C’è un dipinto di Leonora Carrington piuttosto curioso. Si intitola The Guardian of The Egg, il “Guardiano dell’uovo”, ma è noto anche con il nome di The Giantess (La Gigantessa). Raffigura una donna altissima, dalle dimensioni sproporzionate e il corpo di forma ovale, con il capo contornato da una folta chioma di ricci dorati simili a un’aureola. Attorno a lei volano degli uccelli, in lontananza, alle spalle, si scorge il mare. Tuttavia, a guardare meglio, con più attenzione o più da vicino, si comprende che i capelli della donna sono in realtà un campo di grano, che alcuni uccelli sono uomini con la testa di uccello e, infine, nelle mani sottili la donna stringe un piccolo uovo maculato. Sono state date numerose interpretazioni di questo dipinto, nell’immagine dell’uovo - una costante nell’arte di Carrington - c’è chi ha scorto un simbolo alchemico, la separazione tra microcosmo e macrocosmo, ma anche l’origine del mondo e della vita. Ed è proprio qui che la Carrington scrittrice e la Carrington pittrice si uniscono e il dualismo diventa convergenza: nell’uovo magico che custodisce il potere dell’immaginazione, come una sorta di rito iniziatico.
C’è un aggettivo associato di frequente a Leonora Carrington: “esoterica”, la sua scrittura è esoterica, la sua pittura è esoterica e, infine, ecco che esoterica è lei stessa, come se fosse la sacerdotessa custode del segreto di un Dio muto, l’unica detentrice di un mistero che non può essere svelato al resto dell’umanità.
The Guardian of The Egg sembra essere il perfetto autoritratto di Leonora Carrington, l’opera che meglio la rappresenta, come una sibilla o una dea. Potrebbe essere il suo autoritratto come scrive Melania Mazzucco nel primo capitolo di Self-Portrait. Il museo del mondo delle donne. Questa donna ribelle, sfuggente, eclettica che fu sempre uguale a sé stessa, l’unica abitante del suo “mondo delle meraviglie”, narratrice di una fiaba visibile a lei sola che, tramite la sua arte, ha reso tangibile donandole una forma definita (forse una forma ovale?).
Leonora Carrington: la vita
Leonora Carrington era nata il 6 aprile 1917 a Clayton Green, nel nord-ovest dell’Inghilterra, in una famiglia benestante di ricchi industriali tessili.
Era una bambina molto sola che viveva in un mondo tutto suo, abitato da personaggi che prendevano vita direttamente dalle storie narratele dalla nonna materna, di origini irlandesi. Le storie e le leggende celtiche con i loro miti forgiarono l’immaginario ancora puro di Carrington e l’avrebbero accompagnata per tutta la vita con il loro immenso potere suggestivo. Per rendere più veri e tangibili quei personaggi animati dai racconti, Leonora bambina iniziò a disegnarli: era l’unica maniera che conosceva per portare i pensieri nella realtà. Più avanti avrebbe imparato a scrivere, in un modo tutto suo, a quattro mani e persino al contrario. Una bambina che scrive al contrario non è bene amata nei collegi: la piccola Leonora era una mente creativa, geniale, ma di certo non una studentessa modello. Fu espulsa per ben due volte e alla fine concluse gli studi con un istitutore privato, avrebbe trovato la propria strada iscrivendosi all’Accademia d’arte. Dopo gli studi in Italia, presso l’Accademia Internazionale di Disegno di Firenze, sarebbe tornata in Inghilterra per perfezionarsi al Chelsea College of Art.
Ma il punto di svolta nella vita di Leonora Carrington sarebbe stato la lettura di un libro: Surrealism di Herbert Read, un regalo della madre. Galeotto fu il libro e chi lo scrisse, scriveva Dante e la citazione è di certo calzante nella vita di Carrington, poiché, proprio grazie a quel libro, Leonora conobbe il pittore tedesco Max Ernst, il grande amore tormentato della sua vita. La copertina del libro presentava infatti un dipinto di Ernst intitolato Two Children Menaced by Nightingale; lei, all’epoca diciannovenne, ne rimase stregata.
