È una poesia chiara e cristallina come una melodia, sembra riprendere una sinfonia persino nel titolo Primavera classica: quest’ode carducciana intreccia i significativi temi chiave del risveglio primaverile e dell’amore.
Giosuè Carducci è il poeta della primavera : nelle sue liriche la bella stagione dei fiori ritorna frequentemente ed è presente in ogni raccolta poetica, dalle Odi Barbare (1873) alle Rime Nuove (1906).
Il poeta canta il “sorriso del cielo”, i rami dai fiori bianchi di pesco e di mandorlo e i temporali improvvisi, trasformando di fatto una stagione in una metafora: non è un caso che proprio Carducci, il poeta della Storia, ami la primavera, il momento in cui gli animi si risollevano, il nuovo Risorgimento.
La primavera descritta da Carducci è ricca di riferimenti mitologici, poiché con questa stagione sembra rinascere il culto pagano per la bellezza, l’adorazione del sole e del dio Apollo e un nuovo desiderio d’evasione. In Brindisi d’aprile (un’altra poesia di primavera), Carducci scrive versi dedicati all’amata Lina (ovvero Carolina Cristofori Piva) che sono un elogio al “cielo dell’Ellade” al sole, al vino, all’ebbrezza, in cui si avvertono sottotraccia i riferimenti ad Apollo e Dioniso.
Nei versi di Primavera classica avvertiamo un’eco delle atmosfere pastorali delle Bucoliche di Virgilio e il controcanto del Canzoniere di Francesco Petrarca e dell’amore per Laura: il poeta ci descrive il principio di un idillio, che è anche l’idillio amoroso. Il tempo dell’amore, vedremo infine, sovrasta il tempo della primavera.
Scopriamone testo, analisi, parafrasi e la donna cui era dedicata.
“Primavera classica” di Giosuè Carducci: testo e parafrasi
Da i verdi umidi margini
La vïoletta odora,
Il mandorlo s’infiora,
Trillan gli augelli a vol.
Profuma la violetta al margine del prato verde umido di rugiada, il mandorlo è in fiore e gli uccelli cantano in volo.
Fresco ed azzurro l’aere
Sorride in tutti i seni:
Io chiedo a’ tuoi sereni
Occhi un piú caro sol.
L’aria è fresca e azzurra e il cielo pare sorridere in ogni angolo (“seni” è una sineddoche, indica la parte per il tutto, possiamo cogliere già nel cielo un’immagine riflessa della figura femminile, Ndr), io chiedo ai tuoi sereni occhi di illuminarmi con una luce più viva.
Che importa a me de gli aliti
Di mammola non tócca?
Ne la tua dolce bocca
Freme un più vivo fior.
Cosa m’importa del profumo della viola mammola che non si può toccare?
Nella tua dolce bocca freme un fiore più vivo.
Che importa a me del garrulo
Di fronde e augei concerto?
Oh che divino accento
Ha su’ tuoi labbri amor!
Cosa m’importa della sinfonia delle fronde e degli uccelli quando sulle tue labbra l’amore parla con un accento divino!
Auliscan pur le rosee
Chiome de gli arboscelli:
L’onda de’ tuoi capelli,
Cara, disciogli tu.
Profumino pure le rose e le chiome dei giovani alberi, ora cara disciogli l’onda dei tuoi capelli.
M’asconda ella gl’inanimi
Fiori del giovin anno:
Essi ritorneranno,
Tu non ritorni più.
Mi nasconda la tua bella chioma i fiori inanimati del nuovo anno, essi ritorneranno, mentre tu non ritorni più.
“Primavera classica” di Giosuè Carducci: analisi e commento
Nella sua Primavera classica Giosuè Carducci ci descrive una metamorfosi di ovidiana memoria: la primavera diventa la donna, o forse la donna diventa la primavera. La stagione in fiore si trasfonde nella giovinezza della donna, che è come un fiore in boccio: i suoi occhi sono il cielo sereno, i suoi capelli le folte chiome degli alberi.
Una metamorfosi non poi così diversa da quella dannunziana descritta ne La pioggia nel pineto, in cui viene descritta un progressiva fusione panica nella natura da parte della coppia di amanti. Anche per Carducci la primavera è la stagione dell’amore; ma nel finale si annuncia una scissione irreversibile tra il tempo della natura e il tempo dell’umano. Primavera sempre ritorna, ma la sua amata, il tempo dell’amore, non tornerà più. La contrapposizione è data dai “fiori inanimi” della primavera - dunque inanimati, senza vita - e la palpitante, vitale giovinezza destinata a trascorrere e svanire. Il tempo dell’umano, dell’amore, nell’ode di Carducci sovrasta la primavera: possiamo cogliere nell’ode un altro velato richiamo classico, carpe diem, cogli l’attimo. Nel lapidario “non ritornerà più finale” possiamo cogliere un monito a vivere il presente, dunque il “tempo dell’umano”.
La conclusione ricorda una bella canzone di Franco Battiato, La stagione dell’amore, che nelle prime righe sembra fare eco all’ode carducciana:
La stagione dell’amore viene e va (...)
Se penso a come ho speso male il mio tempo
Che non tornerà, non ritornerà più
Il poeta vate dell’Italia risorgimentale non vuole avere rimpianti e lo dice, nel finale paragona la sua donna a un fiore primaverile appena sbocciato:
M’asconda ella gl’inanimi
Fiori del giovin anno:
Essi ritorneranno,
Tu non ritorni più
Chi era la donna della primavera per Carducci?
Nell’ultima parte della vita di Carducci il fiore di primavera era stato Annie Vivanti, il cui vero nome era Anna Emilia Vivanti, la bionda poetessa inglese, suonatrice di violino, conosciuta proprio il 24 marzo del 1889, nel pieno rigoglio della stagione dei fiori. Lei aveva ventiquattro anni; presto avrebbe pubblicato il suo primo libro di poesie, Lirica, che sarebbe apparso con un’introduzione a firma di Carducci.
Una primavera ritrovata nello sfiorire degli anni.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Primavera classica” di Giosuè Carducci: una poesia d’amore
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Storia della letteratura Giosuè Carducci
Lascia il tuo commento