C’è un ritornello malinconico che ritorna nelle giornate afose d’agosto: “Sapore di sale, sapore di mare”. La canzone di Gino Paoli, lanciata per la prima volta nel 1963 e in seguito inserita nell’album Basta chiudere gli occhi (1964), è ormai diventata un adagio estivo che scandisce il tempo lento delle ferie agostane.
È una canzone che ha il sapore di un’epoca e, tra le sue note, conserva anche il ritmo inconfondibile del tempo: l’estate italiana da cartolina colori pastello, dei balli lenti, degli incontri fugaci e degli amori durati appena una stagione.
Sapore di sale, sapore di mare ci riporta l’odore della sabbia, il flusso lento e ripetitivo delle onde e il sentore dell’acqua salata che cura, come le lacrime, diceva Karen Blixen, l’autrice de La mia Africa, affermando che la cura per ogni cosa è l’acqua salata: “sudore, lacrime o mare”.
Il testo di Gino Paoli, arrangiato dal maestro Ennio Morricone, cela in realtà una profonda inquietudine. Sullo sfondo di Sapore di sale, sapore di mare permane infatti una storia d’amore tormentata.
Vediamo più nel dettaglio testo e significato della canzone, continuando il nostro viaggio letterario nelle canzoni dell’estate italiana.
“Sapore di sale”: la vera storia dietro la canzone
Oggi questo ritornello da ballata è la canzone dell’estate per antonomasia; ma negli anni Sessanta era il brano ispirato di un ragazzo genovese che accanto al mare ci era cresciuto. La canzone del suo successo, però, è ispirata a Capo d’Orlando, in Sicilia, fu quello il momento in cui gli balenò in mente l’ispirazione fulminea. Gino Paoli racconta di averla composta di getto, una volta tornato a Genova, dopo il soggiorno siciliano: in un’intervista disse che la scrisse tutta in una volta, come se gli fosse stata dettata o ispirata dall’alto, mentre si accompagnava con il pianoforte. Nella sua mente era intrappolato il ricordo dei movimenti lenti dei pescatori nella baia di San Gregorio che diedero il ritmo caratteristico alla melodia.
Cantava e pensava al mare cristallino della Sicilia, alle pietre smussate e arrotondate della baia messinese dove aveva trascorso più di un mese di “confino dorato”. Fu il tempo lento della vacanza a ispirare Sapore di mare che infatti è tradotto anche nei suoi versi, come “qui dove il mondo è diverso”.
Gino Paoli raccontò che per nessun altro brano della sua carriera fu ispirato in questa maniera così repentina:
“Non era mai successo prima e non è più successo dopo”.
Consapevolmente o meno, la sua canzone ormai aveva acceso una fiamma d’amore negli spettatori che non si è ancora spenta. Gino Paoli aveva catturato, grazie a chissà quale genio ispiratore, nelle note il ritmo lento e sognante dell’estate. Era, infatti, una canzone fortemente sinestetica, sin dal titolo, che invocava odori, sapori, sensazioni e con esse, forse proprio grazie a esse, anche il fantasma evanescente di una donna che, come una sirena, sembrava fondersi con l’acqua marina e l’andirivieni delle onde.
La particolarità della melodia di Sapore di sale, sapore di mare è che trasforma persino il silenzio in materia: lo sciabordio delle onde che cullano la mente riposa lento in sottofondo, diventa canto e sogno. L’estate diventa una visione che galleggia sul mare calmo dalle lunghe onde piatte e spumose che si infrangono a riva con dolcezza. E poi c’è una donna-sirena che esce dall’acqua e viene a sdraiarsi accanto all’autore: è una presenza quasi irreale, in bilico tra realtà e mito, sembra creata dal mare, un prolungamento dell’acqua, non molto diversa dall’equorea creatura di montaliana memoria, ovvero l’Esterina minacciata dai vent’anni in Falsetto.
Qui forse, in questa misteriosa presenza-assenza, risiede il vero segreto del successo duraturo di Sapore di mare, sapore di sale, l’idillio sensuale che permea l’odore del mare e il sapore del sale.
Scopriamo il vero significato della canzone.
“Sapore di sale” di Gino Paoli: testo
Sapore di sale,
sapore di mare,
che hai sulla pelle,
che hai sulle labbra,
quando esci dall’acqua
e ti vieni a sdraiare
vicino a me
vicino a me.Sapore di sale,
sapore di mare,
un gusto un po’ amaro
di cose perdute,
di cose lasciate
lontano da noi
dove il mondo è diverso,
diverso da qui.Qui il tempo è dei giorni
che passano pigri
e lasciano in bocca
il gusto del sale.
