“Passammo l’estate su una spiaggia solitaria”, questo l’incipit malinconico, quasi proustiano, di Summer on a Solitary Beach, un classico della canzone estiva firmato da Franco Battiato. Il brano fu lanciato in commercio per la prima volta nel settembre del 1981 e avrebbe fatto la storia della musica italiana, in seguito ripreso in coppia con Alice. Il duo Battiato-Alice che si sarebbe distinto con le atmosfere allucinatorie e sognanti del successo I treni di Tozeur (1984), brano che avrebbe poi calcato il palcoscenico del Gran Teatro del Lussemburgo in occasione dell’Eurovision Song Festival, guadagnandosi la quinta posizione ma salendo comunque in testa alle classifiche come brano più venduto. Summer on a Solitary Beach ne rappresenta la degna e ideale continuazione, trasportandoci su una spiaggia calda e desolata dove si infrangono le onde del mare, di cui possiamo avvertire il suono e il moto ondivago e ripetitivo.
L’estate cantata da Battiato si discostava dall’estate all’italiana, lanciata dai tormentoni ritmati quali Abbronzatissima o Tintarella di luna, che aveva sino ad allora dominato le classifiche della musica leggera.
Giocando unicamente su due tonalità di suono, Franco Battiato presentava agli ascoltatori l’estate come una fuga: non cantava il chiasso degli stabilimenti balneari, niente salvagenti e ombrelloni né Gioca Jouer, ma la contemplazione solitaria di una spiaggia deserta, il silenzio, l’immaginazione che lentamente prende il volo sulle ali di un gabbiano. Partiva con una tonalità bassa, dimessa, sino al travolgente ritornello con l’invocazione ripetuta al mare:
Mare mare mare voglio annegare.
Il mare nel canto di Battiato diventa l’Infinito, leopardianamente parlando, in cui annegare: è il naufragio salvifico dell’immaginazione. Viene ripresa l’accezione simbolica del “dolce naufragio”, la metafora per eccellenza dello smarrimento che salva e cura.
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Il mare, in Battiato come in Leopardi, rappresenta l’immensità della potenza contemplativa, ciò che è per definizione senza argini e senza confini, la profondità del pensiero che sarebbe stata evocata anche da Lucio Dalla in Com’è profondo il mare (1977).
Solo in mezzo al mare
Com’è profondo il mare.
Il cantautore ci presenta lo specchio marino come luogo di fuga dall’angoscia del reale, imitando il movimento delle onde - che vanno, vengono - trasforma la meta in un viaggio quasi psichedelico. La canzone, a due voci, seduce e inebria nella sua capacità di riprodurre il movimento marino: ascoltare Summer on a Solitary Beach è come fare una nuotata sino al largo, perdersi nel blu per dirla sempre con Dalla nella sua magnifica dissoluzione metafisica: “E poi fu solo in mezzo al blu”. Il blu è il colore spirituale per eccellenza, il colore che salva.
Da notare anche che il canto solitario di Battiato è stato in seguito sviluppato a due voci - al tono basso e vellutato del Maestro fa eco il potente timbro da contralto di Alice.
La solitudine Battiato sceglie di narrarla da una prospettiva estraniante, servendosi non della prima persona singolare ma della prima persona plurale: il “noi”.
Vediamo più nel dettaglio testo, analisi e significato di Summer On a Solitary Beach.
“Summer on a Solitary Beach” di Franco Battiato: testo
Passammo l’estate su una spiaggia solitaria
E ci arrivava l’eco di un cinema all’aperto
E sulla sabbia un caldo tropicale dal mare
E nel pomeriggio quando il sole ci nutriva
Di tanto in tanto un grido copriva le distanze
E l’aria delle cose diventava irreale
Mare mare mare voglio annegare
Portami lontano a naufragare
Via via via da queste sponde
Portami lontano sulle ondeA wonderful summer on a solitary beach
Against the sea, Le Grand Hotel Sea-Gull Magique
Mentre lontano un minatore bruno tornava
Mare mare mare voglio annegare
Portami lontano a naufragare
Via via via da queste sponde
Portami lontano sulle onde.
“Summer On a Solitary Beach” di Franco Battiato: la canzone
“Summer on a Solitary Beach” di Franco Battiato: analisi e significato
Battiato in questo brano è magistrale nel creare un’atmosfera sospesa, in bilico tra realtà e sogno: sta descrivendo una spiaggia solitaria in una giornata estiva, eppure ci trasporta altrove, in un non luogo che è soprattutto luogo della mente e del ricordo.
E l’aria delle cose diventava irreale.
Questo è il verso che, significativamente, precede il ritornello “Mare mare mare” che sembra trasportarci altrove, nella realtà del sogno con un ritmo sincopato che sembra cullarci e conciliare l’abbandono all’inganno del sonno. L’aria irreale delle cose, che sembra sbiadire i contorni e favorire l’allucinazione, è un rapimento del vento simile a quello evocato da Azzurro (1968) di Adriano Celentano. Anche in quel caso l’incipit era malinconico ed evocava una stregoneria della memoria: “Cerco l’estate tutto l’anno e all’improvviso eccola qua”, anche in Azzurro trovavamo l’accostamento estate-solitudine: le strade delle città erano svuotate dall’esodo di agosto, l’autore si sentiva come prigioniero di un sogno. Lo stesso sogno evocato da Battiato nella sua immaginifica Summer on a Solitary Beach (il titolo stesso è un sussurro) che sembra più un prodotto dell’immaginazione che della realtà.
La matrice della canzone di Battiato è proustiana: l’estate che sta evocando è un sortilegio della memoria e anche un’esperienza trasformativa, una ricerca del tempo perduto. Dal tempo perduto al tempo ritrovato.
Nel finale viene evocato, come in un’allucinazione, Le Grand Hotel Sea-Gull Magique - la combinazione linguistica tra italiano e inglese amplifica il senso di estraniamento - e il rimando alla magia - sino a quel momento taciuto - appare evidente. Il contrasto è dato dalla figura del minatore bruno, che richiama il mondo del lavoro, degli obblighi, della fatica. C’è una nota magica nella Solitary Beach di Battiato che vuole permetterci di scoprire la vacanza come esperienza di fuga della realtà, come fame di sogno e di lontananza dalle angherie del Reale troppo reale che soffoca le nostre vite. La vera vacanza è data dall’assenza della presenza umana, si badi bene, l’unica figura che fa capolino nel quadro - il minatore nominato negli ultimi versi - sembra infrangere lo specchio acquatico del sogno.
Il ritornello ipnotico “Mare mare mare” è una supplica, ma anche una sorta di “abracadabra”: tutte le formule magiche devono essere ripetute tre volte per avverarsi. Una volta sola non basta.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Summer on a Solitary Beach”: analisi e significato della canzone di Franco Battiato
Grazie della segnalazione, la ringrazio anche per aver compreso che l’imprecisione era dovuta a ragioni anagrafiche. Ho corretto le imprecisioni, la prossima volta mi documenterò meglio. Buona giornata