Un altro futuro
- Autore: Luigi Milani
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Roma ridotta in macerie da un asteroide. Un albero da “assassinare” che non ne vuol sapere di morire. La terra, gli uomini e le donne inghiottiti la notte del 21 dicembre 2012 da un buco nero scatenato da un esperimento del CERN. E poi mari in fiamme, umanità robotica e storia ucronica nei racconti di Luigi Milani, raccolti nell’antologia “Un altro futuro”, per le Edizioni Scudo (febbraio 2016, pp. 122, euro 10,50 euro).
Short stories, vicende brevi, alcune brevissime. Narrativa istantanea, ma ogni racconto ha un senso compiuto. Milani è capace di sviluppare rapidamente contesti anche complessi, renderli accessibili e giungere alla conclusione, che non lascia scenari aperti. Hanno tutti un finale, sono autonomi, anche quel paio che trovano una specie di sequel in un testo successivo.
Si parla di futuro, è chiaro, in chiave di caratterizzazione fantascientifica, in buona parte catastrofista, talvolta elegantemente evocativa di mondi robotici asimoviani.
Luigi Milani è romano. Tra i soci fondatori di Edizioni XII, cura la collana eTales per Graphe.it Edizioni e ha collaborato con Kipple Officina Libraria. Ha pubblicato racconti e romanzi per vari editori e su diverse riviste letterarie. Nato nel 1963, ha attraversato l’epoca dei fumetti prima di quella dei videogiochi. L’era dei romanzi d’azione e dei classici per ragazzi prima degli ebook di narrativa fantasy. Quella dei grandi sceneggiati televisivi prima delle fiction. Del cinemascope prima dei dvd sul maxischermo casalingo a cristalli liquidi.
I suoi racconti risentono delle buone letture dei classici della SF, citazioni di Isac Asimov e non solo, sentori di grandi film, melodrammi, tragedie. Ci sono “A.I.” e “L’angelo azzurro”, situazioni da “Il pianeta delle scimmie”, “I sopravvissuti” e tanto “Houdinì”, personaggio di culto per Milani. La distesa di lecci che assedia la villa, alla fine del secondo racconto (“Troppe foglie”), facendo tremare il suolo, fa venire alla mente il finale drammatico del “Macbeth”, con la foresta di Birnam che sembra marciare contro l’usurpatore scozzese.
A parte le due storie ucroniche finali, in cui gli eventi della storia hanno seguito un percorso diverso da quello reale (in una il Nazismo non è mai stato sconfitto), c’è un denominatore comune nella fantascienza di uno scrittore finora di thriller – mai scontati, comunque – ed è quel senso di malinconia, di pessimismo, anche se non di resa, per una presenza umana a termine in questo pianeta, destinata com’è all’estinzione. Un che di angoscioso, una consapevolezza triste che il mondo è avviato verso l’auto o l’etero distruzione, pressoché inevitabile.
Le cause possono variare. Accade a causa dell’impatto di un corpo celeste o per un cataclisma naturale. Oppure può essere conseguenza dell’aggressività dell’uomo contro l’uomo, dell’indifferenza criminale nei confronti dell’ambiente o dei conflitti tra gli Stati, provocati dai motivi di sempre: contrasti politici, economici, religiosi. Ma il risultato, nelle storie di “Un altro futuro” di Luigi Milani, è la “fine” della vita sulla Terra per lo sconsiderato comportamento dei suoi abitanti: l’umanità è cancellata o si trasforma in qualcos’altro. Gli indizi sono tanti: il dormiente che viene risvegliato dopo mille anni di ibernazione e trova la specie umana sostituita da ologrammi antropomorfi o la Basilica di San Pietro trasformata in lazzaretto, come nella Milano manzoniana appestata. Perfino l’innocente realtà virtuale creata dai nostri videogame potrebbe generare veri disastri.
Certo, si potrebbe sempre interrompere la caduta a precipizio, invertendo la tendenza e agendo sulle cause, sui difetti congeniti della società umana, che ci stanno portando al disastro.
Per un altro verso, ci si potrebbe svegliare, proprio nel senso letterale di destarsi dal sonno o dai sogni in cui si era immersi, come succede a qualche protagonista di questi racconti. E scoprire che si è trattato di un incubo.
Milani e tutti noi vorremmo sperare in un futuro meno infausto, ma dovremmo comunque darci una svegliata e darla a tutti, altrimenti i nostri discendenti risponderanno: “mi prendi in giro?” a chi racconterà favole come questa:
“una volta la maggior parte della terra non era coperta dalle acque e le varietà animali e vegetali erano molto numerose”
come accade nel racconto “L’ultimo volo”.
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