Conosciamo Emily Brontë, in virtù del suo capolavoro Cime tempestose (1847), ma spesso tendiamo a ignorare che fu anche poetessa di talento; anzi, la poesia fu proprio il principio della sua scrittura, l’origine magmatica dalla quale scaturì tutto il resto. Esiste una Emily Brontë anche oltre Cime tempestose, come dimostra l’appassionata lirica No coward soul is mine, tradotta in italiano come Nessuna anima codarda è la mia o Non è vile la mia anima, scritta nel 1846.
La poesia fu inserita nella raccolta Poems of Currer, Ellis and Acton Bell (tradotta in italiano per Mondadori da Anna Luisa Zazo), la prima pubblicazione ufficiale delle sorelle Brontë che comprendeva la produzione lirica di Charlotte, Emily e Anne. Vendette appena due copie e ricevette recensioni altrettanto scarse, ma rappresentò l’irruzione delle tre autrici - celate dietro pseudonimi maschili - sulla scena letteraria del tempo.
Quello che non tutti i lettori sanno, forse, è che in origine quell’esordio letterario fu ispirato a Charlotte Brontë dalla lettura delle poesie di Emily.
Charlotte le lesse di nascosto dalla sorella e, una volta intuitane la grandezza, decise di farne un’operazione editoriale collettiva coinvolgendo anche la minore, Anne. I critici sono concordi nel dire che il talento letterario di Emily, come poetessa, fosse superiore a quello delle due sorelle e che, senza lo zampino dell’intraprendente Charlotte, la raccolta Poems sarebbe potuta essere pubblicata anche a nome di Emily che, da sola, ne innalzava il valore lirico.
Emily Brontë non voleva che le sue poesie fossero pubblicate: le scriveva di nascosto, in silenzio, come un dialogo dell’anima o una confessione, mentre nella sua mente si preparava il vero “poema epico”, ovvero Cime tempestose. Se non fosse morta a neanche trent’anni, strano destino che la accomunò a Shelley e Keats, forse anche Emily Brontë sarebbe potuta diventare una delle voci più iconiche e rappresentative della poesia vittoriana.
Nessuna anima codarda è la mia è una lirica di pregio e potrebbe essere considerata un manifesto di poetica. In questi versi troviamo già il principio di Cime tempestose, lo slancio immaginifico, l’enfasi spirituale unita a alla solenne topografia di un’anima appassionata. Vediamone testo e analisi.
“Nessuna anima codarda è la mia” di Emily Brontë: testo
Non è vile la mia anima
non trema nella tempestosa sfera del mondo
vedo risplendere la gloria celeste
risplende così la mia fede
armandomi contro ogni paura
O Dio nel mio cuore,
onnipotente, onnipresente Divinità
vita, che in me riposa,
come io, Vita Immortale, ho forza in te.
Vane sono le mille convinzioni
vive nel cuore degli uomini, inesprimibilmente vane,
come erba avvizzita non hanno forza,
come la pigra schiuma tra le libere ondePer suscitare dubbi in chi crede
così intensamente alla tua infinità
in chi con tanta certezza si regge
alla salda roccia dell’immortalità
Con amore che tutto abbraccia
il tuo spirito anima gli anni dell’eternità
pervade e in alto si libra,
muta, sorregge, dissolve, crea e serba la vitaSe terra e luna svanissero
se cessassero di esistere soli e universi
se tu solo esistessi
ogni esistenza esisterebbe in te
Non vi è spazio per la morte
non un solo atomo che la sua forza possa annientare
poiché tu sei Essenza e Respiro
e quel che tu sei non può venire distrutto.
“Nessuna anima codarda è la mia” di Emily Brontë: analisi e commento
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Contrariamente a quanto si possa pensare, il tema centrale della lirica non è l’amore, ma la Fede, che tuttavia rappresentava la più alta forma d’amore nella concezione di Emily Brontë, figlia di un pastore protestante.
Per comprendere appieno i toni e gli accenti di questa poesia, No coward soul is mine, è necessario contestualizzarla nell’esistenza della sua autrice: Emily, la seconda delle tre sorelle, condusse una vita isolata, quasi claustrale, nella canonica di Haworth immersa nella brughiera dello Yorkshire.
Questi paesaggi selvaggi e aspri, perennemente spazzati dal vento sotto cieli plumbei di tempesta, vennero profondamente interiorizzati dall’autrice che ce li ha restituiti attraverso una scrittura intensa, dagli accenti quasi mistici. Emily Brontë trascorse tutta la propria esistenza nella brughiera, senza allontanarsene mai, salvo un viaggio a Bruxelles in compagnia di Charlotte dal quale tornò più delusa che rapita. Fragile di salute, costretta a salvaguardarsi e a tutelarsi, Emily sviluppò un’immaginazione sconfinata in grado di trasportarla oltre i rigidi confini di quel mondo che era il suo rifugio, ma anche la sua prigione.
