Il tema dell’autunno è ricorrente nelle poesie di Pascoli, che proprio a questa stagione dedica la sezione finale della raccolta I Canti di Castelvecchio (1903) intitolata Diario d’autunno.
L’autunno tra le cinque stagioni è quella che meglio condensa e rappresenta il pensiero del poeta, poiché all’eterno ritorno della natura si oppone il presagio crepuscolare della morte. Il tutto viene narrato da Pascoli attraverso una marcata impronta simbolista che privilegia la figura retorica dell’analogia e dell’allegoria.
L’atmosfera di una serata autunnale è descritta perfettamente nella poesia Sera d’ottobre, in cui il paesaggio si accende di una dimensione simbolica. Giovanni Pascoli ci racconta una sinestesia di stati d’animo nel tramonto di un giorno autunnale.
Scopriamone testo, analisi e commento.
“Sera d’ottobre” di Giovanni Pascoli: testo
Lungo la strada vedi su la siepe
ridere a mazzi le vermiglie bacche:
nei campi arati tornano al presepe
tarde le vacche.Vien per la strada un povero che il lento
passo tra foglie stridule trascina:
nei campi intuona una fanciulla al vento:
Fiore di spina!…
“Sera d’ottobre” di Giovanni Pascoli: analisi e commento
L’autunno è la stagione di Pascoli e questa poesia ne è la dimostrazione. Dietro la pura descrizione paesaggistica possiamo avvertire il presagio di un’inquietudine latente, tipica delle liriche pascoliane che qui si accorda con l’atmosfera evocata dal poeta.
In sole due strofe Giovanni Pascoli riesce a dar corpo a un intero mondo che è esteriore e, al contempo, interiore.
In Sera d’ottobre viene descritta l’atmosfera di un tramonto autunnale, in cui accade ben poco apparentemente, eppure succede tutto. Il viale è disseminato di bacche vermiglie, le mucche tornano nelle stalle dopo aver pascolato libere nei campi e intanto un anziano si trascina con il suo passo lento lungo la strada, facendo scricchiolare le foglie morte lungo il selciato, mentre nei campi una ragazza intona un canto che si perde nel vento. La canzone cui si fa riferimento e di cui viene citato il titolo è Fiore di spina, che appartiene al repertorio popolare e narra di un innamorato che vorrebbe trasformarsi in topolino per conquistare la donna desiderata e poi trasformarsi appunto in “fiore di spina” per intrappolarne le vesti; è dunque un canto spensierato d’amore e desiderio.
Pascoli in questi versi rievoca la cristallina e oscura dimensione dell’esistenza, l’intero ciclo della vita dalla giovinezza alla vecchiaia. Ogni elemento della campagna evocato dal poeta diventa simbolo: le bacche di color rosso acceso disseminate lungo il viale rimandano alla vivacità, “le vermiglie bacche” si contrappongono incatenandosi alla rima delle “tarde vacche” che invece simboleggiano la stanchezza.
La medesima contrapposizione la troviamo espressa nella seconda strofa, in cui l’anziano che cammina lento si contrappone alla giovane che canta lieta in attesa del futuro.
In questo paesaggio autunnale, ritratto con la dovizia di dettagli di un pittore, Pascoli riesce a immortalare i sentimenti contrastanti che abitano la vita di ciascuno e spesso sono intonati tutti insieme, convergono come una sinfonia malinconica. Tutto sembra lentamente sfumare e dissolversi in questo tramonto autunnale d’ottobre, che si fa metafora della caducità della vita. Al suo quadro il poeta aggiunge, però, ciò che a un pittore per necessità sfugge: qualcosa che va oltre il puro paesaggio, il contrasto acceso dei colori, una sensazione che va oltre la pura dimensione esteriore. Leggendo questa poesia, Sera d’ottobre, non ci limitiamo a osservare un paesaggio autunnale, ma lo sentiamo dentro di noi, capiamo che ciascuna di quelle figure, l’anziano, la ragazza, le mucche al pascolo, sono rappresentazione del senso inquieto del vivere e ognuno di loro abita in noi come un allegoria in cui si riflette la gioia, la stanchezza, l’attesa, il desiderio, l’angoscia, in breve tutto ciò che ci rende vivi.
Le poesie di Giovanni Pascoli non si limitano mai a un paesaggio, contengono una forza chiarificatrice capace di spalancarci la visione di un universo interiore: e la stagione è senz’altro la stagione che meglio si presta a questa audace metafora.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Sera d’ottobre”: la poesia d’autunno di Giovanni Pascoli
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