Riparare i viventi
- Autore: Maylis de Kerangal
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2015
Riparare i viventi di Maylis de Kerangal è un romanzo durissimo di cui è difficile scrivere; leggendolo ho dovuto spesso fermarmi, tanta era la commozione e il forte coinvolgimento che non si può non provare di fronte ad un dramma che viene raccontato dalla scrittrice senza risparmiare nulla al lettore, che viene immesso nella vicenda e deve viverla fino in fondo, come faranno i due genitori del ragazzo, Simon Limbres, e i medici che prendono su di loro la responsabilità di gestire la vicenda che si consuma in poche difficili ore.
Simon è un ragazzo bello e sano, un diciannovenne che ama la natura e dedica le sue energie al surf, insieme a due amici. Tornando da una sessione notturna, stremati dopo aver catturato le onde gelide della Manica, all’altezza di Le Havre, i tre ragazzi su un antiquato e decoratissimo pulmino hanno un incidente che per Simon, privo di cintura di sicurezza, sarà fatale. Ricoverato in ospedale in coma profondo, si pone subito al medico anestesista, Révol, il compito di rivelare il dramma ai genitori, Marianne e Sean, e contemporaneamente allertare Thomas Rémige, l’infermiere che gestisce la procedura dei trapianti d’organo: il cuore di Simon continua a battere, attaccato alle macchine, ma in pochissime ore il suo cervello smette di dare impulsi.
Come convincere i genitori distrutti ad accettare che il loro bambino, che apparentemente è ancora vivo, il cui cuore batte ancora, il cui aspetto è quello di prima, si trasformi in poche ore in una banca che fornisce organi a chi, in lista di attesa, li attende per continuare un altro pezzo di vita?
Il combattimento interiore dei due genitori, fra pianti e disperazioni, reazioni forti, interrogativi irrisolti, si risolve, grazie alla preparazione psicologica di Thomas, infermiere che canta per hobby e ha comprato in Algeria un cardellino che imita i toni musicali della natura.
La coppia accetterà di donare il fegato, i reni, i polmoni e alla fine il cuore del loro amatissimo figlio, ma impedirà il trapianto delle cornee. I genitori pregano Révol che prima di intervenire sul corpo integro di Simon gli vengano sussurrati i saluti di mamma, papà, la sorellina Lou, la nonna, Juliette, il grande amore, e la traccia della musica preferita.
Tutta la seconda parte del libro racconta la macchina efficientissima che riguarda il multitrapianto di organi, che deve avvenire entro pochissime ore dall’espianto.
Non riesco a dire di più su questo libro che va letto, con sofferenza, ma va letto, ripeto, nella sua integra e coraggiosa durezza.
Marianne, la madre di Simon, è un personaggio che Maylis de Kerangal immortala quando, avvertita dell’incidente, esce di casa per raggiungere l’ospedale, ancora ignara.
“... la madre che s’infila i vestiti in fretta… poi corre in bagno per schizzarsi acqua fredda sul viso, ma nessuna crema, niente, quando rialzando la testa dal lavandino incrocia il proprio sguardo nello specchio… stupita di non riconoscersi, come se fosse l’inizio della sua trasfigurazione, come se fosse già un’altra donna: un pezzo della sua vita, un pezzo bello grosso, ancora caldo, compatto, si stacca dal presente, per colare a picco in un tempo passato, per crollarvi e scomparire.”
Una prosa fredda, tagliente, acuminata, che racconta il dopo della perdita di un figlio, la trasfigurazione fisica e mentale che una simile tragedia provoca nel corpo di una madre.
Ci sono molti altri personaggi di contorno a questo evento così corale: l’infermiera Cordelia, nuova del reparto, che si trova coinvolta nel trapianto dopo una notte di sesso con un lui che forse sparirà e di cui attende la chiamata su un cellulare a cui non potrà rispondere; il cardiochirurgo di fama, Harfang, quasi un divo celebrato, che a Parigi ha la paziente cinquantenne compatibile che aspetta un cuore nuovo e il miracolo di una vita nuova che solo lui potrà donarle: Claire è una traduttrice di poesia inglese, trasferitasi in un monolocale vicino all’ospedale, che riceve in nottata la notizia, sarà operata entro pochissime ore, ore terribili nelle quali riflette su chi è morto per donarle una nuova opportunità, ma lei non potrà saperlo né ringraziarne la famiglia.
