La lettera al padre di Franz Kafka è uno dei libri cardine della storia letteratura. È una lettura brevissima, di appena quarantasei pagine, che tuttavia lascia un’impressione indelebile e apre una serie di interrogativi destinati ad avere un’eco duratura nella memoria.
È uno scritto denso, sofferto, labirintico (decisamente kafkiano) in cui si concentrano molti temi chiave che riguardano la vita di tutti noi: l’educazione familiare, le difficoltà della crescita, quanto la relazione con i nostri genitori influenzi la nostra capacità di approcciarci agli altri e instaurare rapporti più o meno solidi e duraturi.
In occasione della Festa del papà la Lettera al padre di Kafka appare come una lettura imprescindibile per riflettere su tanti snodi cruciali del rapporto tra genitori e figli.
La lettera fu scritta da Franz Kafka nel novembre del 1919 e consegnata alla madre: il testo tuttavia non fu mai recapitato nelle mani del diretto interessato. Il padre di Kafka morì nel 1931 e la lettera fu pubblicata postuma, dopo la morte dello scrittore praghese, nel 1952 divenendo un classico della letteratura.
La lettura, oggi, rappresenta anche un utile strumento per addentrarci nella mente di Kafka e scoprire alcuni aspetti inediti della sua biografia che sono sfuggiti ai manuali scolastici.
Scopriamo i temi chiave della famosa Lettera al padre.
La lettera al padre di Franz Kafka: analisi e temi
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La lettera di Kafka somiglia a uno sfogo - e forse proprio per questa ragione è nata. Il figlio scarica sul padre parole cariche di risentimento che ci permettono di riflettere più a fondo sulla valenza educativa di questa figura genitoriale.
Un uomo geniale, uno scrittore come Franz Kafka si sentiva schiacciato dalla presenza paterna e dalla sua incapacità di comprenderlo. Di sé Kafka offre sin dal principio un autoritratto impietoso, definendosi “ansioso, titubante, malaticcio” così come si vedeva riflesso negli occhi del padre che invece era un uomo forte, robusto, deciso e che scoppiava di salute.
Presto comprendiamo che l’insicurezza cronica che attanaglia Kafka come uomo è proprio dovuta allo stile educativo autoritario del padre (in psicologia gli stili educativi sono stati studiati e divisi in quattro categorie da Diana Baumrind, Ndr) che ha causato di riflesso in lui un senso crescente di sfiducia nelle proprie capacità.
Possiamo dire che Kafka, quindi, sia diventato scrittore a dispetto di suo padre. Hermann Kafka era infatti un ricco commerciante, un homo novus che si era fatto da sé e, di conseguenza, elogiava uno stile di vita pratico e volto a un preciso fine. Hermann considerava l’attività letteraria del figlio come una vana fantasticheria che lo conduceva a isolarsi dal mondo anziché prendere parte attivamente ai suoi traffici e assumersi delle responsabilità. Kafka si sente totalmente schiacciato dalla grandezza tirannica della figura paterna: una volta cresciuto si rifiuta di proseguire l’attività commerciale di famiglia, fatto che causa nel padre una cocente delusione ed alimenta in lui, in quanto figlio ma non degno erede, un senso di colpa insopprimibile.
Hermann Kafka viene descritto come un uomo prepotente e violento - capace di violenza soprattutto verbale - nei confronti della moglie e dei figli. Gli atteggiamenti di Kafka senior causano una serie di traumi in Franz: le costanti punizioni che il padre gli infligge da bambino (come lasciarlo solo al freddo in piedi sul ballatoio) non rafforzano il suo carattere, ma incoraggiano una forma di fragilità interiore. Da quelle piccole punizioni l’autore afferma di aver riportato un irrimediabile “danno interiore”, una ferita che neppure ora - da adulto - è mai guarita.
Con una consapevolezza straziante Kafka muove al padre un’accusa che oggi potrebbe dare credito a diverse teorie psicologiche:
Il mio senso di colpa nasce proprio da te.
Lo scrittore muove contro il padre un vero e proprio atto d’accusa: il malessere di Kafka come figlio nasce dal fatto che il genitore abbia sempre ostacolato le sue scelte, le sue passioni, i suoi desideri. Capiamo che Hermann Kafka avrebbe voluto un figlio diverso ed appare innegabile, leggendo la lettera, che anche Franz avrebbe voluto per sé un padre diverso.
La lettera al padre di Kafka: un problema di incomunicabilità
L’amarezza e l’inquietudine che la lettura ci suscita è dovuta proprio all’incomprensione tra padre e figlio che si erige come un muro di cemento, una muraglia insormontabile tra di loro.
Kafka accusa il padre di non riuscire a comprenderlo; ma, del resto, possiamo dire che neppure lui sembra disposto a comprendere - o sforzarsi di trovare una ragione - ai comportamenti del genitore. Più volte si fa accenno ai loro frequenti scontri verbali, dai quali Franz non si tira mai indietro e che, neanche dirlo, non portano da nessuna parte.
A un certo punto Hermann Kafka dice al figlio:
Io ti ho sempre voluto bene, anche se il mio comportamento esteriore è sempre stato diverso da quello degli altri padri, proprio perché non so fingere come gli altri.
A questa affermazione Franz si ribella fermamente con il suo “io non sono d’accordo” e sostiene che imputare agli altri padri un esercizio di finzione sia un mero atto di prepotenza. Da questa frase inoltre si può trarre un’inquietante deduzione: quindi l’affetto, la tenerezza, sono un atto di finzione?
