Parlare oggi di scuola, un pianeta che comprende alunni, insegnanti, dirigenti e genitori, è parlare di un pezzo molto ampio di società, della quale la scuola si fa contenitore di pregi e difetti, eccellenze e degrado, abbandoni e buone pratiche.
Dai bambini della materna, che trascorrono otto ore a scuola, come anche gli alunni della primaria, la scuola è il luogo di appartenenza e di identità, quello nel quale si apprende la socialità, le relazioni con i pari e con gli adulti, con l’istituzione, con l’apprendimento, con l’educazione in tutte le sue diverse declinazioni.
Purtroppo negli anni recenti la scuola è stata oggetto di continue piccole riforme, che, pur mantenendo immutato l’assetto normativo, hanno finito per demotivare gli studenti soprattutto delle superiori e nel contempo hanno delegittimato il ruolo sociale degli insegnanti, poco pagati, poco riconosciuti da un’opinione pubblica spesso distratta e disinformata, tesa per lo più ad affidare alla scuola ruoli di supplenza perché la famiglia, nei suoi rapidi mutamenti, non è spesso in grado di fronteggiare i problemi che bambini e adolescenti manifestano sempre più precocemente.
Di fronte ai tanti nuovi e coinvolgenti interrogativi psicologici, pedagogici, comportamentali, come risponde la scuola? Cellulari in classe, sì o no? Libri di carta o solo lavagne digitali e tablet? Didattica a classi aperte o lezione frontale tradizionale? Alternanza Scuola Lavoro sì o no? Genitori a scuola, pronti alla difesa ad oltranza dei ragazzi, o maggiore autorevolezza degli insegnanti, supportati dalla dirigenza e dall’Istituzione di cui sono espressione?
E come viene vissuta a scuola la lettura? Funzionano le biblioteche scolastiche? Si acquistano libri nuovi o gli scaffali con i vecchi volumi tendono ad impolverarsi, perché mancano fondi per nuovi acquisti e bibliotecari dedicati e competenti? Se è vero che la maggior parte degli Italiani non legge neppure un libro l’anno, quanti e quali libri leggono gli insegnanti? E i genitori degli alunni?
L’editoria per l’infanzia vive un boom di vendite e di interesse, ma le statistiche dicono che già con la scuola media diminuisce negli studenti la pratica della lettura, per crollare poi alle superiori, dove la lettura e i libri vengono vissuti troppo spesso come un obbligo a cui sottrarsi.
Nuove metodologie, nuove strategie urgono, perché il patrimonio letterario a scuola non sia solo una materia da disattendere, ma, sull’esempio di insegnanti lettori appassionati, divenga una pratica quotidiana, una ricchezza personale, un piacere condiviso. Consigli di lettura di libri “giusti”, libertà di scelta, visite in libreria, incontri con gli autori, gare di lettura, bookcrossing, stage aziendali presso case editrici, letture in classe ad alta voce, piccole biblioteche di classe, visione di film tratti da romanzi… Tante idee da sviluppare per diventare una scuola inclusiva, nella quale la lettura sia una pratica diffusa, uno scambio proficuo fra giovani e adulti, un patrimonio spirituale che dura per la vita intera.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Leggere a scuola: qualche riflessione per crescere futuri lettori
Le statistiche dicono che allo sforzo di avvicinamento alla lettura che la scuola fa con i suoi programmi non corrisponde la formazione di nuovi lettori. Occorre quindi ricorrere a nuove strategie di avvicinamento alla lettura che sappiano utilizzare in pieno le risorse che agenzie educative, come la Biblioteca Comunale e le associazioni culturali sono in grado di offrire nel territorio. Ciò consentirebbe di dare risposte ai nuovi bisogni sia delle giovani generazioni che dei cittadini che volessero utilizzare razionalmente le risorse istituzionali sia di marca scolastica che territoriale.
Il superamento della visione scuolacentrica, nella formazione culturale del cittadino esige da parte del sistema exstrascolastico la capacità di moltiplicare, selezionare, qualificare le proprie contropartite per combattere il rischio di isolamento/solitudine che le nuove generazioni corrono di fronte all’invadenza cognitiva dei linguaggi multimediali che, oltretutto, appiattiscono su modelli omologanti l’identità culturale dei nostri giovani.