Nel fumo di Londra di Margery Allingham

«Potrebbe essere semplicemente un ricatto» disse speranzoso l’uomo sul taxi.

Geoffrey Levett è sui trent’anni. Un uomo ricco e di successo che ha sfruttato il dopoguerra per quadruplicare in borsa il suo patrimonio e che, sotto le parvenze di uomo d’affari, nasconde una personalità nobile e generosa che lotta per venire alla luce. Accanto a lui, sul taxi che procede a singhiozzi nell’infernale traffico londinese, vi è Meg Elginbrodde, sua futura moglie. Capelli biondi, grandi occhi di un colore più chiaro dell’azzurro scandinavo e un animo sincero e privo di qualsiasi malignità, incapace di far fronte alla crudeltà che la circonda.
I due parlano di una foto. Una foto che mostra il maggiore Martin Elginbrodde, ex-marito di Meg dato per morto in guerra, apparentemente vivo e vegeto e circolante per le strade di Londra. Come si reagisce scoprendo che il marito, che si aveva perdutamente amato e che si era creduto morto, è tornato miracolosamente in vita prima del tuo matrimonio con un altro uomo?

Chiamati a indagare sull’inverosimile “apparizione”, Albert Campion, l’eroe dell’autrice inglese, assieme all’ispettore capo Charles Luke, un omone gesticolante, dalla mente acuta e dal fascino magnetico (che è forse più protagonista di quanto non lo sia Albert Campion) arriveranno a scoprire che dietro le foto si cela molto più del semplice ricatto ipotizzato da Geoffrey. E, nel frattempo, i due devono affrontare anche un secondo problema molto più grave: un assassino è evaso dalla prigione e si aggira per Londra pugnalando a morte persone innocenti. È Jack Havoc, una vera incarnazione della malvagità umana, un animale raro e pericoloso, il reietto che ogni branco ogni tanto produce. Ma a ogni nuovo assassinio di questo killer, i due
detective sospettano sempre più che le due indagini sono solo apparentemente scollegate. Sospetto che viene definitivamente confermato quando Geoffrey Levett scompare misteriosamente.

In una vecchia città indemoniata irritabile e semicieca, Londra, dove la violenza è sempre presente sotto l’apparente bonarietà, Margery Allingham costruisce un romanzo giallo, "Nel fumo di Londra", dove si intrecciano l’amore presente
e l’amore passato e in cui dà prova di poter creare picchi di tensione con la stessa facilità con cui li manda in cenere, trascinando il lettore impotente come più le aggrada dalla prima all’ultima pagina. Allingham ha la straordinaria capacità di far muovere i propri personaggi come se fossero su un palco. Così, li vediamo entrare
e uscire sgambettanti di scena davanti ai nostri occhi, come a teatro. È una capacità unica, quella dell’autrice inglese, capace di animare anche le scene più statiche.
Ma non sono i personaggi i veri protagonisti del romanzo: protagonista, unica e accreditata, è la nebbia, un nebbione terribile, fitto sporco ed esasperante, il
cui pari non si ricorda a memoria d’uomo. È la nebbia che intensifica l’atmosfera di eccitazione repressa, è la nebbia a limitare gli interventi della polizia, è la nebbia a coprire la fuga del crudele assassino e della sua banda di derelitti ed è ancora la nebbia che non consente di riconoscere gli amici dai nemici. Si direbbe quasi
che il problema, il punto cruciale, la questione da risolvere per riportare la stabilità sia la nebbia che avvolge Londra in una sorta di perenne oscurità, privando gli uomini del loro senso principale, la vista e rendendo angosciante anche il tragitto a piedi più breve.
La singolare abilità con cui Margery Allingham dispensa le informazioni, porta a leggere il romanzo tutto d’un fiato, in un saliscendi di tensione e di emozione che proietta la mente in un mondo impegnato a riprendersi dalle crude atrocità della guerra e che cattura l’attenzione senza mai svincolarla, fino alla stravolgente “liberazione” del finale.