Syd Barrett. Un pensiero irregolare
- Autore: Rob Chapman
- Genere: Musica
- Anno di pubblicazione: 2012
Ecco l’idea che mi sono fatto: con ogni probabilità senza Syd Barrett i Pink Floyd si sarebbero chiamati in altro modo (a un’intuizione del giovane Barrett si fa risalire la genesi del nome), ma sarebbero diventati lo stesso quello che sono diventati. La corposa biografia che Rob Chapman dedica a sua Rockstar genio & sregolatezza (“Syd Barrett. Un pensiero irregolare, Stampa Alternativa 2012, traduzione di Giampaolo Chiriacò) lo afferma tra le righe: i Pink Floyd dei tempi di Barrett erano altra cosa, talentosi, sperimentali, innovativi, ma ancora molto lontani dalla leggenda. Poi c’è anche il fatto che la meteora di Syd si è consumata alquanto in fretta, quattro anni appena (dal 1965 al 1969), in cui (gli) è successo di tutto e troppo in fretta - la fondazione dei Floyd, la separazione choc, il cambio di rotta e di stile, il lampo di una carriera solista (due dischi), in mezzo a amori, pittura, misantropie varie, fumi di alcol, altri lisergici-: le tappe preparatorie a una rinuncia alle scene che era scritta nelle stelle, premessa ai “crolli” psicologici che hanno contrassegnato (plausibilmente ab origine) vita, morte & miracoli di Barrett.
Premetto che non mi piacciono le biografie - soprattutto quelle d’artista - e i pedinamenti pedissequi - dalla culla alla bara - mi annoiano, per lo più. Credo che le vite fiammeggianti possano/debbano essere inquadrate piuttosto attraverso le opere che sono state in grado di produrre, il resto è fuffa, un gran girare attorno a questioni poco essenziali. Ho retto a questa “muscolare” esegesi barrettiana (oltre 350 pagine, molto fitte) per un paio di (buone) ragioni: la prima riguarda la fluidità della prosa; la seconda sta nel fatto che nutro una fiducia cieca nel taglio saggistico anglosassone, anni luce più accattivante, puntuale, meno autoreferenziale di quello “de noantri”.
Questo tomo lascia da parte ogni impronta intellettualistica, pettegola, voyeuristica, partigiana, ripercorrendo da presso (anche in virtù di un’impressionante raccolta di testimonianze di prima mano) la complessa parabola di un Jim Morrison in minore, artista visionario, geniale e smodato - più per esigenza esistenziale che per posa -, conscio di sé seppure schizofrenico, spiazzante, innovativo, affascinato dalle “porte della percezione” quanto da una weltanschauung di vago sentore beat. Sostenuto da un immane lavoro di indagine (oltre trent’anni), Chapman ricompone i tasselli pubblici e privati della fulgida ontologia barrettiana, passando - anche - dalla sua filosofia pop, segnata giocoforza da letteratura divergente e cultura psichedelica. Ne scaturisce un volume redatto con perizia e scritto con passione, che non deluderà finanche i più esigenti appassionati di storie rock. In attesa che anche alle nostre latitudini si impari a scrivere di musica in modo più diretto, lasciando a casa elucubrazioni e/o (sterili) entusiasmi da fan.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Syd Barrett. Un pensiero irregolare
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