

Pinocchio: un libro parallelo
- Autore: Giorgio Manganelli
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Adelphi
Pinocchio: un libro parallelo di Giorgio Manganelli – opera geniale, ironica e poetica pubblicata per la prima volta nel 1977, ora nel catalogo Adelphi dal 2002 – a prima vista sembra un libro come altri, composto da una copertina, pagine bianche su cui campeggiano parole, concetti, una storia. Leggendolo, invece, si cade in un mondo pluridimensionale che partendo dall’originale a cui si ispira, il Pinocchio di Collodi, dal quale attinge frasi, parole e contesti, ci fa riflettere sugli infiniti significati dell’opera più famosa al mondo.
Un libro non si legge, ci si precipita […] quando siamo non già nel centro, ma in uno degli infiniti centri, ci accorgiamo che il libro non solo è illimitato ma è unico, in ogni libro stanno tutti gli altri libri; in ogni parola tutte le parole…
Questa la frase di svolta, che sorprende il lettore come se l’autore fosse là a punzecchiarlo con la sua stessa penna, svelando a metà lettura la magia nella quale si è già immerso a sua insaputa sin dalla prima pagina, fluttuando nell’universo metafisico della lettura.
Si entra nel pozzo dal fondo inesistente, multidirezionale, fatto di porte che si aprono su altre porte che si aprono lasciando intravedere nuove modalità, si perdono i confini, si salta da una dimensione all’altra, acquisendo conoscenza che le grandezze fisiche non sono due, come nel caso della pagina di un libro, o tre come nella materia in genere, o quattro come nella realtà conosciuta o numerose se ci si addentra in concetti di fisica quantistica. Si scoperchiano botole e si scoprono universi paralleli nei quali l’autore ci esorta ad abitare le numerose realtà possibili, in un saggio romanzato di metaletteratura straordinario. La rilettura, attraverso i suoi occhi, del Pinocchio originale ci fa assaporare nuovi significati che non sono solo le interpretazioni dell’autore ma un vero e proprio esercizio di disgregazione e ricostruzione di dogmi e significati, sotto una nuova luce dove la verità non è mai assoluta. E quello che spesso nell’infanzia ci hanno fatto credere fosse una semplice favola dal fine pedagogico, a volte abusata dalle versioni didattiche, adulterata con finalità pseudo educative, diventa un mondo trascendentale che ci svela le infinite profondità della psiche umana, con potenti rimandi allegorici nel mondo animale, vegetale e occulto, un’opera madre che probabilmente ha ispirato nel tempo capolavori di orwelliana matrice, dal potente messaggio simbolico, dove ogni personaggio ha una sua collocazione metaforica che però si espande nelle infinite dimensioni possibili, nelle infinite variazioni.
I luoghi ci parlano delle persone che li abitano; la casa inconclusa e pittorica di Geppetto fa di lui un sognatore, la casina bianca a volte tana nel bosco, a volte roccia, a volte castello ci fa conoscere le profonde mutazioni della Fata e la sua relazione occulta con il mondo esoterico a cui appartiene. Gli elementi naturali come il fuoco e l’acqua acquisiscono finalità esistenziali, come l’incontro predestinato e fortuito per cui ogni volta si rischia di morire o rinascere. E il nostro burattino diventa eroe, temerario e istintivo, spesso messo in prigione a causa della sua innocenza, gabbato da personaggi come il Gatto e la Volpe, ad impersonificare “l’errore, la frode, l’indulgenza, la ferocia”, caratteristiche umane comuni ed eterne che, in un circolo vizioso, non scalfiggono, tuttavia, la purezza di Pinocchio. Inaccessibile all’esperienza a rappresentare l’innocenza innata e assoluta, il burattino corre, anzi sgambetta, in una continua metamorfosi tra mondi, vegetale animale e umano, in una trasfigurazione sempre in procinto di divenire e poi svanire, nella persuasione che le avventure che lo portano a una continua fuga sono l’assunzione del proprio destino, ma anche altro e altro ancora.
La notte è un invito alla fuga, la sue avventure andate e ritorni, gli incontri fortuiti con i vari personaggi, molti dall’aspetto animale, un invito euforico alla disobbedienza e alla redenzione, ed ecco il tramutarsi del concetto di tempo con quello dello spazio: la notte diventa luogo geografico a dividere i paesi tra loro, ed è così che il gioco e la fuga, la morte e la vita, l’inganno e la liberazione si avvicendano e si sovrappongono nelle avventure del burattino, che diventa rappresentativo degli archetipi umani. Tutto si muove su allegorici richiami, profezia di creazione, morte e rinascita, già dall’origine occulta del ceppo da catasta che, come in un rito iniziatico, si offre alla metamorfosi, parte il gioco caleidoscopico delle infinite pieghe della realtà pinocchiesca.
Nella sua trasmigrazione da essere vegetale a umano, attraverso la conoscenza del mondo animale e sovrannaturale, il divertimento, la paura, il senso della solitudine e dell’abbandono, Pinocchio rimane un essere multiforme dove il richiamo del bosco è sempre presente, comunica con gli animali a parole, intercede nel mondo occulto della Fata e intercetta nel proprio destino, itinerante e teatrale, la sua destinazione umana.
Nessun libro finisce, i libri non sono lunghi ma larghi [...] le parole non conoscono errore, se una parola sbaglia l’universo si adegua immediatamente.
Insomma, le parole non appartengono agli uomini che le usano nelle storie che scrivono ma all’intera umanità, nella qualsivoglia infinita forma di interpretazione che le stesse, come matriosche, nascondono.

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