Aveva quindi conosciuto Max prima attraverso i suoi quadri - nel quale aveva subito riconosciuto un mondo a lei stranamente familiare - e poi l’aveva incontrato di persona, nel 1936, a una cena organizzata dalla Ozenfant Academy. Divennero subito inseparabili, nonostante la grande differenza d’età e di certo l’arte di Carrington non sarebbe stata la stessa senza il sodalizio profondo con Max Ernst. La coppia si trasferì a Parigi dove entrò in contatto con il fervido ambiente intellettuale che ruotava attorno a Montparnasse. In quegli anni creativi Leonora iniziò a scrivere i primi racconti, il primo in assoluto si intitolava La maison de la peur, la “casa della paura” e sarebbe stato pubblicato l’anno seguente in volume.
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Nel 1939 Carrington avrebbe pubblicato La Dame ovale, una raccolta di racconti illustrata da Max Ernst. Era il suo esordio come scrittrice - curiosamente nel titolo ritorna l’immagine dell’uovo, forse il simbolo alchemico dell’immaginazione. Era l’apoteosi, l’apice dell’idillio professionale e amoroso. L’anno seguente sarebbe precipitato tutto: Ernst sarebbe stato arrestato, a causa dell’aggravarsi del conflitto bellico tra Germania e Francia e la sua posizione di “cittadino straniero” in territorio nemico. Sprovvista del suo sostegno, Leonora impazzì. Dopo aver tentato invano di far rilasciare Ernst - che fu imprigionato in un campo di lavoro - fuggì in Spagna dove fu, a sua volta, internata. La destinazione di Carrington però non era un campo di prigionia, ma il manicomio. Sarebbe stato l’inizio di un’esistenza raminga, perennemente in fuga. La sua facoltosa famiglia riuscì a trasferirla a Lisbona, per farla ricoverare in una clinica psichiatrica, ma lei incontrò il diplomatico Renato Leduc, inviato in suo soccorso da un amico comune, Pablo Picasso. Leonora accettò di sposarlo pur di sfuggire a quella drammatica condizione. Con lui si sarebbe trasferita a New York e poi in Messico, dove sarebbe rimasta anche una volta finito il matrimonio combinato con Leduc. Nel 1944 scrisse il libro Down Below, un resoconto autobiografico della sua esperienza manicomiale. Avrebbe continuato a vivere di pittura per il resto della sua vita divenendo un’artista affermata: le furono commissionati lavori importanti, tra cui un murales sulla civiltà maya per il Museo Antropologico di Città del Messico. Il quadro che abbiamo citato all’inizio di questo articolo, The Guardian of the Egg o The Giantess, fu dipinto proprio nel 1947, in Messico, e segna l’inizio della seconda vita di Leonora Carrington. Si era risposata con il fotografo ungherese, Emerico Imri Weisz, dal quale avrebbe avuto due figli. C’è chi intuisce nell’uovo raffigurato in The Giantess anche un rimando alla maternità, dunque della nuova vita che stava maturando nel suo corpo fertile. Tuttavia l’uovo - che di fatto ritorna come una costante pure nella sua opera letteraria - appare come una metafora più vasta della Creazione, anche quella artistica.
Nel 2000 Carrington sarebbe diventata cittadina onoraria del Messico e, proprio in quella terra esotica e lontana dalla natia Inghilterra, avrebbe concluso la sua lunga vita, nel 2011, alla veneranda età di 94 anni.
Leonora Carrington: le opere
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Numerose opere di Leonora Carrington sono state pubblicate in Italia da Adelphi, tra le quali ricordiamo La debuttante, Giù in fondo e Cornetto acustico. Le sue fiabe per bambini sono state edite nella raccolta Il latte dei sogni, che avrebbe dato il titolo anche alla mostra della Biennale di Venezia 2022 a lei dedicata.
André Breton, il padre del surrealismo, definì i racconti di Carrington come dei capolavori di humor nero. Spesso le trame delle storie di Leonora Carrington sono popolate da creature indefinite, animali antropomorfi e metamorfici, simboli esoterici, proprio come i suoi dipinti dove ritornano immagini alchemiche. La sua era fantasia senza confini, psichedelica, allucinatoria e allucinata. Ogni cosa, trasfigurata dal suo sguardo, si trasformava in arte.
La gigantessa del quadro, i cui capelli divenivano le spighe sottili e multiformi di campo di grano, era lei: forse nell’uovo maculato era custodito il segreto della sua immaginazione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Leonora Carrington, la scrittrice-artista dell’esoterico
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