Le Operette morali di Giacomo Leopardi sono una raccolta di 24 testi in prosa (dialoghi e novelle) scritti tra il 1824 e il 1832 e pubblicati nella loro versione definitiva ("corretta e accresciuta") nel 1835 a Napoli, presso l’editore Starita. Sebbene il progetto di scrivere delle "prosette satiriche" si possa far risalire al 1820, solo quattro anni dopo l’idea trova un effettivo sbocco maturo: sono gli anni del silenzio poetico di Leopardi, della sua svolta filosofica (il passaggio dal materialismo storico a quello cosmico) e dell’abbandono di Recanati.
Il titolo riassume due caratteristiche fondamentali dell’opera. Hanno un contenuto filosofico (sono "morali"), ma sono "operette", dunque componimenti brevi, satiricamente presentati come minori sia nella loro mole che nel loro valore, distanti dai pericolosi trattati di filosofia, che non fanno altro che allontanare l’uomo dalle illusioni. In conformità con il progetto, lo stile scelto dall’autore per i testi è uno stile satirico, incisivo, ironico, lucido.
Le Operette contengono di fatto la narrativizzazione di molti spunti, appunti e osservazioni contenuti nello Zibaldone e si concentrano principalmente sul rapporto tra l’uomo e la Natura, il confronto tra passato e presente, la potenza delle illusioni, la gloria e la noia.
Ecco l’elenco nel dettaglio dei 24 testi, con una breve sintesi di ciascuno di essi, e un commento complessivo dei temi affrontati.
Operette morali: elenco e breve descrizione
La versione definitiva delle Operette morali è costituita dai seguenti 24 testi:
- Storia del genere umano: gli uomini, apparsi sulla Terra, si annoiano e si fanno del male a vicenda. Giove, convinto che l’infelicità umana sia segno della sua imperfezione, decide così di inviare loro piaghe e malattie, affinché si rendano conto del valore della vita, e illusioni, perché non soccombano al dolore e alla noia. Dopo questo primo vano tentativo, Giove manda tra di essi anche i valori etici e morali (Virtù, Gloria e Coraggio); gli uomini sembrano risollevarsi, ma presto nascono anche Odio, Malvagità e Crudeltà. Solo a questo punto Giove manda sulla Terra Verità e Amore: la prima priva l’uomo delle illusioni, ma il secondo può consolare i mortali da questo trauma.
- Dialogo di Ercole e di Atlante: Ercole propone ad Atlante di sostenere per un po’ il peso della Terra che il gigante regge sulle spalle, ma Atlante rifiuta l’aiuto: gli uomini son talmente insignificanti che il peso non è così gravoso. Per "svegliarla" i due iniziano a giocare a palla con essa.
- Dialogo della Moda e della morte: Moda e Morte sono sorelle, entrambe figlie di Caducità. Riconosciuta la loro somiglianza e la loro parentela, le due si accordano per trarre "miglior partito" da ogni situazione (e dal dolore degli esseri umani).
- Proposta di premi fatta all’Accademia dei Sillografi: è una satira contro il progresso ("le magnifiche sorti e progressive" della Ginestra). L’Accademia propone tre premi per chi saprà costruire automi utili per l’umanità: un robot che rappresenti l’amico perfetto, un uomo "atto a fare cose grandiose e magnanime", la donna ideale.
- Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo: dalle profondità della Terra uno Gnomo è inviato a scoprire per quale motivo gli uomini siano spariti. Il Folletto che incontra gli racconta come si sono estinti (guerreggiando, viaggiando, uccidendosi...) ed entrambi concordano che, anche senza genere umano, al pianeta in fondo non manca nulla e tutto continua a scorrere.
- Dialogo di Malambruno e Farfarello: il mago Malambruno invoca i demoni infernali: compare Farfarello, disposto a esaudire qualsiasi suo desiderio. Il mago non desidera però ricchezza, donne o potere, vorrebbe solo essere "felice per un momento" o quantomeno essere liberato dall’infelicità. La risposta del diavolo è in entrambi i casi negativa: queste condizioni fanno intrinsecamente parte della natura umana. Se per l’essere umano ogni sentire è patire, gli unici due rimedi sono il sonno senza sogni e la morte.
