Il modo di dire “Trovarsi tra Scilla e Cariddi” si può trovare nel linguaggio parlato, soprattutto in chi ha una certa maturità, oppure in alcuni film degli anni Settanta. L’espressione è un po’ estranea ai giovanissimi, che però possono utilizzarla in contesti formali per esprimere una situazione di stallo molto difficile da superare. Oggi vediamo nei dettagli cosa vuol dire questa espressione e come usarla nel modo corretto, con un riferimento pratico anche alle origini del mito.
Cosa vuol dire “Trovarsi tra Scilla e Cariddi”
L’espressione “Trovarsi tra Scilla e Cariddi” indica uno stato di immobilità di una persona di fronte a due eventi che possono causare dei danni irreparabili.
Trovarsi tra Scilla e Cariddi vuol dire non solo trovarsi di fronte a due difficoltà, ma a ostacoli che possono costare caro per la vita, per il futuro o per l’argomento di cui si sta parlando.
Perché si dice "Trovarsi tra Scilla e Cariddi"?
L’origine di questo modo di dire è letterario. Il modo di dire fa riferimento a un episodio dell’Odissea, quando Ulisse si perde nel suo viaggio verso Itaca, che non può raggiungere se non dopo immense fatiche per l’ira di Poseidone. Oltre alla maga Circe che trasforma i compagni di Ulisse in maiali, Polifemo che viene accecato da Nessuno e il canto ammaliatore delle Sirene, Ulisse deve affrontare anche due mostri che impediscono la navigazione.
Scilla è un mostro ed è figlia di due divinità minori del mare, Forco e Ceto. Nella versione dell’Odissea, però, la madre di Scilla era Crateide, una ninfa. Nella mitologia greca sono indicati come genitori anche Tifone ed Echidna, o Zeus e Lamia (figlia a sua volta di Poseidone). Secondo le leggende, Scilla era stata trasformata in mostro dallo stesso Poseidone su richiesta della moglie Anfitrite, naiade (cioè ninfa), come lei, ma invidiosa della sua bellezza.
Nella mitologia Scilla si presenta come una donna con dei cani feroci al posto delle gambe, rappresentando un pericolo per chi si avvicina alla caverna dove si trova.
Cariddi è un secondo mostro, trasformato sempre dalla sua forma originale di naiade. Punita da Zeus per aver rubato i buoi di Ercole, Cariddi diventa un mostro che risucchia l’acqua del mare con una bocca gigante spalancata e i denti aguzzi per distruggere le navi, mangiando così i navigatori all’interno.
Per superare l’ostacolo, Ulisse si mantiene il più possibile lontano da Cariddi e cerca di non farsi risucchiare dal vortice generato dal mostro che sta divorando letteralmente l’acqua. Per superare Scilla, invece, Ulisse chiede aiuto alla madre di lei, Crateide, raggiungendo così incolume la prossima tappa. Purtroppo non si può dire di sei suoi compagni, che vennero mangiati da Scilla dopo una distrazione dovuta a un attacco di Cariddi.
Scilla e Cariddi nell’Odissea e nell’Eneide
Scilla compare nel dodicesimo libro dell’Odissea, al verso 112, quando Ulisse chiede indicazioni su come affrontare questa parte del viaggio:
“Dimmi ora sinceramente, o Dea:
se sfuggissi alla terribile Cariddi, potrei difendermi
da Scilla se volesse fare del male ai miei compagni? –.
Così dissi; e subito lei mi rispose, divina tra le Dee:
– Sciagurato! Tu pensi sempre alle battaglie e alla lotta:
non cederai neppure di fronte agli Dei immortali?
Lei non è mortale: è un essere malefico,
terribile, minaccioso, selvaggio e invincibile;
contro di lei non c’è scampo: la cosa migliore è fuggire lontano da lei.
Se tu perdessi tempo ad armarti accanto allo scoglio,
ho paura che lei si scaglierebbe di nuovo
con tutte le sue teste portandosi via altrettanti compagni.
È molto meglio fuggire e chiedere aiuto a Cratais,
la madre di Scilla, che la generò per la rovina dei mortali:
lei potrà evitare che si scagli di nuovo contro di te".
Cariddi, invece, si trova nel verso 101 dello stesso libro dell’Odissea.
“Vicino vedrai un altro scoglio, Odisseo, ma più in basso
e vicino al primo (alla distanza di un tiro di freccia):
là c’è un grande fico selvatico, ricco di foglie;
sotto, la divina Cariddi ingoia l’acqua scura:
tre volte al giorno rigurgita l’acqua, tre volte l’inghiotte
in modo spaventoso. Non trovarti là quando inghiotte!
Neppure lo Scuotitore della terra potrebbe salvarti dalla morte.
Tu dovrai accostare allo scoglio di Scilla e portare
subito la nave lontano: è molto meglio perdere
sei compagni che piangerli tutti! –.”
Ulisse non è l’unico che ha affrontato questo pericolo, superato anche nel mito del vello d’oro e degli Argonauti grazie alla guida della madre di Achille, Teti.
Anche Virgilio nomina Scilla e Cariddi nel terzo canto dell’Eneide:
«Nel destro lato è Scilla; nel sinistro / È l’ingorda Cariddi. Una vorago / D’un gran baratro è questa, che tre volte / I vasti flutti rigirando assorbe, / E tre volte a vicenda li ributta / Con immenso bollor fino a le stelle.»
“Trovarsi tra Scilla e Cariddi”: i contesti d’uso
Il modo di dire "Trovarsi tra Scilla e Cariddi" si può usare nel linguaggio aziendale per indicare che due investimenti possono portare alla bancarotta, suggerendo di fermarsi dall’investire di conseguenza. Può capitare anche a uno studente che non vuole ritrovarsi ad affrontare due interrogazioni o due esami molto difficili, che possono pregiudicare la carriera scolastica. Trovarsi tra Scilla e Cariddi è frequente anche in campo sportivo, quando si devono affrontare allenamenti molto pesanti con il rischio di farsi male.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Trovarsi tra Scilla e Cariddi”: significato e perché si dice così
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