Maremmana
- Autore: Mariacristina Di Giuseppe
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2019
Avete presente il nitore di certi azzurro-cielo in primavera? Bene, la scrittura di Mariacristina Di Giuseppe è così. Per quanto mi riguarda è stata una riprova: Sale di Sicilia (2016) sfoggiava già una luminosità formale che questo Maremmana (Navarra, 2019) bissa e comprova fino in fondo. Il tratto narrativo dell’autrice si conferma carsico, esatto, come si addice al profilo di un romanzo interiore, ma senza supponenza. Che estende anzi ad ambiti olistici, la comune accezione del romanzo di formazione.
Anti-eroina del libro è una giovane donna di famiglia agiata. Lorenza rimane orfana a vent’anni e sembra precocemente arresa a una quotidianità anaffettiva, senza slanci. Il coinvolgimento nella ristrutturazione di un vecchio casale in Maremma le si presenterà come possibile riapertura al mondo e alle relazioni. Come circostanza per re-inquadrare la vita da prospettive ulteriori.
Ridotta in pillole, la storia sarebbe questa, ma da qualsiasi lato lo si affronti Maremmana gronda di stratificazioni aggiunte, figlie di una gestazione goduta e ponderata. Si vede e si sente. L’apparente lievità di cui l’autrice dota il romanzo, converte in paradigma universale passaggi che a prima vista potrebbero sembrare propaggini di una vicenda del tutto personale.
L’agriturismo si snocciolava con il suo corpo centrale e i suoi tanti annessi su un terreno irregolare e collinoso, punteggiato prevalentemente da alberi da frutto e da ulivi. I campi coltivati tutt’attorno godevano, al contrario, della comodità della pianura. Poco lontano, un boschetto di castagni completava il quadro degno di un fine macchiaiolo. Lorenza percepì la bellezza del luogo senza coglierla pienamente. Imbruniva ed era stanca e pensierosa.
Per Lorenza non andrà sempre così. La scoperta di una nuova rete relazionale e di una natura portatrice di autenticità, la condurranno a una diversa percezione di se stessa e della vita. La condurranno ad accettarne, in primo luogo, i rischi che ne sono, in qualche modo, una propaggine.
“Maremmana” si snoda quindi attraverso la triplice direttiva
- metabolizzazione del dolore
- riappropriazione del sé
- rinascita.
Erano passati due anni. Era vero ma non del tutto esatto. Occorreva cambiare prospettiva, e con essa le parole (…) Erano, dunque, trascorsi settecentotrenta giorni, o giù di lì, dall’arrivo di quel pacco lasciato da Lorenza sul tavolo della cucina; settecentotrenta giorni, per amare e poi odiare, per costruire e poi distruggere, e di nuovo per amare, e ancora per ricostruire. Lorenza sentiva di avere attraversato minuti lunghi come ore, mesi dilatati come anni, ma tutto, al contempo, le appariva denso e moltiplicato. Stava vivendo una stagione diversa da tutte le precedenti e capiva di trovarsi a un giro di boa, senza sapere in quale mare e su quale imbarcazione.
Non vi svelo se a questo punto Lorenza capisce o no che il segreto sta in questo: rendersi disponibile al “mare aperto”, ben disposta agli sliding doors che l’esistenza ci offre per il solo fatto di esistere.
Non so nemmeno se c’entra col senso ultimo del romanzo, a me sembra di sì: ho finito di leggere Maremmana e mi è tornata in mente una frase di Marco Aurelio. La frase suona più o meno in questo modo:
Basta poco per rendere felice una vita; è tutto dentro di te, nel tuo modo di pensare.
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