Ti butti nell’acqua
e mi lasci a guardarti
e rimango da solo
nella sabbia e nel sole.Poi torni vicino
e ti lasci cadere
così nella sabbia
e nelle mie braccia
e mentre ti bacio,
sapore di sale,
sapore di mare,
sapore di te.
“Sapore di sale” di Gino Paoli: la canzone
“Sapore di sale” di Gino Paoli: significato
Non si capisce a fondo se la canzone d’amore di Gino Paoli sia dedicata a una donna, oppure sia dedicata a un luogo, la baia dei pescatori di San Gregorio. Il testo ci rivela un’atmosfera panica, quasi dannunziana alla stregua de La pioggia nel pineto; se Gabriele D’Annunzio cantava la sua Ermione come un prolungamento silvestre, una donna fatta albero, foglia, corteccia che rinasce nuova come da un guscio, così anche Gino Paoli nelle sembianze della donna uscita dal mare celava l’immagine di una donna reale, un amore proibito.
La vacanza cantata dall’autore è infatti permeata di inquietudine, comprendiamo di trovarci in un mondo in parte separato dalla realtà vera, dove il sogno si confonde con il desiderio:
dove il mondo è diverso,
diverso da qui.
Ma questa espressione cela anche un tentativo di fuga che avrebbe potuto avere un esito atroce. L’11 luglio del 1963 infatti Gino Paoli tentò il suicidio sparandosi dritto al cuore; il proiettile, per fortuna, non toccò gli organi vitali, rimase conficcato nel torace. Era salvo, non era morto. Sulle ragioni di quello sparo il cantante, oggi ottantanovenne, avrebbe rilasciato, in seguito, numerose interviste. Si sentiva intrappolato in una vita che non voleva: aveva tutto, eppure sentiva che tutto gli mancava. All’epoca era sposato e aveva una figlia, ma sentiva di amare un’altra donna. Motivo per cui molti oggi affermano che la presenza-assenza evocata nei versi struggenti di Sapore di sale, sapore di mare fosse in realtà l’attrice Stefania Sandrelli. Quella tra Gino Paoli e Stefania Sandrelli fu una storia scandalo negli anni Sessanta, in quanto l’attrice era minorenne: fu una grande storia d’amore, in barba alle malelingue, da cui nacque anche una figlia, Amanda Sandrelli.
La donna evocata in Sapore di sale, sapore di mare era dunque, in realtà, un’assenza, una presenza invocata e indesiderata, in quanto l’autore desiderava una donna lontana, impossibile da raggiungere, che il destino sembrava avergli precluso. La canzone, nella sua malinconia, traduce un rimpianto, un’angoscia d’amore, che si esprime perfettamente nel “sapore di sale” che è dolceamaro e riflette appieno le sensazioni ondivaghe di un animo innamorato. L’acqua del mare, con i suoi amari flutti, si fa presagio di un naufragio: “non bere l’acqua del mare”, si dice, ricordando che l’incanto del mare è bello da vedere in superficie, ma amaro nella sua essenza.
La bellezza del ritornello di Sapore di sale, sapore di mare tuttavia è data dal fatto che Gino Paoli nel finale ci regala il lieto fine, ovvero fa sì che il sogno si avveri: infine il sapore di sale diventa “sapore di te”, la malinconia sembra trovare conforto. Per questo motivo il brano è diventato una delle canzoni più celebri dell’estate italiana: ci restituisce quell’atmosfera da sogno, avulsa dalla monotonia e dalla frenesia del reale, che ammanta il periodo estivo. Nel mese di agosto, quando tutto è immobile e ci concediamo un momento rubato di libertà, i rimpianti si fanno vicini e non possiamo fare a meno di abbandonarci a fantasticherie a occhi aperti.
Nella sua canzone intramontabile Gino Paoli aveva avverato e reso tangibile il senso delle ferie agostane, quindi promessa e nostalgia, i pensieri si avvicendano cullati da un ritmo lento che ricorda il rumore del mare, in una miscela dolceamara che infine si arrende all’attesa seducente del sogno che si avvera.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Sapore di sale, sapore di mare” di Gino Paoli: il vero significato della canzone
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