Il chirurgo che espianta il cuore di Simon è un italiano, Virgilio, che viene avvertito dell’emergenza mentre sta aspettando che scenda in campo la nazionale italiana, per la quale tifa ovviamente, contro quella francese. Festeggerà il gol di Pirlo nel tragitto avventuroso ma rapidissimo tra Le Havre e Parigi, in aereo, in auto, con una organizzazione capillare che in pochissimo tempo fa arrivare la preziosa “valigia” che contiene il cuore giovane di Simon fino al letto operatorio dove l’equipe sta già lavorando.
“Il cuore di Simon adesso migra, è in fuga sulle orbite, sulle rotaie, sulle strade, trasportato in quella cassa dalle pareti di plastica... scortato con attenzione assoluta, come un tempo si scortavano i cuori dei principi, come se ne scortavano le viscere e lo scheletro, le spoglie divise per essere ripartite, inumate dentro una basilica, una cattedrale, un’abbazia, al fine di garantire un diritto al suo lignaggio, preghiere per la sua salvezza, un avvenire alla sua memoria…”
In pagine come queste, di alta commozione e di qualità letteraria di grande spessore, si ritrova l’affermazione riportata sulla copertina algida del libro:
“Questo romanzo è bello come una tragedia antica”.
Traduzione impeccabile di Maria Baiocchi e Alessia Piovanello, che rende in pieno questo tempo breve e così intensamente lungo raccontato da Maylis de Kerangal.
Riparare i viventi è un libro che non si dimentica, costruito su un linguaggio capace di coniugare la brutalità della scienza medico chirurgica con la grande letteratura.
Riparare i viventi
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Quale catena di eventi si mette in moto nel momento del decesso di una persona?!?
Alla morte di un famigliare, amico, conoscente partecipano e sono coinvolti non soltanto coloro che avevano diretti rapporti con il defunto, quando questo ancora era in vita, ma prendono parte e restano coinvolte anche tutte quelle persone che nel corso delle pratiche burocratiche, delle attese, dei rituali e delle procedure ospedaliere hanno in qualche modo avuto notizia e contatti con il deceduto.
La catena psicologica di movimenti che può crearsi a seguito di un decesso molto spesso non viene nemmeno presa in considerazione. Consapevoli che ad avere la maggior sofferenza sono parenti, amici e conoscenti diretti non è da escludere che anche tutti coloro che hanno avuto modo di entrare in contatto con colui che è venuto meno possano essere meno sensibili a questo evento.
La morte scombussola, anche quando è attesa, ormai preannunciata da tempo è sempre un evento che non lascia pace e con il quale sorgono una serie di conseguenze e concause di difficoltosa gestione.
L’espianto di organi è uno degli aspetti critici legati al tema della morte. Molto spesso, infatti, chi resta si trova costretto a prendere delle decisioni, soprattutto nel momento in cui il soggetto deceduto non aveva lasciato disposizioni o la sua morte non era stata preannunciata da gravi malattie o altro.
Nel testo l’autrice francese cerca di trattare la tematica dell’espianto di organi dal punto di vista di due genitori che a seguito del decesso improvviso ed inaspettato del figlio devono decidere se autorizzare la procedura di espianto. Il ruolo di medici ed infermieri addetti a tali procedure molto spesso risulta essere scomodo e difficoltoso, costoro si creano una sorta di schermatura che apparentemente li distanzia dal momento critico vissuto da amici e famigliari in quei frangenti, tuttavia non mancano anche per loro momenti di difficoltà e sconforto.
Il testo risulta essere una lettura molto attuale, vista soprattutto la grave perdita di vite umane avuta in Italia a seguito della pandemia da Sars Covid- 19, una lettura utile e suggeribile a molti di quei professionisti che per necessità della situazione si sono trovati ad affrontare quotidianamente il tema della morte.