Per comprendere la figura di Francesco Petrarca è opportuno individuare le principali cose da sapere su questo autore: i momenti fondamentali della sua vita, le sue opere e le sue poesie, con le tematiche e lo stile che le contraddistinguono.
Mettere a fuoco quali sono le cose da sapere su vita, opere e poesie di Francesco Petrarca consente non solo di avere una prima conoscenza dell’autore ma anche di avere a disposizione dei concetti chiave che potranno essere utilmente sviluppati per integrare e arricchire una tesina da discutere in un esame di maturità oppure per elaborare una testo più approfondito per lavoro di carattere universitario.
La vita di Francesco Petrarca
1304 Nacque ad Arezzo, il 20 luglio, da una famiglia di notabili, appartenenti ai guelfi bianchi.
1309 Il poeta si trasferì con la famiglia ad Avignone dove era stata spostata la sede pontificia.
1318 Petrarca scrisse il suo primo componimento poetico, un’elegia in latino, a seguito della morte delle madre. La formazione del poeta e del fratello, con il quale effettuò un importante viaggio a Bologna, avvenne nell’ambiente cosmopolita e moderno della corte papale.
1326 Alla morte del padre Petrarca intraprese a una vita dissoluta che lo portò a frequentare le classi più elevate e fece nascere in lui un profondo interesse per la letteratura latina: assunse come suoi modelli Virgilio, Cicerone, Agostino e, al contempo, nutrì anche una profonda attrazione per la spiritualità cristiana.
1327 Incontro con Laura: fu l’evento più ricco di conseguenze per la produzione letteraria del poeta.
1330 Petrarca iniziò la carriera ecclesiastica divenendo chierico. Negli anni successivi intraprese numerosi viaggi: importanti quelli a Parigi e a Roma, soprattutto per l’elaborazione del classicismo.
1337 Alla nascita del figlio Petrarca si trasferì in Provenza, nella casa che sarebbe poi divenuta il centro della sua attività poetica.
1341 Al crescere della sua fama poetica e letteraria Francesco Petrarca decise di sottoporsi a un certame poetico: il re di Napoli, Roberto d’Angiò, dopo aver valutato la sua preparazione e lo incoronò sul Campidoglio con l’alloro.
1347-1353 Compose il “Secretum”, un’opera in prosa in latino che racchiude un dialogo immaginario tra il poeta e Sant’Agostino, una sorta di autoanalisi su tematiche personali e intime. Negli stessi anni si intensificò l’attività filologica che lo rese un precursore dell’Umanismo e che lo portò a ricercare manoscritti rari di autori antichi nei monasteri europei: scoprì alcune epistole di Cicerone e raccolse alcune decadi delle “Storie” di Tito Livio.
1347 Petrarca sostenette il tentativo di un tribuno del popolo, Cola di Rienzo, di costruire una nuova forma di governo a Roma. L’impresa di Cola di Rienzo, concretizzatasi nell’occupazione di Roma, ebbe esito negativo.
1348 Epidemia di peste nera che colpì tutto il vecchio continente; morte di Laura.
1353 Dopo ripetuti segni di insofferenza nei confronti dell’ambiente della corte pontificia ad Avignone, e rapporti più frequenti con nuovi ambienti culturali e intellettuali, Petrarca si trasferì a Milano, alla corte dei Visconti; gli anni successivi furono dedicati agli studi eruditi e vennero vissuti dal poeta in una condizione di relativa tranquillità.
1361 Si allontanò dalla nuova sede milanese senza una meta prestabilita: iniziò un nuovo periodo di nomadismo e spostamenti che lo porterà a Venezia e, poi, a Padova nel 1368. Due anni dopo iniziò a risiedere nei colli euganei dove si dedicò all’attività poetica.
1374 Petrarca morì ad Arquà, nella notte tra il 18 e il 19 luglio, per un attacco di febbre.
Le opere Francesco Petrarca
Per comprendere le opere di Francesco Petrarca occorre premettere che ci troviamo di fronte a una figura di intellettuale estremamente diversa, e nuova, rispetto ai precedenti più prossimi, ovvero rispetto a Dante e Boccaccio che erano vissuti in una dimensione comunale.
