Il plurale maiestatis o plurale maiestatico si può avere sia nella lingua parlata che in quella scritta e si verifica quando chi si esprime parla di se stesso utilizzando la prima persona plurale noi anziché la prima persona singolare io. Vediamo brevemente la storia del termine plurale maiestatis, da dove nasce e come si diffonde, fino ad arrivare al significato e all’utilizzo odierno.
Plurale maiestatis: significato e origini
Chiarito il significato, l’uso del plurale maiestatis era già diffuso nell’antica Roma e ce n’è traccia nelle opere autobiografiche di Marco Tullio Cicerone. Nella tradizione di molti paesi questa forma è rimasta in uso con un’accezione formale, per riferirsi a sovrani e papi, e da qui deriva l’accezione maiestatico. Si tratta di un modo di fare riferimento istituzionale, corale e astratto che solitamente viene associato a questi ruoli.
In Italia il plurale maiestatico ha cominciato ad essere abbandonato poiché i re di Italia hanno smesso di usarlo ufficiosamente per via di una serie di momenti critici in cui c’era una forte necessità di trasmettere la vicinanza alla popolazione.
Ma come viene utilizzato oggi il plurale maiestatis, se ancora viene utilizzato? Scopriamo ancor più nello specifico di cosa si tratta e qual è il suo utilizzo nella società odierna.
Plurale Maiestatis: di cosa si tratta e quando viene usato oggi
Fatta chiarezza su cosa sia il plurale maiestatis, andiamo ad approfondire ulteriormente la questione. La parola di origine latina può far pensare che l’uso sia stato superato al giorno d’oggi, ma non è proprio così. Sebbene, come già accennato, furono i re d’Italia a promuovere il disuso dell’utilizzo del plurale maiestatis per riferirsi a se stessi con la prima persona plurale, ci sono contesti in cui ancora oggi questo modo di parlare viene utilizzato.
Il plurale maiestatis ha perso quasi ovunque la sua valenza formale, persino nell’ambito della chiesa dove fu papa Giovanni Paolo I a porre fine all’utilizzo di questa forma di parlato. Il plurale maiestatis rimane, a oggi, in uso negli scritti ufficiali del papa e papa Giovanni XXIII lo utilizzava, oltre che per scrivere, anche nei discorsi altamente formali (come ad esempio nel celebre discorso della luna o in quello ai carcerati di Regina Coeli.
Oggi il plurale maiestatis viene utilizzato soprattutto come espediente retorico e, non raramente, in contesti umoristici e ironici con intenti palesemente scherzosi. Dove rimane realmente in uso è negli ambiti universitari, precisamente negli atti ufficiali emanati dal rettore (Noi Magnifico Rettore…).
Vediamo qualche esempio chiarificatore per capire come si usa il plurale maiestatis considerato anche che nell’italiano contemporaneo questa forma è sempre meno utilizzata e, spesso, la si usa con ironia quando si parla di qualcuno che non è un’autorità. Se lo si utilizza in maniera voluta solitamente si tratta di autorità politiche e religiose in contesti solenni.
Ci sono una serie di casi in cui si può utilizzare la prima persona plurale invece di quella singolare:
- plurale narrativo: ne I Promessi Sposi: "Siamo a Lecco, negli anni compresi tra il 1628-1630...");
- plurale didattico utilizzato dai docenti: oggi parleremo della Seconda guerra mondiale;
- plurale poetico: quando in poesia l’autore non vuole parlare di se stesso in prima persona (A noi prescrisse / il fato illacrimata sepoltura - A Zacinto di Ugo Foscolo). Viene ampiamente utilizzato anche da autori romantici come Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni;
- plurale di modestia: utilizzato in un testo letterario quando chi scrive ha la precisa intenzione di limitare la propria autorità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Plurale Maiestatis: cosa significa e come si usa
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