Noverar le stelle
- Autore: Marco Pivato
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Donzelli
- Anno di pubblicazione: 2015
“Noverar le stelle” è il libro di Marco Pivato, sottotitolato “Che cosa hanno in comune scienziati e poeti” (Donzelli, Roma, 2015), reca in copertina l’armoniosa pittura di Vincent van Gogh “Notte stellata sul Rodano” (1888, Parigi, Musée d’Orsay). Si amalgama questo dipinto con l’intitolazione che riprende un verso amato dalla poesia lirica: non a caso, entrambi esprimono il fascino dell’immensità dinanzi alla quale lo sguardo dilata tempi e spazi. E’ lo struggimento d’amore che indusse il Petrarca “ad annoverar le stelle” (“Canzoniere”, 157): contarle e numerarle. Di certo, è impresa impossibile, ma metaforicamente l’aritmetica dell’esistenza connota un intimo impulso creativo: il sublime desiderio dell’altrove. Di questo verso, su un piano di cosmicità, si servì, a distanza di secoli, Leopardi nel “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”: anche se le domande sul segreto della vita, poste alla luna, rimangono mute e se la natura è vista come “matrigna”, il poeta si sente attratto dallo scenario notturno del firmamento, immergendosi quasi in una sorta di danza astrale per trovare forse quella felicità negata dal vivere quotidiano.
L’operetta di Marco Pivato, che contiene cinque capitoletti, ciascuno dei quali è suddiviso in paragrafi, con una scrittura piana e limpida affronta argomenti che coinvolgono la sintesi delle cosiddette due culture: tematica, questa, tipica degli anni Sessanta quando ancora, sulla base dei pregiudizi crociani, era in vigore non solo la separazione dell’umanesimo dal discorso scientifico, ma la supremazia del primo rispetto alla ricerca sperimentale. Il discorso, che adesso sin dalle prime pagine s’apre a nuovi orizzonti, offre una panoramica sulle zone d’intersezione fra dette culture. Sinergie plurime a partire dalla sensazione dell’arcano che strega scienziati e poeti. Non è forse il mistero a generare “un anelito”, “una volontà di conoscenza che si alimenta delle proprie mancanze”? Questo, in sintesi, l’interrogativo di fondo che abbraccia scienza e poesia, impegnate a ricomporre un ordine, “a ricostruire”, direbbe il citato Mario Luzi, “un universo perduto”. Analogamente fa la scienza che si interroga e “aguzza lo sguardo nel buio” per interpretare il mondo, conferendogli un senso. Pivato scrive:
“Proprio scienza e poesia, ognuna attraverso i propri mezzi, (…) cercano l’essenza della materia, dello spazio, del tempo, l’origine e il senso dell’uomo, della sua direzione, lanciando domande con grandi megafoni, siano essi acceleratori di particelle, siano essi versi”.
Lo studioso focalizza l’attenzione su diversi aspetti di entrambe le ricerche, mentre l’aggiornata documentazione rimanda ad un’ampia bibliografia sulle tematiche considerate: un libro, quindi, che vale la pena di leggere per la ricchissima varietà. Vi si trovano informazioni sui processi cognitivi e sul codice genetico, sulle teorie scientifiche con la puntualizzazione della fisica quantica, nonché del principio di indeterminazione formulato da Heisenberg. Si possono indicare le pagine fresche e vivaci e suggestive che vanno dalla meraviglia, originaria fonte della conoscenza, all’amore considerato dalla poesia fino all’approccio scientifico della melanconia. E’ il capitoletto conclusivo a scolpire incisivamente le sinergie di due saperi in una ricerca interdisciplinare che rende affabile l’ineffabile. Le stelle non solo brillano, ma sono anche intime al cuore e alla ragione.
Noverar le stelle. Che cosa hanno in comune scienziati e poeti
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