Ragazzo italiano
- Autore: Gian Arturo Ferrari
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2020
Il bambino, il ragazzino, il ragazzo. Questa è l’architettura con cui Gian Arturo Ferrari ha voluto raccontare e scandire le fasi di un’iniziazione alla vita adulta che, nel caso del piccolo Ninni, si svolge dai primi anni Quaranta del secolo scorso per attraversare il lungo dopoguerra, fino al cambio di passo della storia italiana alla vigilia del Sessantotto.
L’autore, che ha vissuto tutta la vita in mezzo ai libri, in Ragazzo italiano (Feltrinelli, 2020) ci racconta come il suo alter ego, il bambino timido, malaticcio e balbuziente, adorato dalla nonna Emma, amato con preoccupazione dalla madre, guardato quasi con fastidio dal padre, riuscirà a uscire dalle ovattate premure familiari per entrare con sofferenza e consapevolezza nell’adolescenza, per poi guadagnarsi un’indipendenza intellettuale dovuta alle sue doti che finalmente riusciranno a emergere.
La ricostruzione della vita di un bambino vissuto tra la campagna emiliana, dove la nonna possedeva poderi dati a mezzadria ai contadini, e un paese della provincia lombarda, dove nei mesi di scuola Ninni abitava con la sorellina Lella e i genitori, è uno specchio fedele della società italiana che si propone la ricostruzione dopo gli anni della guerra.
Tanti sono i temi che Ferrari affronta nei brevi capitoli che si susseguono nella incalzante narrazione: la famiglia piena di segreti mai rivelati, di incomprensioni che vengono da lontano, di rapporti difficili, di gerarchie incomprensibili agli occhi attenti del bambino.
La descrizione dei riti della campagna, il ruolo padronale della nonna, maestra rigida, sempre vestita di scuro dopo la precoce vedovanza, ma determinata a dare al nipotino un metodo di studio solido che lo affranchi dalla modestia dell’istruzione in quegli anni difficili condurranno il bambino alla scuola media, non ancora unificata, con ottimi risultati.
Tutto il percorso scolastico di Ninni, allorché la famiglia si trasferirà a Milano in un appartamento nuovo, con il bagno e l’ascensore, sarà punteggiato dalle figure significative degli insegnanti, punti di riferimento per il ragazzino che vede nella scuola la sua possibilità di promozione sociale, oltre che culturale.
La vita nelle aule, la separazione netta tra femmine e maschi, le ragazze con i calzini bianchi e il grembiule nero, i maschi con giacca e cravatta, come piccoli impiegati, ma in compenso il latino studiato in profondità, autori, poeti, versi, poesie a memoria, Carducci, Pascoli, Leopardi, è lo specchio che riflette la scuola seria, talvolta rimpianta, di molti di noi.
Gli anni del ginnasio in un prestigioso liceo milanese, con la professoressa di lettere che tempestava con verbi latini e greci, versioni quotidiane, poco italiano, giusto i Promessi sposi; poi finalmente il triennio liceale, con un insegnante come Fumagalli, elegante, colto, aperto, il prototipo del professore impegnato, il preside Zevi, brillante rabbino toscano che non parlava mai di Shoah anche se era avvenuta solo pochi anni prima, raccontano una scuola che ha contribuito a formare quella classe dirigente proveniente dalla borghesia della cultura e delle professioni che è riuscita ad assicurare la rinascita del nostro paese.
Il sesso, l’amore, il desiderio di viaggiare, i libri, gli autori famosi, i giornalisti... c’è veramente un intero spaccato della società italiana trasformata dal boom economico, dalle automobili, la famiglia del protagonista prenderà una 1100 bicolore, con le pinne, la stessa della mia famiglia negli stessi anni.
La televisione, che veniva guardata soprattutto in paese non per i programmi trasmessi, ma come oggetto in sé, consentiva agli uomini di uscire di casa la sera, per godersi al bar lo spettacolo. In famiglia ci si riuniva per il Musichiere o Lascia e Raddoppia, per la puntata del romanzo sceneggiato, che consentì un’alfabetizzazione di massa e contribuì all’evoluzione del costume e alla nascita di una nuova socialità.
Un filo di malinconia sembra percorrere le pagine del lungo racconto di Gian Arturo Ferrari, quasi una sorta di rimpianto per una società italiana più povera, più sobria, più ipocrita nei sentimenti, più bigotta nelle relazioni, ma forse per certi versi più unita e solidale nel desiderio di uscire dalla gabbia della miseria, del pregiudizio, della divisione classista della società.
Brutte piastrelle gialle, brutti arredi, treni maleodoranti e affollati, ma anche la possibilità di frequentare i Lunedì letterari, di incontrare Franco Fortini, di vincere per merito scolastico una vacanza indimenticabile nella Grecia del mito, conosciuta solo dalle pagine dei manuali scolastici.
Un come eravamo intenso e affettuoso, quello raccontato nel romanzo autobiografico Ragazzo italiano, nel quale ritrovarsi cresciuti, come Ninni divenuto poi Piero, un giovane adulto proiettato in un futuro irto di difficoltà, ma fornito di solidi strumenti per affrontarlo.
Ragazzo italiano
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Un libro caruccio, ben scritto, che rievoca bene certe atmosfere del recente passato del nostro paese. Garbata la costruzione dei personaggi. Però ... Però, se l’autore non fosse stato un big della cultura libraria italiana? Neanche annunciata la sua segnalazione per lo Strega che è diventato un libro "pesante" per il premio. Non è un indimenticabile capolavoro. Non siamo di fronte a un gran libro. Insomma, avrà pur fatto bene il direttore editoriale e altro, ma non è che sia questo scrittore che non potevamo perderci.
Salve bellissima recensione che condivido completamente.
A me è piaciuto molto perché ho rivissuto alcuni momenti della mia vita, pur essendo nata nel 57.
Inoltre ho molte analogie familiari .
Per cui leggere questo libro è stato come rivivere dolcemente la mia infanzia e ricordare episodi finiti nel dimenticatoio.