Passannante. Il prigioniero della Torre
- Autore: Rita Poggioli
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2015
Portoferraio, isola d’Elba, 5 aprile 1879: giunge un prigioniero politico destinato al Bagno Penale della Linguella. Si tratta di Giovanni Passannante, questa storia parla di lui. In Passannante. Il prigioniero della Torre (Agemina Edizioni, 2015) la scrittrice Rita Poggioli ripercorre il caso incredibile di un uomo che fu eroe per un giorno e vittima per tutta la vita.
Giovanni Passannante (1849 – 1910), ultimo di dieci figli di una famiglia povera lucana, è stato un anarchico italiano socialmente molto attivo.
Il 17 novembre 1878 fu autore di un fallito attentato alla vita di re Umberto I, durante una sua visita a Napoli: tentò di accoltellare il re urlando: «Viva Orsini! Viva la Repubblica Universale!» con un coltello dalla lama di 12 cm ottenuto barattandolo con la sua giacca. Fu condannato a morte, quindi graziato il 29 marzo 1879 dal sovrano che ne commutò la pena in ergastolo.
All’attentato conseguirono reazioni di condanna e di plauso. Si dice che Giovanni Pascoli diede pubblica lettura di una sua Ode a Passannante a una riunione di aderenti ad ambienti socialisti. Giuseppe Garibaldi scrisse una lettera aperta denunciando che:
Il malessere politico non è altro che una conseguenza dei pessimi governi e questi sono i veri creatori dell’assassinio e del regicidio.
La prigionia di Passanante fu terribile: venne rinchiuso nel Bagno Penale La Linguella di Portoferraio, in una cella di isolamento sotterranea della Torre del Martello, da cui in seguito la torre ha preso il nome, che subiva infiltrazioni dell’acqua marina, completamente al buio e legato con una pesante catena che gli consentiva poco movimento. Una situazione di rigore che solitamente durava 3 mesi. In quella situazione durissima dovette invece rimanere per 10 anni. Ciò minò il suo fisico e la sua mente.
Sottoposto a esami psichiatrici nel carcere di S. Francesco a Napoli, subito dopo l’attentato, Passannante risultò sano di mente. Ciò venne contestato da Cesare Lombroso che tuttavia non lo visitò mai personalmente. Alla sua scarcerazione, su pressione politica per le condizioni fisiche, nel 1889 venne giudicato pazzo dagli stessi che l’avevano esaminato la prima volta e venne ricoverato al manicomio criminale di Montelupo Fiorenti dove visse fino all’età di 60 anni. Anche la sua intera famiglia fu dichiarata folle subito dopo l’attentato e tutti vennero internati in manicomio.
Nel 1936 i resti dell’anarchico vennero trasferiti a scopo di studio al Museo Criminologico dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia di Roma. Nel 1982 il suo cervello fu oggetto di studi dell’Istituto di Medicina Legale dell’università romana La Sapienza. Solo nel 2007, di nuovo su pressioni politiche, i suoi resti vennero infine tumulati nel paese natio.
La scrittrice Rita Poggioli riferisce della storia di questo disgraziato attraverso gli occhi del protagonista elbano, Giuseppe Ricci, figlio di contadini che ha sperato di poter fare una vita migliore come guardia carceraria. Col suo sguardo soggettivo e la sua indignazione dà umanità all’anarchico raccontando della sua carcerazione elbana.
La scrittura appare adolescenziale in uno stile emotivo diretto, sebbene utilizzi un lessico a tratti colto. Forse perché diretto ai ragazzi a cui la scrittrice ha dedicato molti sforzi di sensibilizzazione alla lettura.
Rita Poggioli, scrittrice elbana di nascita e destino, è docente di scuola primaria. Il suo interesse per la narrativa per i ragazzi l’ha portata dapprima alla cura della biblioteca scolastica e poi a realizzare dei laboratori e circoli di studio sull’animazione alla lettura. Per Gribaudo ha pubblicato L’alfabeto delle emozioni e Margherita cuore d’ortica.
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Consigliato a chi è interessato alla storia d’Italia, a chi è interessato alla storia e agli scrittori elbani.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Passannante. Il prigioniero della Torre
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