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Le piene di grazia
- Autore: Carmen Totaro
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2015
1° settembre 1980. La trentacinquenne Palma Castrocappone si trovava in un’aula del tribunale di Foggia davanti al giudice, per rispondere all’accusa di omicidio volontario. Palma aveva subito ammesso di aver ucciso “quella misera” Nunziata Logreco colpevole di aver ammazzato la sorella Maria Rosaria otto anni prima.
La molla che aveva fatto scattare il gesto efferato era stata quando la reo confessa aveva incontrato la vittima “Incinta e felice”. L’immagine di chi aveva torturato Maria Rosaria, si confondeva con quella della sorella morta. Il giorno dell’omicidio Palma non aveva mandato a scuola la figlia, la piccola Loredana “per tenermela vicino ancora una volta”.
La donna composta e dignitosa ora appariva soddisfatta, perché il torto subito con l’odio feroce, atavico, tenuto dentro di sé a lungo, era stato punito.
“Niente si era rimarginato in me”.
Palma era consapevole che avrebbe pagato per il reato commesso ma aveva pensato alla bambina “suo padre era un uomo responsabile e lei non sarebbe rimasta orfana”. Il giudice aspettava che Palma “raccogliesse i ricordi e li deponesse sulla scrivania come molliche avvelenate”. Dopo la morte della sua amata sorella si era sforzata di essere paziente e aveva sperato di ottenere giustizia, nel frattempo si era sposata “sono stata persino felice” ma non riusciva a rassegnarsi “di pace non potevo averne”.
Il paese dove viveva voleva dimenticare Maria Rosaria e quello che le era accaduto. “Con i miei non si nominava mai quel cognome” i genitori soffrivano e piangevano in silenzio la perdita della loro figlia.
4 novembre 1972. Maria Rosaria era andata a casa del suo ragazzo Cosimo, figlio di un noto malvivente locale, per parlare della sua avanzata gravidanza. Il ragazzo con vigliaccheria si era reso irreperibile, dopo averle fatto false promesse. La sorella di Cosimo fingendo di condurla dal fidanzato l’aveva portata in una casa fatiscente in campagna e l’aveva segregata con la complicità di tutta la famiglia.
“Bizzoca, volevi prenderti mio fratello, noi ci prendiamo tuo figlio”.
L’unica persona che dimostrava di avere un cuore era l’ostetrica Angela “Cara, lo sai che il padre non riconoscerà mai il bambino. Farlo crescere da un’altra è l’unica soluzione”.
Carmen Totaro, pugliese ma residente a Milano, finalista con “Le piene di grazia” al Premio Calvino 2013, con una scrittura asciutta tratteggia una galleria di personaggi aggressivi e disumani, dove le donne sono vittime di brutalità fisiche e psicologiche in una società retriva in cui le regole vengono imposte dagli uomini. La luminosa Puglia è la muta testimone di una narrazione cruda e spietata in cui i protagonisti agiscono secondo le proprie leggi personali.
L’esordiente autrice ha dichiarato che “Il libro è nato dall’immagine di una ragazza innamorata, incinta che prega colui che l’ha abbandonata di tornare da lei e dal figlio”, la scelta di questo tema è nata dalla consapevolezza che le donne e le bambine continuano a essere discriminate a dispetto del modello imperante: bella, giovane e di successo.
Carmen Totaro, molto sensibile alle tematiche che riguardano la violenza sulle donne, voleva proporre personaggi femminili forti, che non soltanto subiscono violenza fisica e morale ma “quando ne hanno occasione, la esercitano su altri, anche donne, perché hanno interiorizzato quella cultura di violenza che viene loro imposta”.
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Le piene di grazia
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