Petrarca ebbe, invece, una vita estremamente movimentata, fu un uomo pubblico, di indole eclettica, un intellettuale versatile che ebbe la possibilità e la volontà di muoversi sia nel mondo religioso che nel mondo comune, affiancando a fasi di studio intenso e solitario momenti di maggiore interrelazione con il mondo anche politico, con la realtà delle corti e delle Signorie. Anche la stessa dimensione intellettuale di Petrarca è contrassegnata da una sostanziale poliedricità: fu un uomo di sostanziale scaltrezza, capace di assumere incarichi ecclesiastici non per vocazione quanto allo scopo di garantirsi tranquillità economica e incarichi diplomatici che gli concedevano una maggiore libertà rispetto alla figura dell’intellettuale di corte profondamente legato a un mecenate. Petrarca sfruttò la letteratura a suo vantaggio perché le stesse corti che frequentò lo consideravano un fattore di prestigio crescente; infine, fu un intellettuale maestro, bisognoso di fornire modelli e comunicare valori che, poi, furono fatti propri e compiutamente sviluppati nell’Umanesimo e nel Rinascimento.
La maggior parte delle opere di Petrarca sono scritte in latino, ad eccezione del “Canzoniere” e de “I trionfi”, scritti in volgare. È possibile distinguere opere religiose e morali, opere umanistiche e opere poetiche.
Il “Secretum” (1342-1343), frutto di una profonda crisi religiosa, è un dialogo filosofico che mette in scena l’interiorità divisa del poeta e il suo dissidio, rappresentato dalle figure di Petrarca (personaggio) e Sant’Agostino; al loro confronto, che dura tre giorni, assiste una donna bellissima che è allegoria della verità. Il santo rappresenta la coscienza alta che scruta nell’animo inquieto del poeta, imputandogli una volontà fragile. Per questo segue una disamina dei sette peccati capitali con particolare attenzione all’accidia. Il dialogo si conclude con una considerazione della gloria terrena e dell’amore per Laura: mentre il poeta le considera due passioni positive, il santo le giudica delle distrazioni che allontano dalle cose divine.
Anche il “De vita solitaria” (1346, rielaborato successivamente tra il 1353 e il 1366) è un testo di carattere meditativo che esalta la solitudine e la vita ascetica in particolare. Petrarca, che rielabora un concetto caro agli stoici e a Cicerone, difende una solitudine differente da quella rigida degli eremiti, considerandola un momento ricco di conseguenze perché consente di arricchire la propria anima attraverso lo studio e l’allontanamento dalla vita mondana: in questa condizione l’uomo, in realtà non è mai solo perché è sempre accompagnato dal libro e dalla cultura classica.
Il profondo interesse non solo e non tanto personale, quanto piuttosto professionale, per la letteratura antica è compiutamente manifestato nelle cosiddette opere umanistiche. Mentre nell’opera dantesca è ancora presente una commistione tra la cultura antica e quella medievale (Virgilio è guida di Dante nel suo viaggio ultraterreno), Francesco Petrarca è consapevole di una cesura netta tra presente e passato, una distanza che impone di studiare il secondo con in modo preciso, con quel metodo filologico che, poi, sarà affinato e praticato anche dagli umanisti della generazione successiva. Petrarca è, dunque, filologo perché animato da un profondo amore per la parola e per i testi antichi, ne ricostruisce la storia e la genealogia, cercando le fonti originali dei testi antichi: questo metodo lo portò a scoprire codici antichi dove erano presenti lettere di Cicerone fino ad allora sconosciute.
La passione per i testi antichi porta Petrarca a comporre opere quali le “Epistole” (1345-1361), suddivise in quattro gruppi (Familiares, Seniles, Sine nominae e Variae), il “De viribus illustribus” (1338-1358) e l’“Africa” (1339-1342). Nella prima di queste opere fornisce un ritratto ideale di se stesso ma anche del poeta, figura caratterizzata da apertura, liberalità, passione per lo studio, capacità di alternare otium e negotium. La seconda opera, realizzata sul modello delle raccolte classiche di Svetonio e San Girolamo, è a tutti gli effetti un’opera storica perché colleziona biografie di illustri personaggi romani. Anche l’“Africa” può considerarsi un’opera storica, un poema epico in esametri, dedicato alla seconda guerra punica.
Le poesie di Petrarca
Le opere poetiche, scritte in volgare, consentono a Petrarca di raggiungere gli esiti più alti della sua produzione e sono quelle che gli hanno garantito una fama più duratura nel tempo.
