Notte, Nebbia. Racconto di Gusen - Lodovico Barbiano
- Autore: Belgiojoso
- Casa editrice: Hoepli Editore
- Anno di pubblicazione: 2009
Nell’ormai vasta letteratura dedicata alla Shoah dai testimoni, questa era una preziosa tessera che mancava. Si tratta del racconto in prima persona della deportazione del grande architetto milanese Lodovico Barbiano di Belgiojoso, avvenuta a Milano il 21 marzo 1944. Belgiojoso aveva dato vita nel 1932 allo studio BBPR, che qualunque architetto conosce molto bene: si tratta dei celebri Gian Luigi Banfi, Ernesto Nathan Rogers, Enrico Peresutti oltre allo stesso Barbiano di Belgiojoso. I quattro giovani professionisti allo scoppio della guerra si schierano dalla parte dell’antifascismo e dopo l’8 settembre iniziano un’attività cospirativa vera e propria. Mentre l’ebreo Nathan Rogers ripara in Svizzera, Belgiojoso e Banfi si avvicinano al Partito d’azione e ai gruppi di partigiani operanti nella zona di Lecco. Purtroppo a causa di una delazione vengono arrestati e portati dapprima a San Vittore, dove subiscono feroci interrogatori da parte di fascisti ma anche di ufficiali della Gestapo e tenuti in isolamento; successivamente spediti al campo di Fossoli, da dove viene tentato un piano di evasione che fallisce. A quel punto c’è Mauthausen, al cui arrivo lo choc è drammatico. La quarantena, l’incontro con tutta Europa, tante erano le nazionalità presenti al campo (spagnoli, belgi, jugoslavi, russi soprattutto): i detenuti vengono denudati e rasati, non possiedono nulla e, per non abbrutirsi succhiando la zuppa da un catino, riescono a costruirsi una sorta di paletta con cui si aiutano a trangugiare la poca sostanza contenuta nella brodaglia che è l’unico cibo consentito.
Ma il peggio giunge con il trasferimento a Gusen, poco lontano da Mauthausen. I due amici vengono separati, Banfi (Giangio) spedito a Gusen II, mentre Belgiojoso resta a Gusen I.
“Il campo era solo sofferenza. La sofferenza riempiva ogni spazio, come qualcosa di solido… Ciascuno aveva con sé il proprio male, che cresceva ogni giorno, e quando diminuiva in un punto del corpo o dell’animo, subito aumentava in un altro…. Stavamo perdendo la coscienza del tempo come misura da imporre ai propri atti: domani sarebbe stato come ieri e come oggi, con un male in meno e due mali in più….”
I racconti del testimone lucido, dell’intellettuale raffinato, dell’aristocratico finito in un girone infernale, esprimono il dolore, la fame, il terrore, la malattia, la perdita della speranza, la dignità da conservare, la bestialità dei kapò, la follia in cui cadevano i prigionieri, la paura della morte, la stanchezza terribile. Si trova ad assistere a spettacoli di una crudeltà inaudita, a partecipare ad esecuzioni brutali e sommarie, a veder morire i suoi più cari compagni, nel tentativo sovrumano di resistere, di non cedere alla disperazione. Belgiojoso incontra nel lager amici preziosi che lo aiuteranno nello sforzo titanico della sopravvivenza, alcuni dei quali riusciranno ad uscire vivi e resteranno suoi amici dopo: il pittore Aldo Carpi, il grafico Germano Faccetti, Gianfranco Maris, che sarà il Presidente dell’Aned, l’Associazione che raccoglie gli ex deportati nei campi di sterminio.
Purtroppo non sopravvive l’altro grande architetto italiano, Giuseppe Pagano, giunto a Mauthausen già morente.
La peculiarità di questo piccolo libro sta anche nelle testimonianze grafiche: i disegni, gli schizzi, semplici bozzetti appena accennati ci restituiscono l’immediatezza di un’atmosfera di terrore, che la penna dell’architetto ha saputo condensare in una sintesi espressiva eloquente, capace di suscitare l’indignazione che, dopo cinquantacinque anni dai fatti narrati, deve restare una costante nella memoria dei cittadini europei. Senza memoria non c’è storia e, data l’ormai quasi totale scomparsa dei diretti testimoni (Shlomo Venezia è appena mancato), un libro ricostruito sui ricordi da un uomo di cultura, capace quindi di esprimere con parole misurate l’orrore assoluto vissuto nel lager, è un’operazione meritoria che la casa editrice Hoepli ha compiuto nel 2009, nel centenario della nascita di Lodovico Belgiojoso.
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