Il presidente Biden, che è andato a vedere Oppenheimer di Christopher Nolan all’Atlantic Theaters Movies at Midway insieme alla moglie Jill, l’ha definito “avvincente”. Vogliamo fidarci della sua recensione, ma al contempo saperne di più. L’ultimo film di Nolan, dedicato al creatore della bomba atomica, è una delle pellicole più attese e discusse dell’anno. Complice senza dubbio il tema caldo, legato alla minaccia dell’atomica che oggi il mondo sente ancora più schiacciante e anche il clima di tensione mondiale che si respira in politica internazionale dal 24 febbraio 2022 a questa parte.
La verità è che il nome di Julius Robert Oppenheimer è rimasto ai più sconosciuto; nell’immaginario collettivo lo scempio dell’atomica è legato alla data dal 6 agosto 1945, al bombardiere Enola Gay che portava il nome della madre del pilota che “materialmente”, alle ore 8.15, sganciò la bomba, Paul Tibbets. La mente dietro l’ordigno era però quella del fisico Oppenheimer, uno scienziato di grande fama, che al contrario dell’ignaro Tibbets era perfettamente consapevole di quale fosse il potere dell’atomica.
Il film Oppenheimer, in uscita nelle sale italiane dal 23 agosto, esplora proprio la dimensione umana di Robert Oppenheimer, l’ascesa e la caduta del creatore del più terribile ordigno ideato dal genere umano. “Il distruttore di mondi” (destroyer of worlds, Ndr), come fu all’epoca definito.
La pellicola è raccontata interamente dal suo punto di vista, come se lo spettatore potesse entrare nella testa dello scienziato che sullo schermo è interpretato dall’attore irlandese Cillian Murphy.
Per scrivere la sceneggiatura il regista inglese Christopher Nolan si è basato su un libro, la biografia monumentale Oppenheimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica (896 pagine) scritta a quattro mani da Kai Bird e Martin J. Sherwin che nel 2006 vinse il premio Pulitzer. Di recente il saggio è stato riportato in libreria in una nuova edizione da Garzanti con la traduzione di Alfonso Vinassa de Regny.
Scopriamo tutto quel che c’è da sapere sul film-evento di Nolan dedicato a Oppenheimer.
Chi era J. Robert Oppenheimer
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Julius Robert Oppenheimer è passato alla storia come l’inventore della bomba atomica. Nacque a New York il 22 aprile 1904, figlio di un ebreo-tedesco emigrato in America e divenuto un importante imprenditore tessile. La madre, Ella Friedman, era una pittrice e una nota esperta d’arte. Robert crebbe tra gli agi di una grande casa dell’Upper West Side con tre cameriere, un autista e svariate opere d’arte di pregio disseminate in ogni stanza.
Il giovane Robert era un bambino studioso: a nove anni leggeva già in greco e latino e si interessava di mineralogia. La sua propensione intellettuale lo rendeva parecchio introverso e non facilitava la sua socializzazione con gli altri compagni. Fu spesso bullizzato a scuola, anche perché era timido e arrossiva facilmente. I genitori, convinti del suo genio, lo fecero seguire da istitutori privati.
Il bambino prodigio, una volta cresciuto, decise di seguire la strada della scienza. Dopo un incerto primo anno alla facoltà di chimica scelse la via della fisica. Si laureò ad Harvard, nel 1925, a pieni voti: summa cum laude e per un periodo proseguì la carriera accademica lavorando come ricercatore.
Si fece notare per un brillante articolo sulla teoria quantistica degli spettri e fu ammesso al dottorato in fisica presso l’università di Gottinga, in Germania. Per alcuni anni lavorò in diversi laboratori, da Gottinga a Zurigo, facendo scoperte sorprendenti come l’“effetto tunnel” per spiegare il decadimento delle particelle alpha. Nel 1929 fece ritorno negli Stati Uniti, dove gli fu affidata la cattedra di fisica teorica presso l’Università di Berkley, mentre continuava la sua attività di ricercatore.
Il suo curriculum certifica i suoi successi; ma in Oppenheimer c’era anche un lato oscuro che, nel libro di Bird e Sherwin, viene portato alla luce grazie alle sue lettere. Sin dalla giovinezza gli scritti privati del fisico ci rivelano infatti una personalità tormentata, pensieri suicidari e relazioni difficili. Durante gli studi post-laurea a Cambridge lasciò una mela avvelenata sulla scrivania del suo tutor; che per fortuna non la mangiò. In seguito uno psichiatra gli diagnosticò un principio di psicosi, ma Oppenheimer non fu curato con alcun trattamento. La sua cura, come lui stesso ammise, era la letteratura: oltre ai classici latini e i testi filosofici, il fisico americano amava i libri e la poesia, soprattutto Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust nel cui stato malinconico si rispecchiava.
Aveva un carattere complesso che lo rendeva difficile da comprendere anche da parte di chi gli stava più vicino. Dopo un amore sfortunato per la psichiatra e medico Jean Tatlock (interpretata da Florence Pugh, Ndr), che i biografi definiscono “complessa come lui”, Oppenheimer convolò a nozze con la biologa Katherine “Kitty” Harrison (nel film è interpretata da Emily Blunt, Ndr) che in seguito avrebbe collaborato con lui nella creazione dell’ordigno studiando le reazioni alle radiazioni.
Oppenheimer e il Progetto Manhattan
Nel settembre 1942, grazie alle sue straordinarie doti, il governo degli Stati Uniti nella persona del generale Leslie Gloves (intepretato da Matt Damon, Ndr), lo chiamò per dirigere il famigerato Progetto Manhattan. Oppenheimer, che era molto patriottico e nutriva una fede assoluta nel proprio paese, ne fu onorato. Già all’epoca Einstein, che invece si era schierato contro il progetto, fece una previsione catastrofica:
Il problema di Oppenheimer è che ama qualcosa che non lo ama: il governo degli Stati Uniti.