Nessuna anima codarda è la mia è una poesia rappresentativa di questa visione, perché parte da una concezione intima, individuale, la topografia di un’anima, per culminare inaspettatamente nell’universale: la simbiosi tra l’individuale e l’universale è la potente immagine simbolica che chiude la poesia, l’Essere diventa Tutto. L’inizio è singolare, “anima”, ma la conclusione è plurale: “universi”.
Il “tu” non meglio espresso cui si rivolge la poetessa potrebbe avere un significato ambiguo. A una prima lettura si potrebbe credere che questa poesia sia destinata a un amante, con lo stesso tono appassionato di Cime tempestose (in cui, in realtà, a una lettura più attenta, si scopre che l’amore travolgente tra Catherine e Heathcliff ha un ruolo marginale, occupa solo un terzo del racconto); invece è la Fede la vera protagonista, ciò che garantisce alla poetessa, accesa da una sorta di misticismo, l’immortalità dell’anima. La vita eterna è promessa dall’onnipotenza di Dio che, come teorizza la lirica, vive nella profondità dell’anima di ogni uomo. Convinta della presenza di Dio in sé, la poetessa si sente sicura e protetta da tutti i pericoli del mondo; in questo senso deve essere interpretato il titolo Nessuna anima codarda è la mia.
La forza della fede, l’amore riposto in Dio, rende l’anima forte e non timorosa del destino, conscia di poter affrontare qualsiasi ostacolo le si pari dinnanzi. Come proposto dall’ardente metafora del primo verso: il mondo può essere tempestoso, sconvolto dalle sue quotidiane apocalissi, ma l’anima non trema, rimane salda e sicura in sé stessa. A dominare è la concezione protestante della voice within, dello spirito interiore che anima e guida.
Quelli di No coward soul is mine erano anche i versi preferiti di un’altra poetessa Emily Dickinson, che con la Brontë presenta varie somiglianze, che vanno oltre al nome: entrambe vissero un’esistenza ritirata e schiva, raggiunsero un certo grado di misticismo anche in virtù del loro candore virginale, vivendo nell’attesa - ribadita nelle loro liriche - dell’Immortalità. Narrate senza cognome, semplicemente parlando in maniera generica e vaga di una “Emily poetessa”, le loro vite parrebbero identiche o, se non altro, parallele: entrambe non volevano pubblicare le loro poesie. Le liriche di Emily Dickinson furono scoperte per caso, dopo la sua morte, dalla sorella Lavinia; così come Charlotte scoprì le poesie di Emily, convincendo la sorella riottosa a pubblicarle e a uscire dal suo amato cono d’ombra. Nessuna anima codarda è la mia fu una delle ultime poesie scritte dalla seconda delle sorelle Brontë prima di approcciarsi al suo capolavoro letterario Wuthering Heigths. Nei versi di questa lirica, infatti, possiamo già trovare i toni e gli accenti di sublime intensità che animano Cime tempestose: una sorta di incipit del romanzo, divenuto un classico della letteratura inglese, sotto forma di poesia.
La pienezza dell’amore di Catherine e Heathcliff è data da una sostanza spirituale, come ci indica anche una celebre citazione:
“Non so di cosa siano fatte le nostre anime, ma la mia e la sua sono identiche.”
La mistica unione delle anime era già anticipata da questi versi che sembrano farsi preludio a un’estasi mistica. Emily Brontë, nel suo romanzo, affermava la forza di un amore che andava oltre la Realtà, l’amore inteso come potere trascendente: tale concezione poteva derivarle solo dalla Fede espressa, con accenti d’intensità commovente, in questa lirica. Emily Brontë non aveva conosciuto l’amore carnale, forse aveva conosciuto l’amore umano - o comunque una forma passionale di amore che molti critici associano al fratello Branwell, probabilmente l’ispirazione terrena di Heathcliff - ma la sua visione amorosa fu fortemente contaminata dalla certezza dell’amore di Dio, dalla fede che le era stata impartita sin dall’infanzia - come lezione di vita - nella canonica dal reverendo Patrick Brontë.
La radice dell’amore sconvolgente, viscerale, appassionato che ancora oggi conquista milioni di lettori in tutto il mondo è da ricercarsi in No coward soul is mine: l’amore nel pieno senso del termine partiva dall’individuale, dall’anima che ha interiorizzato Dio, e si estendeva all’universale.
Curioso infine pensare che l’altra Emily, ovvero Dickinson, volle che proprio questa poesia di Brontë fosse letta al suo funerale. Non poteva immaginare, forse, che post mortem avrebbe eguagliato il destino letterario della sua beniamina e omonima.
Alla luce dei fatti questa lirica potrebbe essere ribattezzata con un nuovo titolo: “The Tales of Two Emily”, la storia delle due Emily. Talvolta pare difficile, leggendo il testo, intuire quale delle due - Dickinson o Brontë - ne sia la vera autrice: si rivela, in maniera così nitida da dare i brividi, un’indubbia affinità d’anime.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Nessuna anima codarda è la mia”: la poesia d’amore di Emily Brontë
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