Le guerre ebraiche dei romani
- Autore: Ariel S. Lewin
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2015
“Israele invasa… da Roma: nel 63 avanti Cristo”
Una pagina di storia, rilevante per capire il presente, la delicata e spesso drammatica situazione in Palestina. Tutto ha avuto origine in seguito alla distruzione del Tempio di Gerusalemme e alla diaspora, conseguenze della dominazione romana, che viene illustrata dal prof. Ariel S. Lewin, docente di storia latina dell’Università di Basilicata, nel libro
“Le guerre ebraiche dei romani”
, novità Paperback il Mulino 2015, 180 pagine 128 euro.
Paradigma del contrasto tra l’Urbe e la sempre insofferente periferia mediorientale dell’impero è la seconda delle grandi rivolte giudaiche contro Roma, perchè contiene tutti i fattori di contrasto tra due realtà incompatibili, sotto l’aspetto politico e religioso. Gli ebrei non sopportavano padroni ed erano monoteisti.
La conquista della Palestina risale comunque a Pompeo, che nel 63 avanti Cristo occupò Gerusalemme, approfittando delle interminabili ostilità tra le tribù israelite e il Regno Seleucida, al quale apparteneva il loro territorio.
La rivolta giudaica minore divampò nel 132 dopo Cristo e causò perdite gravi da entrambe le parti. Quanto alle cause scatenanti, le fonti storiche di allora insistono su due imposizioni provocatorie e inaccettabili per gli ebrei. La prima fu la decisione dell’imperatore Adriano di dare vita ad una colonia romana, Aelia Capitolina, proprio dove sorgeva Gerusalemme. Significava privare i figli di Sion del diritto di avere una capitale. Nel nuovo insediamento si potevano venerare solo divinità pagane e comportarsi esclusivamente secondo gli usi e costumi romani. Lo sdegno avrebbe spinto gli israeliti alla ribellione, anche se la storiografia attuale considera questa colonizzazione punitiva più una conseguenza della sollevazione che una ragione dei moti sanguinosi. Ancora più plausibile come punizione, sembra la proibizione di circoncidere i nati maschi, tradizione che la religione ebraica ritiene imprescindibile.
Se le cause della guerra restano controverse, sono invece molto chiare la sequenza dei fatti e la natura violenta degli atti. Gli ebrei agivano come i vietcong, non si battevano in campo aperto dove sarebbero stati deboli, ma conducevano attacchi mirati e colpi di mano. Edificarono numerosi centri fortificati, su posti elevati, appoggiati a sistemi di cavità e grotte naturali sottostanti. I romani, che a quanto pare impegnarono a rotazione forze ingenti di tutte le legioni, risposero isolando le postazioni giudaiche con fortini e ridotte che bloccavano le sortite avversarie e soprattutto impedivano i rifornimenti di acqua e viveri ai ribelli, costretti al suicidio o alla resa.
Vennero distrutte 50 fortezze e quasi mille villaggi importanti. 580mila gli ebrei uccisi in azione e un numero altissimo di ogni sesso ed età perirono negli incendi, di fame e per le malattie. L’ultimo presidio a cedere fu Betar, nei primi del 136 d.C.. Di certo, agli sconfitti fu a lungo vietato di abitare nella capitale o raggiungerla. In compenso, già sotto Antonino Pio, il successore di Adriano, venne accordato nuovamente il permesso di circoncidere i neonati, segno che la provincia turbolenta era pacificata.
Le ostilità della grande rivolta 66-70 d.C. si dovettero invece alla cattiva amministrazione del prefetto Gessio Floro. La guerra cominciò con un disastro militare per Roma. Il legato di Siria Cestio Gallo, desistendo senza ragione dall’assedio di Gerusalemme, venne sorpreso ai fianchi in ritirata nelle gole di Beth Horon, perdendo 5400 fanti e 480 cavalieri. Come spesso accade, alla lunga la sconfitta giovò a chi la subì e danneggiò chi la inflisse, perché la resistenza nella città circondata e l’agguato alla colonna in marcia illusero i giudei di poter tenere testa all’impero. Informato degli eventi in Palestina, Nerone inviò il migliore dei generali, Flavio Vespasiano. Il destino della rivolta era segnato, anche se molto tempo e molto sangue dovevano ancora scorrere.
Sono di questi anni la distruzione del Tempio di Gerusalemme, nella conquista del 70 e l’assedio di Masada che pose fine alla rivolta, episodio leggendario, sopravvalutato ma simbolico della lotta impari contro una potenza schiacciante.
Il Tempio e le mura non vennero ricostruite e da allora gli ebrei attesero un nuovo avvento, che avrebbe dovuto rendere la libertà al popolo eletto e condurlo a guidare il mondo.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le guerre ebraiche dei romani
Lascia il tuo commento