Il “Canzoniere” (ultimato nel 1374, al quale Petrarca lavorò per gran parte della sua vita con continue revisioni) era considerato dal poeta un’opera di scarsa importanza (Fragmenta rerum volgarium). La scelta del volgare è qui motivata dalla volontà di competere con gli stilnovisti, adottando la loro stessa lingua, seppur in una versione estremamente raffinata: rispetto a Dante quello di Petrarca è un linguaggio più piano ed equilibrato che evita sperimentalismi ed espressioni colorite.
Quella che lo stesso Petrarca definì come “rime sparse” è, in realtà un’opera molto complessa di 366 componimenti (317 sonetti a cui si aggiungono canzoni, ballate e sestine) dove viene cantato il dissidio interiore del poeta ma anche la passione, tutta umana e terrena, benché inappagata, per Laura.
La raccolta non segue un movimento organico perché non illustra una storia d’amore quanto, piuttosto, una serie di situazioni spirituali che, tutti insieme, delineano un’esperienza totale; i singoli testi possono anche risultare contrapposti tra loro, anche se, poi, il risultato complessivo è quello di un’elevazione e di un avanzamento della condizione del poeta e della sua interiorità che sono i veri protagonisti dei canti.
È possibile, comunque individuare dei nuclei tematici portanti: l’amore per Laura, la spiritualità attraverso la solitudine, le liriche politiche e quelle religiose, la descrizione fisica di Laura, le comuni strutture linguistiche. Anche se quello cantato è anche un amore fisico e sensuale, connotato da descrizioni fisiche, rispetto al precedente dantesco scompare ogni realismo e ogni concretezza e Laura assume sempre più chiaramente un valore simbolico, lo stesso nome rimanda direttamente al lauro (pianta con cui erano coronati i poeti).
Il “Canzoniere”, che inizia con l’allontanamento dalla dimensione religiosa e la colpevolizzazione del poeta, colto dall’innamoramento per Laura nel giorno del venerdì santo, quando avrebbe dovuto meditare sulla morte di Cristo e sulla sconfitta di tutta l’umanità, fa apparire la donna amata, soprattutto dopo la morte, come una garanzia di purezza, sebbene l’anima del poeta rimanga tormentata dalla mancanza della dimensione terrena, da un desiderio erotico che rimane inappagato.
I tratti psicologici sono ridotti come è quasi assente la speculazione filosofica, risultano, invece, numerosi i giochi di antitesi: sono contraddittori i sentimenti provati per la donna amata, come l’atteggiamento nutrito nei confronti della società e del resto del mondo. La lingua, metricamente perfetta e ricca di figure retoriche quali l’allegoria, è lo strumento privilegiato per raggiungere quel valore unico e assoluto che deve fungere da contraltare al caos del mondo e dei sentimenti.
Tra i tanti componimenti che potrebbero essere richiamati segnaliamo L’ascesa al monte ventoso, esempio emblematico di autoanalisi e di indagine interiore che avviene in un momento di crisi profonda. Accanto ai frequenti richiami alla tradizione classica (Virgilio, Ovidio, Platone) emergono i tratti caratterizzanti di un fervente cristiano medievale: la convinzione che non si il caso, quanto piuttosto la volontà di Dio, a far leggere al poeta determinate frasi ad un certo punto del suo viaggio, l’aspirazione alla salvezza, il bisogno di intraprendere quel percorso di redenzione interrotto dalla morte dell’amata, impressa ossessivamente nella mente del poeta.
Accanto al “Canzoniere” occorre ricordare anche i “Trionfi” (composti tra il 1340 e il 1342 e rielaborati fino alla morte, anche se mai portati a temine), un poema allegorico in terzine, scritto in volgare. Qui il poeta canta i trionfi di varie virtù: in una dimensione onirica e surreale il poeta incontra le loro prosopopee e, anche insieme a Laura, intraprende con esse un viaggio allegorico: il poema dà, quindi, conto di un percorso ideale che l’uomo compie, dal peccato alla redenzione, dall’amore caduco e terreno, alla beatitudine celeste che con la quale è possibile contemplare la donna amata nella gloria divina.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Petrarca: le cose da sapere su vita, opere e poesie
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La sintesi, comunque completa, qui prodotta in modo di facile e stimolante lettura, mi ha permesso di rinnovare i miei vecchi ricordi scolastici.
Grazie