Una poesia che racconta il naufragio dell’empatia dei tempi in cui stiamo vivendo. Nella Giornata mondiale ONU del rifugiato vi proponiamo la lettura di Se fosse tuo figlio, una versione attuale e struggente di Shemà, la poesia di apertura di Se questo è un uomo di Primo Levi.
L’autore è Sergio Guttilla, un giovane poeta siciliano molto impegnato nel sociale. La poesia è stata raccolta e riportata integralmente in vari libri, tra i quali ricordiamo Se fosse tuo figlio di Nicolò Govoni, edito da Rizzoli nel 2019, il cui ricavato è stato donato per aprire una scuola in Turchia.
Link affiliato
La poesia di Guttilla narra un dramma quotidiano, l’olocausto del nostro presente, una strage che non possiamo ignorare. L’ultimo terribile naufragio di un barcone di migranti risale a pochi giorni fa al largo della Grecia. Un barcone con a bordo 750 persone, proveniente da Tobruk in Libia, è affondato nei pressi dell’isola di Pylos, a Sud del Peloponneso.
La tragedia nella tragedia è che molti di questi migranti erano già morti prima del naufragio, perché lasciati tre giorni in balia delle onde senza cibo né acqua sotto un sole implacabile, in condizioni definite dall’Unhcr come “disumane”.
La conta delle vittime non è ancora finita, per ora sono stati recuperati 79 corpi, ma si stima che la portata della strage sia molto più grave. Non si è potuto fare nulla per quanti si trovavano nella stiva che, secondo la guardia costiera, sono affondati con la nave. Agghiaccianti le testimonianze dei sopravvissuti, dicono che nella stiva si trovavano “centinaia di bambini”.
Di fronte all’orrore più indicibile viene lanciata l’ancora della poesia, che trova le parole per dire quello che non vorremo dire, e cerca di rispondere agli interrogativi più inquietanti.
E se fosse tuo figlio? chiede Sergio Guttilla richiamando l’umanità a uno sforzo di empatia. Il poeta si rivolge proprio a quest’umanità sempre più incattivita ed egoista, che ormai si para gli occhi per non vedere e vede in queste morti in mare un problema che non la riguarda.
Proprio perché questo problema c’è, esiste, la poesia dovrebbe raccontarlo, farsi strumento per narrarlo. Non possiamo fingerci ciechi e sordi, leggere Se questo è un uomo sui banchi di scuola e illuderci che si tratti di qualcosa che appartiene al passato, un orrore che abbiamo superato diventando uomini migliori, civili, evoluti. Nella Giornata Mondiale del Rifugiato leggere questa poesia ci ricorda che di progressi ne abbiamo fatti ancora pochi, che noi abbiamo solo il privilegio - per ora - di trovarci dalla parte giusta sulla terra, quella non devastata da guerre e disgrazie. Ma cosa accadrebbe, ecco cosa accadrebbe, se spalancassimo gli occhi e ci chiedessimo: se quei bambini morti fossero i nostri bambini? Forse ogni bambino, vivo o morto, è un figlio dell’umanità.
“Se fosse tuo figlio” la poesia di Sergio Guttilla
Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi
di qualsiasi bandiera.
Vorresti che tutte insieme
a milioni
facessero da ponte
per farlo passare.Premuroso,
non lo lasceresti mai da solo
faresti ombra
per non far bruciare i suoi occhi,
lo copriresti
per non farlo bagnare
dagli schizzi d’acqua salata.Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare,
uccideresti il pescatore che non presta la barca, urleresti per chiedere aiuto,
busseresti alle porte dei governi
per rivendicarne la vita.Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto,
odieresti il mondo, odieresti i porti
pieni di navi attraccate.Odieresti chi le tiene ferme e lontane
Da chi, nel frattempo
sostituisce le urla
Con acqua di mare.Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti
vorresti spaccargli la faccia,
annegarli tutti nello stesso mare.Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Puoi dormire tranquillo
E soprattutto sicuro.Non è tuo figlio.
È solo un figlio dell’umanità perduta,
dell’umanità sporca, che non fa rumore.Non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Dormi tranquillo, certamente
non è il tuo.
“Se fosse tuo figlio” di Sergio Guttilla: un commento
La poesia di Sergio Guttilla parla della cura e dell’amore con cui custodiamo, proteggiamo, alleviamo i bambini, credendo di poterli difendere da tutte le brutture del mondo. A questo sentimento di cura, radicato nel profondo di noi con una istintività quasi animale, si contrappone un modo terribile che vanifica ogni sforzo di proteggere, amare, promettere. Cosa accadrebbe se non potessimo garantire una vita felice a noi nostri bambini? Diventeremmo feroci, diventeremmo cattivi, saremmo pronti a urlare, picchiare, ribellarci. Ma questi sono gesti che noi per consuetudine associamo all’umanità “perduta”, all’umanità “sporca”, distante dal nostro modo di vivere. Il poeta ribalta i ruoli e infine sembra risvegliarci da un incubo: “Non è tuo figlio”.
Ma nel finale quest’affermazione, come nella poesia di Primo Levi, assume il tono di una maledizione velata. “I vostri nati torcano il viso da voi”, concludeva l’autore di Se questo un uomo. In modo analogo conclude Guttilla, con una rassicurazione che in verità non consola:
Dormi tranquillo, non è il tuo.
Parole che ci ricordano che siamo comunque coinvolti in questa strage e non possiamo dirci completamente assolti dalla colpa, anche solo in qualità di esseri appartenenti al genere umano. Viviamo in questi tempi di indifferenza, di naufragio dell’empatia, in tempi in cui accanto al continuo sfoggio di ricchezza, bellezza, felicità e perfezione imperitura, continuano ad accadere cose terribili.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Se fosse tuo figlio”: la straziante poesia sui bambini migranti morti in mare
I sommersi e i salvati.Ma se fosse mio figlio non lo farei partire...🌊🌊🌊🌊😔