Lo sconosciuto
- Autore: Irene Némirovsky
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2018
Di Irène Némirovski negli ultimi anni sono state tradotte molte opere: la più famosa, Suite Francese, ha avuto una risonanza mondiale. Proprio da questo romanzo, le edizioni Dehoniane hanno tratto una breve novella, Lo sconosciuto, proponendola in versione cartacea e in e-book.
Dell’autrice, dobbiamo ricordare che nata nel 1903 a Kiev, in Ucraina, da una famiglia benestante di origine ebraica, dopo un’infanzia difficile dovette riparare in Finlandia, poi in Svezia e infine in Francia in seguito allo scoppio della rivoluzione russa. Convertitasi al cattolicesimo nel 1939, fu comunque arrestata in quanto ebrea nel 1942 e morì di tifo ad Auschwitz un mese dopo.
Il racconto di cui ci occupiamo risente naturalmente di questa atmosfera plumbea di violenza, persecuzione, miseria e pericolo, essendo ambientato nel maggio del 1940 in una stazione ferroviaria di una cittadina del Nord della Francia, invasa da profughi provenienti da zone occupate dai tedeschi: Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo.
Nel disordine e nella disperazione di tanta gente ammassata (donne che partoriscono, vecchi malati, soldati feriti, tutti in attesa di prendere treni che non arrivano, sperando di scampare ai bombardamenti), si ritrovano semisdraiati sul marciapiede due fratelli, Claude e François, tornati in licenza dai rispettivi campi di combattimento per partecipare alle nozze della sorella.
Claude è il più giovane, vivace e desideroso di dimostrare il proprio amor di patria in battaglia; François (più anziano, stanco, privo di illusioni e preoccupato per aver dovuto lasciare la moglie e i bambini), tradisce un tormento interiore che fatica a comunicare.
La notte era così limpida che si potevano vedere distintamente i volti disfatti, i vestiti sgualciti, i fagotti di biancheria e di poveri stracci, talvolta una gabbia d’uccelli coperta da un pezzo di stoffa scura, oppure una cesta dove miagolava un gatto, anche una barella.
Nello squallore che li circonda, François confida finalmente a Claude un episodio recente occorsogli durante un pattugliamento isolato, in cui si era trovato a uccidere un giovane soldato tedesco.
Rimasto accanto al cadavere del nemico sconosciuto, fruga nel suo portafoglio per recuperarne i documenti da inviare eventualmente alla famiglia. Tra varie fotografie, ne scopre una che ritrae i genitori del ragazzo: con stupore e sgomento riconosce nel padre di lui le sembianze del suo, disperso in Germania durante la prima guerra mondiale. Ricostruisce così la vicenda paterna, sempre ignorata, ma forse supposta e temuta: un ferimento, una probabile diserzione, e l’esistenza ricostruita oltre confine formando una nuova famiglia.
Confrontatosi con Claude, François – assassino di un proprio fratello, nel ruolo inaspettato e crudele di novello Caino (“una cosa così … così straordinaria e così tragica”), si chiede se sia opportuno recuperare i rapporti con la matrigna tedesca, per concludere alla fine che “Ci sono cose che è meglio non dire”.
L’approfondita postfazione di Jean-Louis Ska perviene a una conclusione veritiera, anche se un po’ scontata:
Gli uomini sono fratelli e sono le circostanze o i discorsi ideologici che li trasformano in nemici.
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