Un anno scolastico, tragicomico, appuntato in forma di diario: per ridere, sorridere, riflettere, deprimersi. Dietro lo pseudonimo di Gianmarco Perboni si nasconde un insegnante di Lingua e letteratura inglese con vent’anni di cattedra alle spalle, che racconta un anno vissuto "pericolosamente" all’Istituto Tecnico De Bernardi: corso C, uno tra i più vivaci e turbolenti.
Ogni volta che si entra in classe si deve avere la stessa circospezione del domatore che si avvicina alle sue fiere: per quanto possa conoscerle, è bene non fidarsi troppo. Se agli studenti dai un dito, ti divorano la metà del corpo cui quel dito appartiene e piantano una bandierina anche sul rimanente mezzo. ( pag.45)
Con tocco brillante, scanzonato, diciamo pure disilluso, vengono annotati fatti, gesti, parole, pensieri, situazioni, mali, carenze, frustrazioni, liti, all’interno di una comune scuola pubblica italiana del terzo millennio: 2008/2009, l’anno scolastico preso a "modello". Dieci mesi di lavoro condiviso tra colleghi, studenti e, ovviamente, i genitori di questi.
Il misterioso professore d’inglese, tipo scafato e un po’ sbracato, racconta i triti e ritriti problemi della scuola, come per esempio le incoerenti disposizioni ministeriali o i continui tagli finanziari che mortificano gli stipendi e la stessa professionalità dei docenti, demotivandone così funzione e ruolo sociale rispetto ai loro colleghi europei. Si parla, però, soprattutto dei ragazzi: della loro tendenza in generale a studiar poco e male, a trascorre magari più tempo su internet o con la play station che a fare i compiti; della difficoltà di tenerli tranquilli e attenti durante le lezioni; della loro scarsa propensione alla lettura sull’esempio degli adulti; del continuo lavaggio del cervello subito da insulsi programmi tv e del desiderio di diventare un giorno veline, popstar, calciatori, più che di investire nello studio.
Insomma, nel leggere questo resoconto viene da farsi cascare le braccia al pensiero che il sistema scolastico sia tutto così.
Speriamo invece che il nostro prof abbia riportato una propria esperienza negativa – forse esagerandola - da interpretare più come eccezione che come regola. Oppure, nel caso in cui questa memoria sia per lo più frutto di fantasia letteraria - a mio avviso, non lo credo-, che si tratti magari di una visione piuttosto scettico/pessimista della scuola.
Perle ai porci - già il titolo, tutto un programma- parrebbe quasi un invito per i colleghi disincantati e navigati a gettare la spugna davanti al tanto disastrato sistema scolastico nostrano, all’insegna del tirare a campare. Chissà. Contenuto spassoso dal retrogusto amaro, si va spesso e volentieri a ritroso con la mente al tempo in cui eravamo noi - oggi adulti appesantiti e incanutiti - a sedere tra i banchi. Libro consigliato in particolare agli insegnanti, di ruolo o precari, tra le cui pagine avranno modo di riconoscere sé stessi.
Perle ai porci. Diario di un anno in cattedra. Da carogna
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