Simona Sparaco, scrittrice e sceneggiatrice, è nata a Roma. Dopo una laurea inglese in Scienze della Comunicazione, spinta dalla passione per la letteratura, è tornata in Italia e si è iscritta alla facoltà di Lettere, indirizzo Spettacolo. Ha poi frequentato diversi corsi di scrittura creativa, tra cui il master della scuola Holden di Torino. Per Newton Compton ha pubblicato i romanzi Lovebook e Bastardi senza amore, tradotto anche in lingua inglese. Nel 2013 con Nessuno sa di noi (Giunti) è finalista al Premio Strega e vince il Premio Roma.
È da poco in libreria Se chiudo gli occhi (Giunti 2014), coinvolgente romanzo che racconta di un rapporto da ricucire, quello tra un padre “estroso” e “irruento” e la propria figlia, dedicato “a chi crede da sempre. Forse perché abita nel mondo delle Sibille”.
- Oliviero De Angeli riappare nella vita di Viola in un momento particolare della sua esistenza. Ce ne vuoi brevemente parlare?
È un viaggio sulla riscoperta di sé. Noi donne non possiamo prescindere dal primo uomo con cui facciamo i conti sin dalla nascita nella costruzione della nostra personalità. E credo che gli uomini che scegliamo come compagni, quelli da cui fuggiamo, o anche solo semplicemente quelli di cui subiamo il fascino, siano un riflesso (per emulazione o contrappasso) del padre che abbiamo avuto. È un rapporto che mi ha sempre incuriosito molto, quello dei padri con le figlie femmine. Il viaggio di Viola e di suo padre rappresenta simbolicamente la scoperta del femminile in relazione al maschile che lo ha generato. Viola è un personaggio imploso e irrisolto, che per ritrovarsi ha bisogno di capire da dove viene. In questo senso gioca un ruolo importante, nel romanzo, il recupero delle radici, delle tradizioni e del rapporto con il territorio.
- Cosa rappresenta il viaggio tra padre e figlia?
Oliviero De Angeli è un artista di fama internazionale, un bambino mai cresciuto, un inaffidabile Narciso che non ha saputo amare in modo sano ed equilibrato le donne della sua vita. Viola non sa più niente di lui da diverso tempo, ma, come scopriremo nel corso della trama, ogni sua scelta in qualche modo è dipesa da questa assenza: dalla sua relazione con Paolo, un uomo apparentemente affidabile nonché ottimo padre, alla scelta del lavoro, un impiego da commessa in un negozio di fotografie. Per Viola partire con Oliviero significa decidere di affrontare il proprio bagaglio di sconfitte e insicurezze, scandagliare la propria vita fino alla ricerca di un’identità.
- Per quale motivo ha deciso di ambientare la trama del romanzo nello scenario dei Monti Sibillini?
Sono marchigiana d’origine e ho trascorso parte della mia infanzia tra i profumi e i sapori di questa bellissima regione. Mentre scrivevo, tante cose riaffioravano alla mente come per magia. Non a caso considero questo romanzo il mio libro magico. L’ho scritto seguendo un percorso molto lungo e sofferto e a tratti avevo la sensazione che a guidarmi fossero delle forze misteriose. Tutto è partito dalla figura di Nora, che si ispira a una veggente marchigiana realmente esistita, Pasqualina Pezzola, e che da quando ero bambina mi incanta con il suo mistero. Montemonaco, Rocca, Foce mi sembravano i luoghi ideali dove far vivere e interagire i miei personaggi femminili. La Sibilla è una montagna femminile, sacra, che irradia le energie delle sue leggende. Ho fatto molte ricerche sul luogo e, mentre lo vivevo e assaporavo, mi stupivo del fatto che non fosse poi così conosciuto come avrei immaginato. Eppure sono secoli che sul suo mistero si confrontano intellettuali di vario titolo. Se Antoine de la Sale nel 1420 fu mandato dalla duchessa di Bourbon a effettuare una ricerca all’interno della famosa grotta per verificare la veridicità delle sue leggende, significa che la fama della Sibilla aveva varcato i nostri confini da molto tempo. I marchigiani forse hanno un difetto, se così si può considerare, sono un po’ chiusi e protettivi rispetto alle proprie risorse, e secondo me questo è il motivo per cui i Sibillini oggi non sono così conosciuti come molti altri luoghi forse di minor importanza nel nostro territorio.
- Il libro sottolinea l’importanza e il bisogno di guardarsi negli occhi per parlare, per chiarirsi, per spiegarsi, per evitare incomprensioni che possono durare una vita. A volte quanti errori commettiamo per una parola non detta?
“A volte le persone che amiamo finiscono molto lontano e della loro assenza ci pesa soprattutto quello che non siamo riusciti a dire”, confesserà Oliviero alla sua Viola davanti alla casa delle donne che lo hanno cresciuto. In questo romanzo i miei personaggi sono vittime di un’evidente incomunicabilità di fondo, come se cercassero continuamente di raggiungersi e fossero sempre strattonati da energie contrastanti. È il mondo che vado a esplorare che è difficile da comunicare. Un viaggio metapsicologico che cerca di cogliere l’essenza della creatività. Un romanzo sul mito dell’infanzia e sulla capacità che la letteratura offre a ognuno di noi di superare i propri limiti e le proprie inibizioni. E, soprattutto, è un romanzo sul perdono, come atto di accettazione e liberazione. Ma il perdono non può avvenire senza un reale confronto. E il confronto più importante è quello che avviene tra il nostro mondo interiore e la proiezione che di esso abbiamo nella realtà esterna.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Se chiudo gli occhi: Simona Sparaco racconta il suo ultimo romanzo
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