Non c’era dubbio che fosse lui la persona giusta per dirigere il Progetto Manhattan, perché nutriva un’ambizione sfrenata e non si sarebbe mai concesso di fallire. La bomba atomica creata da Oppenheimer fu, prima che un prodotto scientifico, un prodotto forgiato dalla sua tenace e inscalfibile volontà.
Durante gli anni di lavoro al Progetto Manhattan, Oppenheimer spiegava ai suoi colleghi che loro, in quanto scienziati, non avevano alcuna responsabilità dell’uso che si sarebbe fatto della bomba. Il loro compito, sosteneva, era mettere a punto un ordigno dal punto di vista tecnico: la responsabilità del suo uso, le mani macchiate di sangue sarebbero state quelle dei politici. Nonostante questa salda convinzione etica, per il resto della vita Oppenheimer sarebbe stato scisso tra l’orgoglio per aver creato la bomba atomica e il senso di colpa legato ai suoi effetti.
Nel dopoguerra si oppose allo sviluppo di altre armi, rifiutando di lavorare alla bomba all’idrogeno da lui stesso ideata (la considerava sino a mille volte più potente delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki, Ndr).
Nella sua vicenda umana si riverbera il tragico dilemma del rapporto tra potere e scienza: quando, nel 1954, Oppenheimer si rifiutò di collaborare con il governo degli USA nessuno si fece problemi a trascinarlo dietro lo scranno di un tribunale. Fu la comunità scientifica, non il governo che aveva servito, a prendere le sue difese.
Trascorse gli ultimi vent’anni della sua vita come direttore dell’Institute for Advanced Study di Princeton, nel New Jersey, lavorando a fianco di Einstein e di altri fisici. Trascorreva molto tempo sull’isola di Saint John, nelle Isole Vergini americane, dove aveva acquistato un terreno. Costruì una casa sulla spiaggia di Gibney, amava navigare al largo con il figlio Peter e la figlia Toni e la moglie Kitty.
Morì di cancro alla gola nel 1967, all’età di sessantadue anni.
Un aneddoto racconta che, all’alba del 16 luglio 1945, nel deserto dal sinistro nome “Jonada del Muerto” in Nuovo Messico, mentre attendeva nascosto in un bunker, il risultato del Trinity Test - il nome in codice per il primo prototipo della bomba - Robert Oppenheimer fosse il ritratto dell’esaurimento nervoso. Era arrivato a pesare solo 52 chili (per un 1.78 di altezza) e da tre giorni non dormiva. Quando partì il conto alla rovescia per l’esplosione le persone a lui vicine raccontano che respirava a stento.
Era già un fantasma in vita, divorato dai sensi di colpa e dal desiderio di annullare ciò che aveva fatto, eppure la funesta data del 6 agosto 1945 era ancora lontana.
Poteva essere evitata? A questa domanda il film di Nolan non risponde, perché, come lo stesso regista ha spiegato in una recente intervista:
L’intero film è sulle conseguenze. L’inizio ritardato delle conseguenze che le persone spesso dimenticano: il film è pieno di diverse rappresentazioni di queste conseguenze.
Secondo fonti storiche accreditate la guerra sarebbe comunque finita di lì a poco per mancanza di risorse, il Giappone in realtà era già pronto alla resa.
Nel film di Nolan ci viene soprattutto mostrato come la creazione della bomba fosse una corsa contro il tempo. La priorità degli Stati Uniti era crearla per primi, prima che fossero altri ad utilizzarla. Era, prima di tutto, una prova di forza, un esercizio di supremazia. Lo scopo della bomba era costringere il Giappone alla resa e, quindi, portare alla fine della Seconda guerra mondiale. Può una bomba essere portatrice di pace?
Dopo i bombardamenti Hiroshima e Nagasaki Oppenheimer, in piena crisi di coscienza, scrisse di suo pugno una lettera al Segretario di guerra degli Stati Uniti:
La sicurezza di questa nazione non si può basare completamente o principalmente sulle sue abilità scientifiche o tecniche. Ma si può basare solo sulla capacità di rendere impossibili future guerre.
Sostenne sino alla fine di aver creato un’arma “necessaria” per la fine della guerra, ma si oppose alla creazione di nuove bombe all’idrogeno e si oppose con ogni forza alla proliferazione del nucleare. Ciò che affascina di Oppenheimer è la sua personalità complessa, un genio divorato dal senso di colpa: la figura del novello Prometeo (il cui nome significa, non a caso, “colui che pensa prima”, Ndr) che ruba il fuoco agli Dei e per questo viene punito, incatenato a una rupe e il cui fegato squarciato è divorato da un’aquila per l’eternità. Riuscite a immaginare una pena peggiore? L’aquila che tortura Prometeo può essere vista come una metafora dei tormenti morali che attanagliarono il fisico-ricercatore per il resto della sua esistenza. Il titolo originale del libro che ha ispirato il film è American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer: anche in ambito narrativo, dai suoi biografi, Oppenheimer fu definito un “Prometeo americano”.
Si racconta che fosse stato lui a dire, dopo l’esplosione nel deserto del New Mexico, citando il testo sacro indù Bhagavad Gita:
Ora sono diventato la morte, il distruttore di mondi.
Ma lui non era il male incarnato, era una mente pensante. Ora, quale delle due alternative ci fa più paura?
Oppenheimer: il trailer del film di Nolan
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Oppenheimer: dal libro al film di Christopher Nolan
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