciata di Saturno nel Tartaro e il predominio del figlio più giovane, Giove, che fa nascere l’Età d’argento (in molti dubitano, anche tra gli antichi, che sia mai esistita) in cui le stagioni sono diventate quattro: la terra per dare i suoi frutti ora deve essere coltivata, ma il genere umano non ha ancora conosciuto odio e guerre, non ci sono i duri conflitti delle epoche successive.
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Seguono l’Età del bronzo nella quale i metalli sono lavorati e la gente dimostra un carattere duro e conosce le armi, ma le armi di bronzo sono ancora troppo deboli e l’indole umana non è ancora cattiva e l’Età del ferro, quella feroce.
Gli esseri umani sono diventati crudeli e pronti a scannarsi l’uno con l’altro perché l’avidità li ha condotti a scavare nelle profondità della terra per ricavare l’oro (e in ciò è presente l’auri sacra fames di Virgilio) per i propri interessi.
Non esiste più la famiglia, l’amore, l’amicizia perché tutti sono contro tutti e il sangue sparso è quello del fratello tanto che l’umanità è disprezzata persino dagli dei che fino ad allora convivevano con gli uomini (di nuovo le “origini animistiche” della religione pagana) tanto che la vergine Astrea, dea della giustizia, se ne tornò in cielo creando la costellazione della Vergine. La dea della giustizia rappresenta l’equilibrio, la legge che anche a Roma fu negletta durante le guerre civili.
Recensione del libro
Metamorfosi
di Publio Ovidio Nasone
Secondo la concezione di Ovidio espressa nelle Metamorfosi il cammino dell’umanità si svolge tra il meglio e il peggio, tra il bene e il male nel momento in cui si cerca l’avidità e sotto questo aspetto il poeta di Sulmona non è diverso dai moralisti storici latini individuando nella avidità la fine di tutto.
Ma non esiste fine senza principio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le età dell’umanità nelle “Metamorfosi” di Ovidio
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