The fall
- Autore: Janet Macur
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
Il doping dà, il doping toglie: ascesa e caduta di Lance Armstrong
Non si può vincere il Tour solo con l’acqua minerale, ma il mondo del ciclismo, la stampa, i tifosi sembrano voler ignorare quanto di indiscutibile ci sia in quello che un campione come Jaques Anquetil affermava nei primi anni Sessanta. Non si può vincere la più massacrante corsa a tappe solo con una dieta iperproteica, tanto allenamento e quattro barrette di maltodestrine. Tanto meno sette volte di seguito, come ha fatto Lance Armstrong, dal 1999 e dopo aver affrontato la chemioterapia per un cancro ai testicoli, con metastasi ai polmoni, nel 1996.
Il doping dà, il doping toglie sembra dire Juliet Macur, autrice di un’accurata ricostruzione della carriera sportiva e mediatica del campione diventato leggenda, con l’aiuto di una truffa farmacologica. “The fall. La caduta” è uscito in Italia nel 2014 da Sperling & Kupfer (358 pagine 18 euro): malattia e rinascita, ascesa sportiva e tracollo dopo la conferma della totale dedizione del ciclista texano ai farmaci dopanti che hanno favorito le portentose prestazioni sue e dei compagni delle squadre che lo assistevano nei sette giri di Francia stravinti.
È stato duro per gli americani riconoscere che il loro atleta più famoso ha mentito quando negava di avere fatto ricorso a pratiche proibite. Infatti, le ha sperimentate tutte: autoemotrasfusioni, testosterone, ormone della crescita, eritropoietina, cortisone, steroidi. La camera d’albergo era una farmacia, dovendo adottare anche tecniche per coprire le tracce del doping: iniettarsi soluzioni saline per diluire il sangue, assumere aspirina o altre sostanze per renderlo meno viscoso ed evitare l’infarto. Aveva messo a punto un autentico doping team.
Nel 1999, quello che avrebbe dovuto essere il Tour della rinascita dopo lo scandalo Festina dell’edizione precedente, vide alla partenza l’US Postal Service, capitanata da Armstrong e assistita da un medico sociale arrivato dall’Once, una formazione spagnola tra le più chimicamente spregiudicate. Nonostante l’introduzione di nuovi controlli – infatti le provette col sangue di Lance pieno di corticosteroidi erano già in viaggio verso il laboratorio di Parigi – viene pianificato un costoso di doping di squadra, senza precedenti. Cosa non si faceva per aiutare l’eroe americano che aveva battuto il cancro a vincere anche il Tour! Infatti, l’uso di fialette anonime diventa spasmodico tra i ciclisti in maglia blu a inserti rossi. E sono in tanti a sapere di un programma farmacologico compulsivo: i prodotti proibiti vengono forniti dal team e sono una prassi ordinaria. Tanto lo fanno tutti!, ma non così diffusamente.
Il cortisone è rilevato nel corpo di Lance, ma il sistema non può reggere un nuovo scandalo, tanto più col coinvolgimento diretto della maglia gialla. Sarebbe la fine della Grand Boucle. Un patto di ferro di comune convenienza è già nei fatti: il campione americano farà la fortuna del Tour, attirando contratti, sponsor, grandi artisti e attenzioni dallo sconfinato mercato USA. Lui, però, il semidio senza macchia del pedale, non esita a discriminare i ciclisti che non ci stanno. Il primo è un francese, che ha avanzano sospetti in una rubrica giornalistica. Lance lo minaccia in corsa: Vattene. Gli altri del gruppo lo isolano. Bassons si ritira. Poi toccherà al nostro Simeoni, colpevole di aver denunciato il dott. Ferrari, medico di fiducia di Armstrong.
E se la stampa transalpina qualche cosa azzarda, viene surclassata da quella americana, stretta attorno al campione che ha sconfitto il male del secolo e sta vincendo una grande corsa finalmente “pulita”, alla faccia degli invidiosi francesi.
Certo, la malattia ha accelerato l’ascesa nel Pantheon dei campioni dello sport americano, ma spicca l’assoluta mancanza di scrupoli di un uomo egocentrico. Sotto l’aspetto del marketing, il carcinoma è stato la cosa migliore che potesse capitargli, ormai non era più un uomo, era diventato un’azienda. Come rivela chi lo ha conosciuto, trattava le persone come una banana: sfruttava quello che gli serviva e poi gettava la buccia sul marciapiede.
L’etica distorta, l’egoismo, il cinismo hanno fatto il resto: non c’era frode, a suo avviso, tutti si dopano. Ma da qui a minacciare, isolare, corrompere, comminare la morte sportiva e civile di chi lo ostacolava, ce ne passa.
Dopo aver perso la faccia e i titoli ora rischia il default economico: dovrà pagare 135milioni di dollari se perderà le cause che lo vedono imputato.
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