Rossini. Codice di sangue di Enrico Stinchelli

Tempo di casi e detective i più disparati che si danno da fare per risolverli. Il boom della narrativa gialla (e thriller) è un’onda lunga: molta convenzione pochissimi guizzi, un genere che non amo per la stereotipia su cui poggia spesso e volentieri (passati oscuri a bizzeffe, amnesie coniugali, bambini scomparsi, killer seriali post Hannibal Lecter, detective vetero-montalbaniani e/o anti-eroi improvvisati). Se ho letto “Rossini. Codice di sangue” (Gremese, 2017) è

• perché sembra ma NON È un giallo (sapete uno di quegli insopportabili gialli a sfondo storico?);
• per la caratura colta del suo autore: Enrico Stinchelli, voce famosa di RadioTre nonché serio studioso del repertorio operistico;
• perché interessato alle vicende (qui romanzate, ma fino a un certo punto) del suo protagonista.

Detta in due righe: il romanzo è un romanzo sulla genesi oscura della Petite Messe Solennelle di Rossini e un mistery esoterico al contempo, e non mi ha deluso. Sullo sfondo di una Parigi tenebrosa, la trama in cui viene irretito un Rossini assediato dalla depressione, si sbroglia tra messe nere, numerologia, sacrifici umani, musica delle sfere, poteri occulti, e un complotto ordito da notabili in odore di satanismo. Siamo nell’annus domini 1860 e l’eco dei moti insurrezionali non si è del tutto sopito, in una Ville Lumiere sottotraccia dedita alle pratiche soprannaturali, al vizio e alle trame più segrete. Saranno fonti ispirative proprio per la Petite Messe Solennelle, opera ultima e misteriosa del compositore con i crismi del testamento artistico.

I personaggi reali chiamati a operare in “Rossini. Codice di sangue”, fanno il paio con una prosa nitida che non lesina i colpi di scena, il biografismo e la minuta descrizione della società francese del secondo Ottocento. Un romanzo solido e di buona presa, anticipato dalla suggestiva copertina di Patrizia Marrocco.