- Dialogo della Natura e di un’Anima: la Natura, dopo aver messo al mondo un’Anima pronta ad acquistare la sua componente corporea, le predice infelicità eterna, direttamente proporzionale alla sua grandezza. Da qui prendono il via una serie di considerazioni sull’infelicità umana, maggiore negli uomini più grandi e più sensibili, e la richiesta da parte dell’Anima neonata di poter morire al più presto.
- Dialogo della Terra e della Luna: annoiata, la Terra inizia a dialogare con la sua "compagna di viaggio", chiedendole notizie sulla sua condizione e sui suoi abitanti. La Luna, però, risponde di non essere simile alla sua "Signora" e le fa notare che non tutto l’Universo è fatto su misura della Terra o dipende da lei. Per di più, la condizione dei suoi abitanti non solo è insignificante, ma è infelice, e l’unico conforto può essere cercato nel sonno.
- La scommessa di Prometeo: le divinità competono per dimostrare chi di esse ha compiuto la più utile invenzione del mondo: Bacco (vino), Minerva (olio) e Vulcano (pentola). Prometeo, deluso per la sua esclusione dalla rosa dei finalisti, è convinto che l’uomo sia invece la migliore invenzione possibile e scommette con Momo di avere ragione; per dimostrarlo, basterà fare un giro sulla Terra attraverso i suoi cinque continenti. I due faranno però tre incontri terribili: un selvaggio che mangia il proprio figlio, una vedova arsa viva, un uomo che uccide la famiglia e poi si suicida. La scommessa si ferma a tre continenti e Prometeo sconfitto paga il suo pegno.
- Dialogo di un fisico e di un metafisico: il fisico e il metafisico appartengono a due schieramenti di pensiero opposti: il primo, convinto che l’uomo desideri vivere in eterno, è "scopritore e sostenitore dell’arte di vivere lungamente"; il secondo ritiene questa scoperta pericolosa se non affiancata dalla possibilità di vivere anche "felicemente", sostiene che l’uomo desideri piuttosto la morte e che la vita umana sia tanto meno infelice quanto più libera dalla noia. Se il fisico desidera aggiungere alla vita umana altri giorni, anche infelici, il metafisico preferisce i pochi giorni felici concessi all’uomo.
- Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare: uno spirito fa visita a Tasso, rinchiuso nell’Ospedale di Sant’Anna e costretto a rifugiarsi nei ricordi, nell’immaginazione e nei sogni. Con esso il poeta instaura un dialogo scandito da tre domande: cos’è il vero? Cos’è il piacere? Cos’è la noia? Tasso, tramite il Genio, riflette sul desiderio, su quanto la lontananza e l’immaginazione aumentino la bellezza di ciò che sogniamo, sul fatto che il piacere non sia mai presente, ma sempre legato a un ricordo o a una speranza, sulla noia e il suo peso insopportabile.
- Dialogo della Natura e di un Islandese: giunto in Africa "fuggendo la Natura", un Islandese incontra proprio l’odiata nemica e le racconta le proprie peregrinazioni: convinto della "vanità della vita" e "della stoltezza degli uomini" e a caccia di tranquillità, ha cercato prima di allontanarsi dagli uomini, poi a cambiare "luoghi e climi" alla vana ricerca di un posto dove trovare una condizione favorevole alla vita. Giunto alla conclusione che l’uomo sia destinato alla sofferenza in qualsiasi angolo del mondo, l’Islandese accusa la Natura di essere "nemica scoperta degli uomini", sempre pronta a insidiare, offendere e opprimere le sue stesse creature. Alle sue accuse, la Natura risponde serafica: davvero l’uomo credeva che il mondo fosse fatto per causa sua? O che siccome lo abita non per sua scelta gli sia dovuta una minore infelicità? L’universo non è altro che un continuo circolo di produzione e distruzione, in cui chi è distrutto soffre e chi distrugge presto sarà distrutto a sua volta. A questo punto, l’Islandese pone un’ultima questione: tutto questo, allora, a chi giova? La domanda resterà senza risposta: l’uomo sarà sbranato dai leoni o trasformato in mummia da una tempesta di sabbia.
