Tenco a tempo di tango di Carlo Lucarelli

Ogni tanto rileggo. Fa bene, credo, soprattutto d’estate. Mi re-imbatto in “Tenco a tempo di tango” (Fandango, 2007): bel titolo innanzi tutto, che spiega bene. Carlo Lucarelli conosce il fatto suo, non si discute, e così la sua scrittura. Ti aspetteresti un noir, un enigma, un mistero, invece il racconto da cui è tratto l’omonimo spettacolo teatrale (regia di Gigi dell’Aglio) è un viaggio iniziatico. Luigi Tenco è solo evocato, di sfondo. I perché e i percome del suo viaggio argentino - di poco antecedente il suicidio - alla portata esclusiva di chi ha voglia e orecchie per intendere. Il vero mistery, semmai, risiede nell’anima. Quella della Locanda “El Viejo Almacan”. Quella di Angela, donna di cuori ennesima che Tenco conobbe (amò?) realmente. La donna che lo ha capito fino in fondo e, per questo, forse, dice e non dice, mantenendo un segreto. Al suo fascino soggiace il vicebrigadiere della Questura di Sanremo, spedito in Sudamerica per cercare di capire (scoprire) qualcosa. Ma in realtà non c’è niente da capire (scoprire). Luigi Tenco si è ucciso perché diverso. Perché non compreso, per una canzone. Per mille altri motivi. Le ragioni della sua morte non vanno comunque cercate in Argentina (dove peraltro era idolatrato dal pubblico).

Scrittura fitta, con qualche concessione all’ironia, che non guasta e un colpo di scena, in coda al racconto, di tipo esistenziale. Il cd con le canzoni dello spettacolo costituiscono valore aggiunto all’operazione editoriale: musiche di Tenco virate tango (arrangia Alessandro Nidi, interpreta da Mascia Foschi), confezione ulteriore (dopo quella jazz) che si adatta benissimo ai climi tematici del cantautore. Onore al merito all’editrice Fandango.