Romanzo selvaggio
- Autore: Macello
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2018
C’era una volta “Porci con le ali”, oggi è stato scavalcato da “Romanzo selvaggio”, una non-fiction novel pubblicata con coraggio e non senza faccia tosta dalla Compagnia Editoriale Aliberti di Reggio Emilia-Correggio (marzo 2018, pp. 158, euro 17,00 in formato cartaceo, euro 9,99 in formato e-pub), casa editrice rediviva, dopo una certa assenza dagli scaffali. La firma in copertina è Macello ma non si tratta di una persona o, meglio, non una sola. È un collettivo di scrittura, quattro ragazzi un po’ sgangherati, decisamente sboccati ma soprattutto anticonformisti fino al fanatismo. Tre studenti e una modella. Nel dettaglio: due laureandi in Lettere, un bocconiano e una bellezza tatuata, soprattutto sulle braccia.
L’hanno classificata come una non-fiction novel. E come la dovremmo intendere, una storia vera? Se lo è, una storia vera, sia pure non legata a una trama o un cliché narrativo convenzionale, è comunque nata da nottate insonni condite di chiacchiere, birra, due cicchetti e anche più. Si direbbe.
Non avrete altro romanzo all’infuori del nostro, sembrano urlarci i quattro Macello. Ci vuole poco a capirlo, dopotutto. Solo quattro fegatacci come loro hanno avuto il coraggio di proporre a un editore un testo di parole, azioni ed espressioni tanto toste. È scrittura graffiante, stordente, a modo suo elegante. Provocazione totale: volgarità, frasi crude, sballo, droga e rock duro, qualche battuta al limite del blasfemo o forse no.
Non c’è niente di normale, eppure niente di casuale. Non sono pagine buttate a vanvera e sono talmente brevi che il testo ritmato e martellante, come un tam tam, copre solo una parte di ogni pagina. Metà e anche più del foglio resta bianco.
E ognuna è un capitolo intero. Provare per credere. Tuttavia si ricava ugualmente una narrazione, con un filo conduttore, un tantino sballato, ma pur sempre conduttore.
Una storia c’è, ma valla a trovare, in questo romanzo che avvicina il capoluogo lombardo più a una Chernobyl postatomica che alla Milano da bere del sindaco Pillitteri. Perché se ci fosse stato da bere, se lo sarebbero scolato i quattro protagonisti, non c’è dubbio. Quattro giovani maschi. Vivono una realtà da metanfetamine e “fattanza”. Più “bamba” che ragazze (le chiamano in un altro modo, facilmente immaginabile, sul quale per rispetto di genere sorvoleremo).
Si presentano, con i c…i mosci, chi leggerà il primo capitolo capirà. Sono ALT, CTRL, CANC, ESC, roba da tastiera del PC. Studenti universitari, ma non studiano un c…o, dicono. Sono parcheggiati in
“facoltà strafighe che servono solo a creare nuovi disoccupati”.
Abitano un appartamento di cinque stanze, in un palazzo dell’hinterland milanese, avamposto tra la gente che sta bene e i morti di fame. Oltre il loro quartiere solo maghrebini, neri, l’Ikea, la tangenziale.
Hanno deciso di sfangare un po’ di “merda”, affittando la quinta camera, un loculo di 5 metri quadri, senza finestra. Se il capitalismo è una religione basata sul debito, si considerano dei veri credenti. Ne devono a tutti di soldi. Il denaro lo chiamano “merda”, ma serve eccome, ammettono.
“La catena al collo è sempre più corta. Ogni tanto torniamo a casa dai signori vicepadri, vittime del capitalismo fregnico e dalle signore madri, vittime del design egemonico”.
Dopo aver scoperto che alla gente “frega” solo creare nuovi gruppi su whatsapp, vanno via e gli tocca
“telefonare ai signori padri naturali nella speranza di farsi sganciare qualche extra, ma quelli sono sempre in palestra o con qualche troia, che riduce il nostro potere d’acquisto di sballo”.
Sono esempi, tra i più puliti, del Macello style of life, dove una delle occupazioni che riempiono le giornate è convertire “merda” in “p....dio”, perché il mercato della “bamba” ha prezzi variabili e agli spacciatori maghrebini o calabroalbanesi non importa un c…o della “patafica” o dell’ultrasensoriale.
“Non ne abbiamo mai abbastanza di p….dio, fumato, sniffato, slinguato, ingoiato, iniettato, bongato, chilumato, ma per il p….dio dobbiamo cagare merda, perché tutto gira lì attorno”.
Nell’esaminare candidati, quel buco di stanza diventa un laboratorio di vite. Si affacciano persone, figure e personaggi, un certo Legione su tutti, fino alla sorprendente, ma non troppo, conclusione.
Vale la pena leggere “Romanzo selvaggio”? Può andare a genio ai trasgressivi. Una sbornia intellettuale. Di certo non al politically correct, ai travet, alle santerelline.
Alla fine bisogna essere un tantino allenati al vituperio, per non restare groggy sotto una raffica di sconcezze, indecenze, neologismi, giri di parole urticanti, che ti riducono come un punching ball.
In effetti, quei quattro del Macello sono degli scrittori boxeur, pesi medi, molto tecnici, pugni precisi, implacabili.
Comunque, un romanzo inimitabile. Il “Porci con le ali” del nuovo millennio.
Romanzo selvaggio
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