Scuola di classe
- Autore: Roberto Contessi
- Genere: Scuola
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Laterza
- Anno di pubblicazione: 2016
Perché la scuola funziona solo per chi non ne ha bisogno? Perché la scuola pubblica italiana continua, malgrado le successive riforme, ad essere una scuola classista? Perché troppo spesso i diplomi erogati dal sistema scuola italiano sono diplomi di cartapesta? A queste e a molte altre domande tenta di dare una risposta il professore di storia e filosofia, dottore di ricerca, Roberto Contessi, nel suo breve ma densissimo saggio appena uscito per la Laterza, con il titolo “Scuola di classe”.
Suddiviso in quattro capitoli, nella introduzione l’autore spiega il senso della sua ricerca:
“Se la scuola rappresenta un tempo denso di storie, che spesso affondano come detriti, il compito che mi sono prefisso è quello di farle riemergere e dare conto di modi, buone pratiche oppure cattive abitudini. Il tempo scuola non è quasi mai in grado di colmare le diseguaglianze di partenza, e si limita, così, a certificarle”.
Roberto Contessi conosce dal di dentro il mondo della scuola, i suoi attori, alunni, insegnanti e famiglie, e non lesina severe critiche all’andazzo che fin dal 1969, quando fu varata quella riforma degli esami di maturità che doveva essere temporanea ed è durata trenta anni, ha consentito di erogare titoli fasulli: anche ora però, dopo la reintroduzione della terza prova dell’Esame di Stato e di tutte le materie orali, non è che la scena sia troppo cambiata, visto che oltre il 96% dei maturandi risulta promosso all’esame finale, con i più bravi appiattiti e i meno meritevoli comunque licenziati.
L’autore parla autorevolmente nel testo di competenze trasversali, di modalità di recupero degli alunni in difficoltà, di introduzione di un diverso tempo scuola, più esteso e flessibile, di nuovo status degli insegnanti, non più legati alle famigerate 18 ore più le 80 annuali aggiuntive, ma organizzati in modo diametralmente opposto: classi parallele, prove di livello a correzione incrociata, lavoro sul web da condividere poi a scuola, e tante altre idee di didattica innovativa che potrebbero scardinare le rendite di posizione che si sono stratificate nello sclerotizzato panorama della scuola italiana, dove i docenti hanno un’età media di quasi cinquanta anni, e nella quale genitori distratti e indifferenti, quando non paladini estremi dei loro figli, finiscono per contribuire ad un generale abbassamento delle competenze al quale stiamo assistendo. Le parole sconsolate dell’autore/insegnante, rivolto alle forze politiche che nel tempo hanno aggirato o eluso il problema di una vera rinnovata scuola di qualità, sono durissime:
“La demagogia è parente del consenso, dell’acquisizione del voto elettorale, del quieto vivere e del rabbonire i conflitti attraverso soluzioni che illudono e, soprattutto, non esplicitano le loro conseguenze”.
Debolezza culturale del nostro Paese, sistema di valutazione anarchico, ancora troppo opaco e impreciso, incapacità complessiva di recuperare gli studenti in difficoltà (per provenienza familiare, linguistica, sociale), problema dell’analfabetismo di ritorno, dell’inserimento adeguato nel mondo del lavoro, della valutazione e del controllo del lavoro e dei risultati ottenuti dagli insegnanti, sono i temi principali che l’autore affronta, proponendo risposte articolate, sostanzialmente molto innovative e non facili da applicare in un immediato futuro. Ma gli insegnanti più bravi e motivati devono provarci, possono cambiare le cose, che non sono e non saranno sempre e solo così. La luce negli occhi degli alunni che avranno saputo coinvolgere e motivare, li ripagheranno di tanti ragazzi
“distratti, scostanti, apatici o aggressivi”
che hanno incontrato nel corso degli anni. Citazioni di don Lorenzo Milani, del pedagogista Benedetto Vertecchi, del linguista Tullio De Mauro, di Luigi Berlinguer, sono doverose ma solo a sostegno di un impianto teorico condivisibile o magari discutibile, ma certo serio e approfondito nelle sue varie componenti. Consigliato particolarmente agli insegnanti, vecchi e nuovi, precari e pensionati, che potranno proficuamente discutere sulla scuola che vogliamo per il futuro dei giovani italiani.
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Non sono un’insegnante, nonostante questo, ho trovato comunque interessante il libro soprattutto per l’indagine storica e sociale che mi è sembrata applicabile a tanti campi dove vedo tanto spesso "premiata" la mediocrità.