Per cause innaturali. Come ho conosciuto la vita indagando la morte
- Autore: Richard Shepherd
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2019
Il più celebre medico legale del mondo è inglese, Richard Shepherd. Si è raccontato e illustra la sua esperienza e professione in un titolo, Unnatural cases, apparso nel 2018 e tradotto in italiano da Matteo Camporesi per i tipi Longanesi con il titolo Per cause innaturali (2019).
Per chi non lo sapesse, Shepherd ha condotto un’indagine immediata per parte britannica sull’incidente d’auto a Parigi, il 31 agosto 1997, e sul decesso e l’autopsia di Lady Diana (affermando che se avesse indossato la cintura di sicurezza, avrebbe raccontato scossa e acciaccata l’accaduto nei giorni successivi). Tutto riportato nel volume, insieme a qualche aspetto inedito.
Nato a Londra e cresciuto a Watford, è stato attratto da bambino dal “fascino e dai misteri della medicina legale”, sfogliando il manuale pieno di immagini forti (com’è caratteristico della materia e negli ultimi decenni le illustrazioni sono a colori), di un predecessore ai vertici della disciplina, il connazionale patologo forense Keith Simpson. Avviati gli studi nel St George’s Hospital, Richard ha completato la formazione specialistica nella facoltà del prestigioso centro medico londinese, per entrare alla fine degli anni Ottanta nel dipartimento medico legale del Guy’s Hospital, retto dal rigoroso (e geloso) prof. Iain West, all’epoca il più noto esperto del settore nel Regno Unito.
Oggi il dott. Shepherd ha superato i sessant’anni e dichiara di avere effettuato oltre ventimila autopsie, analizzando “il corpo umano ormai morto”, segnato dagli eventi che avevano causato il decesso (malattie, incidenti, atti criminali, massacri, esplosioni, crolli e grandi calamità).
Non s’immagina che un esperto in medicina legale possa subire l’impatto del lavoro che compie. Li si crede abituati per routine quotidiana alle condizioni terribili dei corpi umani con i quali hanno a che fare. Invece, il ribrezzo, l’orrore, il fetore della decomposizione, possono tornare in mente all’improvviso.
Shepherd racconta che nell’ascoltare alla radio, a novembre 2015, delle stragi nel centro di Parigi e al Bataclan, gli è capitato d’essere travolto per qualche minuto da un’ondata di ricordi e sensazioni vivide, anche olfattive, accompagnate da tristezza e paura.
In precedenza, un ingorgo emotivo lo aveva riportato all’agosto 1987, al primo caso importante affrontato da solo, "incredibilmente presto", nella sua carriera.
Era il massacro di Hungerford, un delitto di massa commesso da un unico omicida, Michael Ryan, un ventisettenne che per motivi mai chiariti era andato in giro armato come un Rambo, sparando a casaccio contro chiunque incontrasse nella cittadina del Berkshire, a un centinaio di chilometri da Londra. Con due fucili semiautomatici e una pistola Beretta, aveva colpito una trentina di persone, uccidendone sedici, compresa la mamma, nella casa data alle fiamme, prima d’essere assediato dalla polizia in una scuola. Un negoziato infruttuoso si era concluso col suicidio di Ryan. Un colpo di pistola in testa.
Il medico confessa che in quella serata quasi buia d’agosto era surreale il contrasto fra la quotidianità delle strade e la casualità degli omicidi che vi si erano svolti. La straordinarietà dell’episodio violento, oltre al gran numero delle autopsie effettuate da inedito protagonista, sono state un incipit che ha segnato la sua vita e il leit motiv della sua professione, condotta faccia a faccia con la morte, inflitta e subita in tante forme.
È un mestiere che fa orrore a chiunque, ma che lo ha sempre affascinato e continua a legarlo alle povere vittime. Non le considera l’ennesimo cartellino appeso al piede, ma uomini e donne che rinnovano la domanda muta di accertare la ragione naturale o criminale che li ha condotti all’ultimo respiro, dalla più banale scivolata da ubriachi in un fiume al disastro ferroviario di Clapham del 1988, all’affondamento del traghetto nel Tamigi nel 1989, agli attentati di Bali del 2002, a quello di Londra del 7 luglio 2005, all’11 settembre 2001 a New York, al massacro di Whitehaven nel 2010.
Al contrario dei pazienti degli altri specialisti, quelli del medico legale sono morti e questo comporta tra l’altro visitare il luogo in cui l’evento fatale si è verificato, per avviare un’analisi approfondita del cadavere, in supporto alle indagini della polizia, impegnata a risolvere il crimine. Abilità mediche, competenze e strategie del patologo possono risolvere casi impossibili, scagionare gli innocenti e assicurare i colpevoli alla giustizia.
Per tutti i decessi sospetti, non naturali, prima dell’indagine autoptica dell’interno del corpo viene eseguita un’indagine esterna completa, estremamente dettagliata. Il referto deve confermare l’identificazione formale del deceduto, già di per sé un processo spesso lungo e complesso. Diventa centrale la descrizione particolareggiata di tutto ciò che il medico ha individuato.
“Di solito offriamo un’interpretazione di ciò che scopriamo e al termine indichiamo la causa di morte”.
A volte tutto si riaffaccia nella sua mente, ma conosce a fondo la morte e non ne ha paura. Ogni volta, raggiunto l’obitorio, riprende a lavorare come sempre, certo che “andrà tutto bene”.
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