Solo per giustizia
- Autore: Raffaele Cantone
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Mondadori
Negli stessi giorni in cui Roberto Saviano è stato minacciato dai clan camorristici denunciati nel suo ormai famoso "Gomorra", è uscito il libro del magistrato Raffaele Cantone, per otto anni pubblico ministero nella zona a più alta densità criminale d’Italia, e ora trasferito a Roma.
Nel momento in cui lasciava l’incarico, Cantone ha deciso di raccontare la sua vita umana e professionale, consegnandoci un documento che si legge come un romanzo, pieno di passione civile, di partecipazione emotiva, di grande speranza che il mondo terribile in cui è vissuto insieme alla sua famiglia e agli uomini coraggiosi della sua scorta, possa cambiare.
I nomi tristemente noti dei Casalesi, i processi più drammatici di questi anni sono ricostruiti dal magistrato con chiarezza e con grande voglia di far capire ad un pubblico non professionale cosa si nasconde dietro alla parola camorra. Le vittime della ferocia criminale, il percorso arduo e spesso tempestoso dei collaboratori di giustizia, le mele marce all’interno delle stesse forze dell’ordine, la solidarietà ma anche l’ostilità dei colleghi, tutto lo scenario che fa da sfondo alla più grande e pervasiva attività criminale del nostro paese ci viene spiegata passo passo dall’autore, che alterna ai racconti delle indagini e dei processi, le riflessioni personali sulla gravità dei fatti che coinvolgono, purtroppo, anche persone insospettabili, incensurati professionisti e imprenditori che non sono riusciti a rimanere fuori dai fatti criminosi per paura o per omertà. Questa, secondo Cantone, è la parte più difficile da estirpare, cioè la cultura dell’illegalità che si spande a macchia d’olio e non è più percepita come tale in molti ambienti che forniscono il brodo di coltura della criminalità. Il pizzo, l’intimidazione, l’incendio doloso, le minacce in codice, gli avvertimenti mafiosi costituiscono la cornice entro cui si muovono le forze dell’ordine e che magistrati onesti come Cantone combattono con onestà e determinazione da anni. Il successo che il libro sta avendo testimonia almeno l’interesse che finalmente il grande pubblico comincia a nutrire per la piaga peggiore che infesta il nostro paese.
Solo per giustizia: Vita di un magistrato contro la camorra (Piccola biblioteca oscar Vol. 651)
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Pubblicato nel 2008 dalla Mondadori, “Solo per giustizia” ripercorre la vita di un esimio magistrato quale Raffaele Cantone. Il professore ci fa ripercorrere un ventennio, con garbo e stile. Affronta temi scottanti con estrema delicatezza. Mesce i vari elementi con cura, sapendo dosare di ogni passo le giuste quantità. Il libro inizia nel giorno antecedente all’ addio, da parte del magistrato, alla DdA, con una serie di riflessioni e dubbi sulla scelta, ormai fatta, di trasferirsi dalla trincea alla scrivania dell’ Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione. Ripercorre la sua carriera di studente, affrontata con l’ unico obiettivo di fare l’ avvocato penalista.
“Per me il compito del penalista era quello: garantire lo stato di diritto, essere il necessario e rigoroso contrappeso alla funzione accusatoria.”
Dal suo sogno infranto, inizia una brillante carriera come sostituto procuratore presso il tribunale di Napoli, trattando casi di colpa professionale. Dal racconto del suo primo procedimento, ci si accorge subito del marasma in cui convivono l’ anima del magistrato e quella dell’ uomo:
“Eppure, da magistrato, mi chiedo come possa mai considerarsi degna di uno stato civile una giustizia che non ha ancora, nemmeno in primo grado, riconosciuto – o anche respinto – un’ istanza di risarcimento per un evento accaduto quindici anni prima.”
Con altrettanta umanità rassegnata, ricorda l’ agente della sua scorta, morto per una banale infezione operatoria, a seguito di un incidente accadutogli sul lavoro, alla cui moglie ancora non era stata riconosciuta la causa di servizio. Si intuisce un lamento nei confronti del Csm e delle varie fazioni di cui si compone, quasi un volerne essere estraneo, perché, chi tratta di giustizia non può permettersi il lusso di perdere tempo ed energie in beghe che non hanno nulla di serio come fondamento, ma che servono semplicemente a persone che intendono accrescere il proprio ego in misura esponenziale. Dai suoi toni sinceri, trapela la sua reticenza al fianco del procuratore Cordova, ma anche l’ estremo rispetto provato nei confronti di cotanta esperienza. Le sue parole:
“…fino a quel momento un minimo di convivenza civile era stato assicurato solo dalla camorra. Era inevitabile concludere che la battaglia contro le mafie non può essere soltanto un problema di repressione. I clan, se hanno prosperato, non ci sono riusciti solo perché capaci di imporre le loro regole con la violenza e l’ intimidazione. Hanno occupato spazi lasciati vuoti e svolto funzioni in qualche modo qualificabili anche di intermediazione sociale. Per vincere la battaglia, lo Stato ha il dovere di riappropriarsi a trecentossenta gradi del territorio che era stato occupato dai clan, territorio inteso non soltanto in senso fisico, ed è quindi indispensabile anche un forte impegno di tipo culturale.”
ci invitano a comprendere quanto sia doveroso occupare e gestire, in ogni circostanza, il ruolo che ricopriamo, specie quando si tratta di ruoli pubblici o politici, senza demandare ad altri e senza permettere delle commistioni semplicemente per alleggerire il nostro carico. E’ toccante il suo ricordo del sindacalista Federico Del Prete, impavido sostenitore della legalità, per la cui causa si è sacrificato. Queste pagine raccontano, anche, dei timori vissuti di fronte ai primi colloqui con i boss e i loro affiliati; delle amarezze provate, riscontrando che la piovra era riuscita ad inserire i suoi tentacoli anche tra noti professionisti, capaci imprenditori e insospettabili al servizio dello Stato; dell’ incredulità riguardo al rispetto riconosciuto allo Stato da parte dei boss. Soprattutto, emerge la responsabilità di dover affrontare una scelta per il senso del dovere nei riguardi di chi lui è tenuto a tutelare, prima di qualsiasi altra cosa: la sua famiglia. “Solo per giustizia” dà l’ idea di essere, più che una testimonianza, una lettera di dimissioni “ aperta”. Un giustificativo nei confronti di chi, dopo di lui, sarà disposto a sacrificare i suoi affetti e la sua vita personale, per perseguire il sogno della legalità.
“…è un immenso privilegio poter fare un lavoro in cui il piacere di svolgerlo è esso stesso lenimento della fatica.”
Raffaele Cantone, attualmente, è magistrato presso il Massimario della Cassazione, dopo essere stato sostituto procuratore a Napoli e dal 1999 al 2007 PM alla Direzione distrettuale antimafia, occupandosi, in prima linea delle vicende di Mondragone e Casal di Principe. Collabora con “Il Mattino” scrivendo articoli e curando il blog “La città delle regole”.
NB. Fa un certo effetto scoprire che nel covo di Michele Zagaria, arrestato a dicembre del 2011, ci fosse proprio questo libro.