Le giostre sono per gli scemi di Barbara Di Gregorio

Ne “Le giostre sono per gli scemi” (Rizzoli, 2011) ci sono due tipi di persone (almeno due su tutti): quelle che sanno volare e quelle che vorrebbero.
Gente con destini diversi, ma vite dannatamente intrecciate che rendono i voli ardui per i primi e le paure zavorre impressionanti per i secondi.

Ne “Le giostre sono per gli scemi” ci sono due mondi (almeno due su tutti): quello struggente e assurdo di quelli che sanno volare; quello quotidiano e arrancante di quelli che vorrebbero. Alla fine, forse, non sono mondi così diversi. Seguire la propria rotta comporta per tutti delle rinunce.

Ne “Le giostre sono per gli scemi” puoi assomigliare a due tipi di lettori (almeno due su tutti): quelli a cui monta il nervosismo per la cascata di malinconia che arriva senza farsi pregare; quelli che tengono duro, perché sanno che qualcosa di bello alla fine arriva sempre.
Ma ne “Le giostre sono per gli scemi” le cose belle arrivano all’improvviso, come il primo sole la mattina che sorride dietro le tapparelle. E stanno là, senza bussare.

Ne “Le giostre sono per gli scemi” c’è la potenza evocativa di un’autrice che ha mano veloce, mente lucida e cuore gonfio, e che sostanzialmente se ne frega, riuscendo come il sole a dare una possibilità a chiunque, che abbia le ali o meno.
Ne “Le giostre sono per gli scemi” ognuno sceglie la propria strada. E una strada, alla fine, da qualche parte arriva, sempre. E un motivo per percorrerla fino alla fine c’è. E se non c’è, lo trovi.