- Il Parini, ovvero Della Gloria: divisa in dodici capitoli, questa lunga operetta è incentrata sulla figura di Parini, che mette in guardia un promettente allievo sugli ostacoli che incontrerà e sulla vanità della gloria. Non solo: Parini si lamenta dell’inutilità della virtù poetica in una società attenta solo alla prosa di consumo e riflette sui meccanismi di valutazione di un’opera letteraria. Il genio può accontentarsi solo della gloria che riesce a riscuotere in un cerchio ristretto di persone, nella speranza che in futuro le sue opere vengano apprezzate. Ma chi dice che il futuro sia migliore del presente?
- Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie: l’archeologo e scienziato Federico Ruysch a mezzanotte è spaventato da un suono che arriva dal suo laboratorio: le mummie lì conservate stanno declamando dei versi sul destino dei vivi e dei morti. Vinta la paura, Ruysch scopre che tutti i morti recitano quei versi al compiersi di "un anno grande e matematico" e che per un quarto d’ora potranno rispondere alle sue domande. Incuriosito, l’archeologo chiede informazioni circa lo stato dei morti e il passaggio tra la vita e la morte: la morte è simile al sonno e non è dolorosa, ma libera l’uomo dalla sofferenza.
- Detti memorabili di Filippo Ottonieri: divisa in capitoli, narra in stile biografico di Filippo Ottonieri. Dopo il suo ritratto filosofico, si apre una sezione più aforistica, in cui si riflette sul piacere (il suo desiderio è inestinguibile e infinito), sul dolore, sui tipi di uomini ("mediocri", "volgo" e "sommi"), sui tipi di vecchiaia ("venerabile", "abbominabile" e "tollerabile"), sull’egoismo, sul rapporto tra vero e bello, sul valore di un buon scrittore.
- Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez: stanchi della traversata, Colombo e Gutierrez si confidano. Colombo non è più sicuro della rotta, ma la navigazione è di per sé una piccola gioia: lo distoglie dal pensiero dell’inutilità della vita. Essere costantemente esposti ai pericoli, infatti, ricorda all’uomo quanto abbia cara la vita; la lontananza dalla terra ferma è motivo di felicità. Ma subito, in lontananza, i due scorgono la riva.
- Elogio degli uccelli: il filosofo Gentiliano (detto Amelio) scrive un elogio delle creature più felici del creato, gli uccelli. Il loro cinguettio continuo è simbolo di felicità; sono animali in grado di fuggire dalle tempeste (volando sopra le nubi) e dalla noia (con il loro volo continuo).
- Cantico del gallo silvestre: il cantico del gallo ricorda agli uomini che a ogni risveglio non possono che tornare a fare i conti con il vero che li circonda e con il peso della vita. L’obiettivo delle creature viventi è la morte, non la felicità: niente è felice, eppure tutti continuiamo a cercare la felicità con ogni azione.
- Frammento apocrifo di Stratone da Lampsaco: nel frammento Stratone teorizza che ogni cosa sia guidata dall’amor proprio e che la Terra, a furia di ruotare su se stessa, non potrà che schiacciarsi progressivamente ai poli, diventando un disco inadatto alla vita umana.
- Dialogo di Timandro e di Eleandro: Timandro critica Eleandro per le sue opere sempre pronte a "mordere" l’uomo, anziché preoccuparsi di giovargli. Eleandro, però, ritiene che ci sia poco da dire di positivo sugli uomini (e sul progresso) e che l’unico rimedio all’infelicità sia il riso. Le sue opere possono forse affrontare solo "verità dure e triste", ma sono pur sempre pronte a incitare l’uomo alla virtù. Non solo: se suo obiettivo è scoprire il vero, la filosofia si rivela dannosissima, perché le verità causano solo dolore.
- Il Copernico: il Sole, stanco di compiere il suo tragitto nella volta celeste, chiede alla Terra, da sempre sovrana dell’Universo, di occuparsene al posto suo e spedisce le Ore a informare gli scienziati della sua decisione. Intanto, sulla Terra, Copernico è confuso dall’oscurità immotivata. Raggiunto dall’Ora ultima, viene invitato alla corte del Sole per ascoltare le ragioni di un cambiamento tanto preoccupante, che avrà conseguenze fisiche e metafisiche sul destino umano.