La riflessione di Kafka è ampia e articolata, tesa ad evidenziare la netta opposizione caratteriale (e fisica) tra lui e il padre, ma non solo. Ciò che lo scrittore rimprovera al padre non si fonda unicamente sullo stile educativo, ma trova il suo centro focale in un autentico “vuoto affettivo”.
Tu hai influito su di me come dovevi influire, solo dovresti smettere di considerare come una particolare cattiveria da parte mia il fatto che, sottoposto a questa influenza, io abbia finito per soccombere.
È la mancanza d’amore ciò che trapela gravemente dalla lettera. Kafka accusa il padre di aver disprezzato ogni suo sentimento ridicolizzando e insultando qualsiasi persona a cui lui volesse davvero bene. Questo atteggiamento avrebbe avuto il riflesso spontaneo di allontanare lo scrittore dalla ricerca naturale di calore umano.
L’aspetto maggiormente straziante della lettera è proprio questa inesausta ricerca d’amore: muovendo queste accuse al padre Kafka cerca comunque di smuoverlo a commozione, vorrebbe suscitare in lui l’approvazione tardiva che gli è sempre stata negata.
A questo appello si oppone tuttavia un muro di incomunicabilità: padre e figlio si creano dolore a vicenda perché non riescono a comprendere l’uno le ragioni dell’altro.
Fa tenerezza soprattutto l’insistenza delle accuse - così simili a un pianto - cui si contrappone una frase insistita e commossa, che appare come un’assoluzione o una richiesta di perdono:
“Ti prego di non dimenticare mai che non credo neppure lontanissimamente ad una colpa da parte tua”.
La lettera al padre di Kafka: una riflessione
Quando scrive la Lettera al padre (Feltrinelli, 2013, trad. di C. Groff) Franz Kafka ha trentasei anni: è, a tutti gli effetti, un uomo adulto e maturo e non un adolescente ribelle. La gravità del j’accuse tuttavia ci dà modo di riflettere su come l’educazione ricevuta durante l’infanzia, negli anni teneri e verdi della vita, abbia influenzato la sua crescita e la sua vita di uomo.
Persino da adulto Kafka si sente smarrito e privato di un riferimento saldo perché per lui la figura del padre continua a ergersi insopprimibile come metro e misura del mondo intero. Quella legge paterna (equiparabile a quella divina) Franz Kafka, in quanto uomo, sente di averla tradita: possiamo vedere in questo un riflesso speculare di quello che in psicologia viene chiamato complesso di Telemaco, in riferimento al figlio di Ulisse.
Nel complesso di Edipo, teorizzato da Freud, l’uomo si pone come rivale del proprio padre: nel caso di Telemaco, invece, che attende il ritorno del padre possiamo riscontrare la necessità della figura paterna come guida e chiave educativa. Telemaco non è nemico del padre, ma accetta la sua autorità vedendo nella figura paterna un riferimento.
Nel caso di Franz Kafka quel riferimento è stato tradito e il bambino prima - l’adulto poi - si è trovato solo ad affrontare la vita, con l’aggravante senso di colpa di sentirsi rifiutato da quella che doveva essere la sua guida.
La conclusione della Lettera al padre di Kafka è amara. Lo scrittore fugge dal fantasma del padre - che lo perseguita anche in vita con la sua presenza ingombrante, lo spettro della sua disapprovazione - trovando rifugio nella letteratura. I libri sono l’unico luogo in cui Franz Kafka può distruggere l’ingombrante autorità paterna: sono un terreno solo suo, in cui le parole del padre non hanno peso né giudizio.
Oggi possiamo cogliere nell’alienazione che pervade tutte le opere di Kafka un riflesso speculare dell’educazione paterna. Non è certamente un caso che Kafka definisca il conflitto con il padre come una “lotta del parassita”: possiamo vedere in questo conflitto la genesi de La metarmorfosi? Cosa mai avrà condotto Kafka a immaginarsi piccolo e insignificante come un insetto?
Oggi la psicologia moderna potrebbe leggere uno dei libri capolavoro del Novecento come il riflesso immaginifico e mentale dell’ingombrante e tirannica figura paterna.
Nel finale la Lettera di Franz Kafka non sembra più essere rivolta al padre, ma a sé stesso. Kafka sembra autoassolversi dall’inettitudine che gli è stata inculcata trovando sfogo e salvezza nella scrittura. La sensazione pervasiva di fallimento, tuttavia, lo accompagna sino alla fine: persino nell’ultimo paragone lo scrittore boemo riserva, in forma di ripicca, al padre l’immagine più lucente, mentre lui si pone in ombra perché così gli è stato insegnato. Kafka è certo che il padre, nonostante tutto, continui a vedere in lui della sporcizia e sembra fare eco ai suoi pensieri guardandosi attraverso i suoi occhi:
Se al mondo ci fossimo stai solo noi due […], la purezza del mondo sarebbe finita con te, e con me sarebbe cominciata la sporcizia.
Le parole avvelenate di Franz Kafka devono essere lette e rilette in occasione della Festa del papà perché ci permettono di comprendere le influenze che certi stili educativi, certe posizioni o atteggiamenti possono avere sui figli.
Tutto ciò di cui un bambino ha bisogno, in fondo, per crescere sano è forte è essere amato e, soprattutto, essere accettato per quello che è, altrimenti nella vita - se gli è mancata questa sicurezza totale data dalle radici - non ci sarà alcun amore capace di offrire riparo alle sue insicurezze.
La Lettera al padre rappresenta tuttora un efficace strumento di riflessione sul rapporto educativo e il problema, attualissimo, del conflitto generazionale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Perché bisogna leggere “Lettera al padre” di Franz Kafka
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