Saffo di Alphonse Daudet

Nato come un feuilletton, “Saffo” di Alphonse Daudet comincia come una storia galante, sottile, che sembra una mosca che ronza attorno al naso del lettore che si chiede, scacciandola: quando comincerà davvero? E poi comincia, oh se comincia!

L’eroina, una donna di piacere in apparenza vuota e superficiale, crudele con gli amanti e dedita al lusso, si trasforma per amore del suo giovane innamorato in una devota compagna capace di sopportare ogni umiliazione, persino il lavoro (tanto aborrito a quei tempi dalla nobiltà) e la povertà. La vita dei due è semplice, quotidiana, fatta di tutti quei minuscoli piaceri che "Saffo" non aveva mai conosciuto, pur in una vita tuffata nei piaceri. E così Fanny Legrand, con questo nome che è tutto un programma, si trasforma in donna casta, onesta e riesce in tal modo ad allontanarsi dallo sfacelo delle sue compagne di vita che si stanno consumando nel lusso vuoto e nella ricerca degli ultimi palpiti di giovinezza nelle loro membra oramai inflaccidite e appesantite. Ma non Fanny, che questa volta ama davvero volta e resta giovane, come Dorian Gray, come nel busto che uno scultore famoso realizzò per lei, pazzo d’amore. Nonostante tutto Jean, il giovane Jean, finisce per averla a noia, depone le armi della gelosia e veste il sudario del fastidio tanto da portare Fanny a prostrarsi, a supplicare perché egli rimanga.

Non sveliamo qui il finale, ma il lettore vedrà con sorpresa la donna di strada cedere a poco a poco il passo all’eroina, alla Didone sulla pira, alla Butterfly che si immola per un uomo. Jean, la cui giovinezza rende vincitore, spavaldo, freddo, non uscirà vittorioso dalla vicenda ma sarà lei, quella donna per cui ha provato tanta insana passione e tanto disprezzo a un tempo, che si ergerà dal suo passato immondo per volare come una candida colomba in uno squarcio di cielo azzurro che si apre sul porto sferragliante di navi in partenza.