- Dialogo di Plotino e di Porfirio: i due filosofi neoplatonici Plotino e Porfirio discutono del suicidio. Porfirio, il più giovane, è convinto a suicidarsi e argomenta la sua scelta (la noia è l’unico sentimento reale che caratterizza la vita umana, tutto il resto è illusione). Plotino fa però riflettere il suo allievo: le sue teorie sono corrette, eppure il suicidio è da evitare, perché renderebbe ancora più gravi le sofferenze delle persone care. L’invito conclusivo è quello a sopportare dunque la condizione di dolore imposta all’uomo cercando di aiutarsi l’un l’altro.
- Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere: un venditore di almanacchi, gridando per pubblicizzare il suo prodotto, annuncia che l’anno in arrivo sarà migliore del precedente. Un passante lo contraddice: quando mai questa previsione si è rivelata corretta? La speranza umana continua a illudersi invano che il futuro sarà migliore del presente, eppure, questa stessa illusione è tutto ciò che porta avanti l’uomo e gli consente di vivere. Il passante così augura a entrambi un anno sereno e migliore di quello passato.
- Dialogo di Tristano e di un amico: Tristano, autore di un libro su infelicità e miseria umane, antifrasticamente rivela a un amico di aver preso una cantonata. Ritira (con una palinodia) le sue precedenti affermazioni: le sue teorie erano tutte false, la vita umana è felice, il progresso una cosa fantastica. Nella sua lunga ritrattazione fittizia, Tristano apre in realtà lo spunto per riflettere sull’infelicità umana.
Operette morali: analisi del contenuto
Le Operette morali si presentano di fatto come lo sbocco narrativo delle riflessioni maturate da Leopardi nel corso degli anni e già annotate sullo Zibaldone. Il fulcro della riflessione ruota intorno all’infelicità umana e al rapporto tra uomo e Natura. La Natura non ha alcun interesse per l’uomo, perché il suo fine non è il bene della razza umana, ma la conservazione della vita in tutte le sue forme, in un ciclo continuo di creazione e distruzione di cui l’uomo non è che una minima parte (come emerge nel famoso Dialogo della Natura e di un Islandese).
L’uomo è dunque, per natura, destinato all’infelicità. La felicità esiste solo come proiezione al passato o al futuro, mai come momento presente, è di per sé stessa irraggiungibile: il desiderio di felicità è infinito e non può che crearsi un divario incolmabile tra quanto possiamo desiderare e quanto invece ci è concesso realizzare.
Qual è il motivo di tutto questo? La risposta non esiste. L’esistenza universale è un "arcano mirabile e spaventoso" (Cantico del gallo silvestre).
Al differenza di quanto accade per gli esseri umani, la felicità non sembra preclusa ad altre specie animali. Gli uccelli infatti, possono essere felici, come testimonia il loro canto, in un ciclo continuo in cui la felicità è dovuta al volo e il volo alla possibilità di essere felici (Elogio degli uccelli). A maggior ragione, dunque, la totale assenza di felicità umana è simbolo della condizione tutt’altro che centrale dell’uomo nell’Universo: non è la più perfetta delle creature, non è la migliore o la più felice (anche Prometeo è costretto ad ammetterlo, nella Scommessa di Prometeo).
Strettamente connesso al tema del piacere è quello della noia. La vita dell’uomo è una vita ormai assuefatta, priva di grandi azioni. Se privarsi dell’infelicità è impossibile, privarsi della noia è ancora possibile: le distrazioni e i rischi, anche se per pochi attimi, regalano all’uomo un momento di tregua (Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez); i sentimenti possono muovere gli uomini alle grandi azioni; i sogni e le illusioni possono far rivivere uno stato momentaneo di quiete, lontano dal vero. Detto questo, il rimedio più efficace alla noia resta uno: il dolore (Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio familiare).
Cosa si può fare? Pur essendo la soluzione a tutti i mali terreni, la morte non può essere una scelta personale: il suicidio non tiene conto del carico di sofferenza che aggiunge sulle spalle di chi resta (Dialogo di Plotino e Porfirio). Quello che l’uomo può fare è dunque continuare a tendere verso la solidarietà e la speranza, come testimonia il finale struggente del Dialogo di un venditore di Almanacchi e di un passeggere: pur consapevole che l’anno nuovo non sarà assolutamente migliore di quello in corso, il venditore compra l’almanacco e augura al venditore un buon anno a venire.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Operette morali di Leopardi: quali sono e cosa sapere
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