Paolo Conte. Un rebus di musica e parole
- Autore: Massimo Bico, Massimiliano Guido
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2011
Il rischio numero uno è quello di solcare terreni critici già solcati. Attraversare strade percorse e ripercorse da altri, col tempo e nel tempo prima di te. Con diverse parole: è mai possibile scrivere qualcosa di realmente nuovo intorno all’universo - sghembo e decisamente blasè - di Paolo Conte? Certo è che le sue canzoni sfidano la storia andandosene per i fatti loro. Malgrado le lune intercorse, continuano ad avere (a possedere) un passo, un taglio, un respiro, un odore che è loro. Un odore pungente da tabaccheria d’altri tempi, mi viene da pensare come prima cosa. Odore di spezie, sigarilli, caldo, sudore. Però non illudetevi, che sanno anche benissimo come infreddolirti l’anima e dunque sanno di freddo, di sguardi sbiechi, di baci rubati, alcol, maliarde, e orchestrine jazz. Di quelle da locale malfamato o da night club d’una volta.
Le canzoni di Paolo Conte possiedono insomma un fascino gaudente e struggente al tempo stesso, una decadenza che sa come sedurti e ti seduce. Il fatto è che il Nostro ha molto dell’ incantatore di serpenti. Ancora lì che blandisce, che mormora, che invita di sottecchi, che corteggia, che dice e non dice, mediante espedienti linguistici che sono tutti suoi: inattesi tentennamenti, pause inopinate, cesure, allitterazioni, metonimie, onomatopee. Poste tra l’inarrivabile e il basso culturali, capisaldi di un universo giocoforza mitologico in cui la Donna assurge a mitopoiesi, né più né meno che la Musica, e le comparse indossano le identità sfuggenti di Duck Hellington, Hernest Hemingway, Corto Maltese. Tra afrori d’Africa, scimmie del jazz, vecchi bar Mocambo da pochissimo diventati Tropical, uomini-camion e uomini-specchio, ancora e sempre Messico & nuvole, onirismi, sarcasmi, ugge, nebbie, misantropie al ritmo di fandango, fiammeggi, rallenty, scenografie in bianco & nero, story board di fumetti abortiti, luoghi dello spirito. Una continua mise en abime dell’artigianeria contiana che ammesso che sbagli sbaglia pur sempre da professionista.
Ma la domanda che ti fai più di tutte quando torni a scrivere su/di Paolo Conte è la stessa: cosa diavolo dire di nuovo su di lui? Chissà semmai ci hanno pensato Massimo Bico (linguista) e Massimiliano Guido (musicologo) in procinto di imbarcarsi nella stesura del loro “Paolo Conte. Un rebus di musica e parole”. Certo è che il saggio licenziato per Carrocci, è quanto di più puntuale possa trovarsi in giro sul cantautore astigiano. Il taglio è innanzi tutto scientifico, per cui gli autori traducono. Analizzano. Sistematizzano. Del tutto a loro agio tra i gironi affollati del microcosmo dell’Avvocato (il secondo per antonomasia, dopo Gianni Agnelli). Bico e Guido decodificano, soprattutto, accostando musica e parola – disamina musicale e disamina linguistica –, le direttive inalienabili dello specifico contiano.
La struttura del testo è cronologica ma mai asettica, e sfocia nello spaccato tanto obliquo quanto stimolante dei topoi e delle tematiche portanti del canzoniere di Conte. Ecco come sintetizzano gli autori medesimi, sul punto di tirare le somme del lavoro:
“(…) nel canzoniere di Paolo Conte si rafforza l’idea di una poetica fatta soprattutto di musica e parola, inscindibilmente strette in un abbraccio da amanti. L’artefice di questo rapporto esercita il suo potere creatore direttamente. Sale sul palco, si siede al pianoforte e, fra una smorfia e l’altra, diventa cantante e pianista”.
Se vi è capitato di assistere allo “spettacolo d’arte varia” di un concerto contiano sapete di cosa stanno parlando. Quelli che non hanno fatto questa esperienza - tra le più significative che possano capitarvi, se parliamo di live - potrebbero farsi un’idea di cosa si sono persi proprio leggendo questo saggio. Accostandolo senza troppe remore: malgrado i tecnicismi l’accesso è consentito anche ai non addetti ai lavori.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Paolo Conte. Un rebus di musica e parole
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